«COME RENDERE IL SESSO PIÙ “UMANO”? PARLANDONE»
on si deve parlare di porno, se non si vuole. Ma quando ho cominciato a farlo ho scoperto che tutti, me compresa, si sentono sollevati nel poterlo fare. Come se non aspettassimo altro che uno sbocco». Lo sbocco, per la scrittrice inglese Polly Barton, si è concretizzato nel saggio Porno. Una storia orale (La Tartaruga) in cui riporta 19 conversazioni informali avvenute con altrettanti amici e conoscenti intorno a questo tema. Intorno al, ma non solo sul. Perché nei dialoghi riportati dalla 39enne (che è anche traduttrice dal giapponese e che sull’argomento ha scritto il suo primo saggio Fifty sounds, premiato nel 2019 con il Fitzcarraldo dedicato a scrittori britannici ed irlandesi) emerge molto, moltissimo altro: dall’etica alle dinamiche relazionali passando per il femminismo. D’altronde lo ammette lei stessa: «Quando ho iniziato a lavorare a questo progetto sono saltati fuori numerosi aspetti che non avevo veramente considerato. Sono arrivata a pensare che in realtà il porno come argomento si scontra con quasi tutte le questioni chiave della società contemporanea».
Tra i tanti temi c’è anche quello del porno nella coppia: spesso lo si guarda da soli e non lo si ammette neanche con il partner. Magari è una cosa positiva, un modo per ottenere una sfera di libertà personale senza arrivare ad aprire la coppia o al tradimento.
«Penso sia fondamentale che le persone abbiano i propri mondi privati all’interno di una relazione. Ma penso anche che ci sia una grande differenza tra il non condividere tutti i dettagli della propria sfera più intima e il sentire di non poter nemmeno menzionarla, o addirittura preoccuparsi di come potrebbe essere quella del partner. Il primo caso deriva da un desiderio positivo di libertà, gli altri sono basati sulla paura del collasso della relazione o che qualcosa in essa cambi irrevocabilmente». Potrebbe centrare il fatto che molte cose che non accettiamo nella realtà,
NPolly Barton grazie a 19 conversazioni ha analizzato il significato della pornografia: «La tecnologia non ci farà mai tornare indietro, però i contenuti dei prodotti “a luci rosse” dicono molto sulla qualità delle nostre relazioni»
per esempio la perfezione nell’ambito estetico o certe pratiche degradanti, poi nel porno ci eccitano. Questo vale soprattutto per le donne: da femminista come spiega questa ambivalenza?
«Viviamo in una società patriarcale piena di misoginia e violenza nei confronti delle donne, quindi in un certo senso non dovrebbe sorprendere che tanto porno mainstream sia fatto così. Non penso abbia senso incolpare le persone se si sentono eccitate quando il porno riproduce queste dinamiche, ma allo stesso tempo spero che diventando più consapevoli potremo muoverci verso un atteggiamento critico e così, forse, disinnescare le dinamiche che ci fanno preferire un certo tipo di porno rispetto a un altro».
A livello globale la categoria in maggiore crescita nelle ricerche di PornHub quest’anno è quella dei reality, che riproducono dinamiche e situazioni che, in teoria, potrebbero accadere nella vita di tutti i giorni.
È un modo per “uscire” dal porno tradizionale, quello convenzionale e distaccato, e ritornare nella realtà?
«La crescita di OnlyFans e quella del porno amatoriale sono esempi di come il porno si stia man mano allontanando dal predominio delle grandi società di produzione per arrivare nelle mani dei singoli creatori di contenuti, che magari hanno una sensibilità diversa verso la realtà quotidiana, l’intimità e la connessione. Che si tratti di un primo passo nel viaggio di ritorno alla realtà “reale” o di uno spostamento verso una fantasia che assomiglia di più alla realtà ma sempre fantasia resta
è discutibile. Abbiamo bisogno di fantasia, è un aspetto importante della vita».
È possibile che, in futuro, l’interesse per il porno diminuisca?
«Siamo nel periodo d’oro del porno ma è possibile che, a livello di società, a un certo punto ci renderemo conto dei suoi svantaggi e ci sarà una diminuzione di interesse o maggiori regolamentazioni. Temo però che la tecnologia sia ormai talmente avanzata che potrebbe essere difficile tornare da dove siamo arrivati, senza cambiamenti radicali nella struttura della società o nel modo in cui funziona il mondo online».
Ma alla fine qual è il peso reale che il porno ha oggi nella vita delle persone?
«Non so se possiamo parlarne in generale, perché il porno significa cose molto diverse per persone diverse. Ma penso che in qualche modo il porno serva da cartina di tornasole per capire le relazioni che, nella società capitalistica contemporanea, abbiamo tra di noi e anche con noi stessi, cioè con i nostri corpi. Se siamo ancora così riluttanti a parlare di porno credo sia perché può sembrare troppo provocatorio, troppo accusatorio nei confronti di noi non solo come individui ma come società. Eppure, questo è l’unico modo in cui il cambiamento potrà avvenire: se lo affrontiamo e quindi se passiamo da una posizione passiva a una più proattiva». Cito una domanda provocatoria che salta fuori in una delle conversazioni del saggio: «Scopiamo così a causa del porno o il porno è fatto così perché scopiamo in questo modo?», e provo a rilanciare: parliamo di porno come lei descrive all’inizio del libro (in modo
«LE PERSONE IN REALTÀ PENSANO TANTO A QUESTO ARGOMENTO, PARLARNE CON IL PARTNER È UN GRAN SOLLIEVO»
imbarazzante, di nascosto, mettendoci dentro mille altri problemi) a causa del porno oppure è il porno che è così perché ne parliamo in questo modo? Parlarne diversamente potrebbe portare a un cambiamento, magari facendo sì che le nuove generazioni, che imparano a conoscere il sesso dal porno, abbiano una visione più realistica dei rapporti intimi?
«Questa è esattamente la mia speranza! Una parola che ricorre più e più volte nel libro è “compartimentazione”: penso che il fatto che la maggior parte di noi ora consumi porno online non solo abbia aumentato la privacy attorno all’atto, ma ci abbia permesso di isolarlo dal resto del mondo. Questo fa sì che sia più difficile impegnare le facoltà critiche nei suoi confronti. La mia speranza è che avere conversazioni sul porno e su tutte le altre migliaia di questioni collegate ci porti a essere più critici, e che a sua volta questo possa portare a cambiamenti nelle nostre vite e pratiche, così come nel nostro modo di pensare».
A lei è successo? Per scrivere ha affrontato conversazioni sul tema con persone molto diverse tra loro.
«Non so se la mia posizione sul porno e sul sesso sia cambiata intellettualmente: sento la stessa ambivalenza che provavo prima, solo che ora vedo molte più sfumature. A essere cambiato è il mio atteggiamento emotivo: mi sento molto meno a disagio sulla questione e noto che ho iniziato ad umanizzarla. Per me è stato confortante scoprire che, anche se non ne parlano, le persone in realtà pensano molto al tema del porno».
Dopo queste conversazioni, i suoi rapporti con le persone con cui ha parlato sono cambiati?
«Sono diventati più profondi e di conseguenza è più facile parlare anche di altre cose, come il sesso e il desiderio. Alcune di queste persone mi hanno poi raccontato che aver affrontato il tema con me le aveva aiutate a parlarne anche i loro partner. E che era stato un vero e proprio sollievo farlo».