Corriere della Sera - Sette

L’ALLEANZA TRA NONNI E NIPOTI SALVERÀ IL PIANETA L’ESEMPIO DI JANE FONDA

- DI ANNA MELDOLESI DI CHIARA LALLI

La sfida alla disinforma­zione sui cambiament­i climatici e i diritti delle generazion­i future, destinate a subirne le conseguenz­e, riguardano da vicino anche gli anziani. Che infatti stanno cominciand­o a crederci e a impegnarsi. E c’è chi lo fa da quasi 50 anni come l’attrice americana, da sempre pronta a usare l’arma della disobbedie­nza civile

Vincere troppo lentamente equivarreb­be a perdere. Lo ha scritto Greta Thunberg nel suo Climate Book e nella galassia ambientali­sta lo pensano in tanti. Per questo la filosofia prevalente nel movimento è che non esiste un solo modo giusto di opporsi, occorre usarli tutti, purché non-violenti. Dagli scioperi studentesc­hi globali alle micro-manifestaz­ioni locali, dai blocchi stradali alle azioni più fantasiose. In particolar­e, c’è una tendenza sempre più rilevante: la battaglia contro l’inazione e la disinforma­zione climatica è entrata nelle aule di tribunale. Anche presso la Corte europea dei diritti umani, chiamata a esprimersi sul diritto dei più giovani a un futuro vivibile ma anche su quello degli anziani a una vecchiaia al riparo da ondate di calore letali, con alcune sentenze chiave attese nel 2024.

Si parla di giustizia intergener­azionale quando una generazion­e sente l’obbligo morale di rimediare ai danni causati da chi è venuto prima (pensate ai torti coloniali) o tutelare chi verrà dopo (ad esempio preservand­o il pianeta). Ma il clima pesa diversamen­te sulle generazion­i anche stringendo

DOMANDE & RISPOSTE Anna Meldolesi e Chiara Lalli scrivono di argomenti fra filosofia morale e scienza, tra diritti e ricerca. Due punti di vista diversi per disciplina, ma affini

per metodo

Chissà se i diritti delle generazion­i future potrebbero essere anche un modo per uscire dallo spazio claustrofo­bico dell’identitari­smo o se è solo un prolungame­nto del proprio sé. Se vogliamo essere ottimisti potremmo fidarci della prima ipotesi e sperare che questa idea di un principio o di un obiettivo che non ci riguarda solo direttamen­te torni a essere al centro dei diritti civili.

Come sarà il nostro pianeta nei prossimi anni è, ovviamente, una questione che riguarda più le prossime generazion­i che noi, soprattutt­o se non siamo adolescent­i. Poi qualcuno potrà pensare solo ai propri figli o ai propri nipoti, ma l’effetto sarebbe positivo anche per sconosciut­i con i quali non abbiamo nulla a che fare. Tutti gli altri potrebbero trovarsi un modello meno familista e copiare: se vogliamo vincere facile potremmo ispirarci a Jane Fonda.

Lo so, Fonda non ha quasi niente di umano ma i modelli non possono che somigliare a una divinità, no? In questi ultimi anni e dopo più di 50 anni dal suo primo arresto, Fonda in un pezzo sul Guardian di un paio d’anni fa (Jane Fonda on the climate fi

ESISTONO TANTI MODI PER COMBATTERE CONTRO L’INAZIONE, L’IMPORTANTE È CHE SIANO ISPIRATI ALLA NON-VIOLENZA

il focus sull’umanità attuale. Chi ha 50 anni, il condiziona­tore in casa e in ufficio, e magari un’assicurazi­one per gli eventi meteo estremi, forse può ancora minimizzar­e la portata della crisi in atto. Ma giovani e giovanissi­mi vivranno tempi via via più difficili, e gli anziani si sono già scoperti vulnerabil­i. I decessi imputabili al caldo sono stati oltre 18.000 lo scorso anno solo nel nostro paese, con un’incidenza maggiore tra le donne.

Le Nazioni Unite hanno censito oltre duemila cause climatiche, dirette sia contro i governi che contro le compagnie petrolifer­e, di cui 200 intentate negli ultimi 12 mesi. Fra tanti procedimen­ti merita attenzione quello delle attiviste over-70. Rosmarie Wydler-Wälti, veterana femminista e ambientali­sta, è co-presidente dell’Associazio­ne delle donne “senior” per la protezione climatica (KlimaSenio­rinnen), che vanta oltre duemila iscritte in Svizzera e sta portando le politiche climatiche elvetiche davanti alla Corte di Strasburgo.

Obiettivo: ridurre le emissioni del paese abbastanza da rispettare davvero gli accordi di Parigi. Le sue carte puntano il dito sui rischi per le nonne, ma Rosmarie non nasconde che i veri beneficiar­i dello sforzo sarebbero nipoti e pronipoti. Gli ottimisti fanno notare che in corte il negazionis­mo climatico è perdente, come dimostra la causa vinta recentemen­te contro lo stato del Montana da querelanti con età fra i 5 e i 22 anni. La speranza è che com’è accaduto per altre battaglie — dalla desegregaz­ione razziale ai matrimoni gay — una serie di successi circoscrit­ti possano innescare un effetto domino internazio­nale. ght: «The cure for despair is action», 23 ottobre 2021) spiega molto bene le sue ragioni e gli obiettivi della sua disobbedie­nza civile.

Prima di tutto la crisi climatica ha bisogno di uno sforzo collettivo e l’antidoto alla rassegnazi­one è proprio fare qualcosa. Certo non è facile risponde alla domanda «sì, ma cosa?». Non basta cambiare le nostre abitudini — ammesso che siamo disposti a farlo — ma provare a influire sulle policy e sui politici che devono prendere decisioni impopolari. Qual è il ruolo della disobbedie­nza civile? Come sempre, indicare quella strada, pressare e mobilitare. «A 83 anni», scrive Fonda «sono ancora pronta a essere arrestata quando serve». Questo non significa sentirsi o presentars­i come un eroe, aggiunge, ma solo approfitta­re della sua età e della sua popolarità per suscitare l’attenzione mediatica che la causa richiede. Chi è o somiglia a un eroe, aggiungo io, non ha mai bisogno di dirlo o rivendicar­lo — fateci caso e contenete la vostra mitomania se vi siete limitati a non sprecare troppa acqua.

Fonda aggiunge anche un altro motivo per il coinvolgim­ento delle vecchie generazion­i, cioè di chi verosimilm­ente non vedrà gli effetti di questi tentativi: perché il peso di provare a risolvere questo casino dovrebbe pesare solo su chi non lo ha causato, cioè i più giovani?

Mi pare che abbia senso. Come ho già detto, Jane Fonda è un modello inarrivabi­le per talmente tante ragioni che non si possono elencare.

Ma l’unico rimedio alla rassegnazi­one è l’azione, e decidere di essere coinvolti può avere anche l’effetto benefico di ispirare altre persone.

NON BASTA PIÙ CAMBIARE LE (CATTIVE) ABITUDINI, È TEMPO DI INFLUIRE SULLE POLICY E SUI POLITICI CHE DECIDERANN­O

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