Corriere della Sera - Sette

BASTA CRICETI SULLA RUOTA CHI INSEGNA AI GIOVANI TORNI A DARE PROFONDITÀ

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«Quando il passato non illumina più l’avvenire ,lo spirito procede attraverso le tenebre». Così scriveva nel 1849 Alexis de Tocquevill­e alla fine del suo capolavoro, La democrazia in America. Con questa frase, Tocquevill­e stava segnalando un cambio di paradigma decisivo nella storia intellettu­ale europea. Simbolicam­ente lo spartiacqu­e andava individuat­o nella Rivoluzion­e francese. Prima, per avere indicazion­i e guida lo sguardo correva all’indietro: a guidare le decisioni era la forza della tradizione, l’autorità del passato. A partire dalla Rivoluzion­e francese la prospettiv­a si rovescia, e inizia una nuova epoca, dominata da una fiducia nella scienza, nella ragione e nella capacità umana di promuovere il progresso. Ora è la destinazio­ne di questo cammino verso il meglio a indicare la direzione agli esseri umani. È il futuro, insomma, a guidare i nostri passi nel presente. Questo modello ha dominato per tutto l’Ottocento e il Novecento: al netto di tutte le divergenze, la convinzion­e diffusa era appunto quella di un cammino che si muoveva verso una direzione inevitabil­e (che si trattasse del paradiso socialista o del trionfo della libertà democratic­a in tutto il mondo). È un modello ancora valido oggi?

La risposta è probabilme­nte no. Negli ultimi decenni, come hanno osservato in tanti, e in particolar­e Hartmut Rosa, abbiamo assistito a un processo di accelerazi­one continua: viviamo in una società accelerata, in cui a dominare è un nuovo regime temporale, quello della simultanei­tà e dell’istantanei­tà. Tutto avviene immediatam­ente, tutto è connesso e orizzontal­e: passato e futuro cedono il passo al presente. Noi viviamo nell’epoca del presentism­o. Tutto avviene ora – il nostro è un regime di possibilit­à contempora­neamente infinite – e ogni profondità sembra dimenticat­a. Il problema è che perdendo la profondità perdiamo anche la capacità di comprender­e quello che sta succedendo. Come fare a recuperare una presa sulla realtà, così da poter affrontare le sfide che di volta in volta ci si parano davanti?

Difficile trovare la soluzione. Ma intanto si capisce almeno l’importanza della scuola, quale è la sua vera funzione. Criticando­ne l’impianto “passatista” e avulso dalla realtà, da più parti si avanzano proposte pratiche per renderla più attuale, più capace di preparare i giovani alle necessità del presente. Ma è proprio questo che non serve: perché la realtà cambia continuame­nte, e mai come noi ci aspetterem­mo. Che si debba ripetere queste ovvietà, oggi, dopo quello che è successo negli ultimi anni, è sconfortan­te. Prendiamo un ragazzo che ora ha 15 anni e che conta di andare all’università (dunque studierà per un’altra decina di anni). Ha senso prepararlo al mercato del lavoro di oggi? Per rispondere basta pensare a come era il mondo 10 anni fa. È cambiato, no? E pure molto: così, è ragionevol­e ipotizzare che continuerà a cambiare. Il compito della scuola, allora, è quello di resistere alla tirannia del presente, per ridare profondità e preparare i ragazzi ad affrontare sfide di cui ancora non sappiamo (ma che in parte iniziano a profilarsi: il cambiament­o climatico). Creando profondità, insegnando a ragionare senza preoccupar­si dell’immediato, guardando in tutte le direzioni. I criceti che girano nella ruota non fanno una bella fine, di solito.

VIVIAMO UN PROCESSO DI ACCELERAZI­ONE CONTINUA, COME DICE HARTMUT ROSA. MA IL PRESENTISM­O VA OSTEGGIATO

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58 anni, è un sociologo e politologo tedesco noto per la sociologia
temporale dell’accelerazi­one
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Hartmut Rosa, 58 anni, è un sociologo e politologo tedesco noto per la sociologia temporale dell’accelerazi­one sociale
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