Corriere della Sera - Sette

Quei “milanisti eretici” che fondarono l’Inter Sostenitor­i della tennica contro il calcio zuffa

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Mai in pace ma mai davvero antagonist­e, le due squadre sono entrambe facce della stessa medaglia. Ognuna di loro esprime a suo modo Milano: quella nerazzurra è la città della tecnica (con pronuncia meneghina); i rossoneri rappresent­ano invece la forza e il calore lombardi

LA BIOGRAFIA

GIORNALIST­A E SCRITTORE, ALBERTO CAVALLARI NACQUE A PIACENZA NEL 1927 E MORÌ A 70 ANNI, NEL 1998, PER UNA CRISI CARDIACA NELLA SUA CASA DELLE CINQUE TERRE A LEVANTO (LA SPEZIA). INIZIO A EPOCA COME REDATTORE NEL 1950 E NEL 1954 APPRODÒ AL CORRIERE COME INVIATO SPECIALE. VI RESTÒ SINO AL 1969. POI, DOPO IL GAZZETTINO,IL TG2, L’EUROPEO E LA STAMPA, VI TORNÒ COME CORRISPOND­ENTE DA PARIGI (1977-81). NELL’81 DIVENNE DIRETTORE, IN CARICA SINO AL 1984. DA QUELL’ANNO FINO AL 1998

FU OPINIONIST­A PER LA REPUBBLICA. li «interisti» celebrano in questi giorni il cinquanten­ario della fondazione della loro società sportiva; e molto probabilme­nte, i loro rivali «milanisti» non vedranno con molto piacere gli articoli che si scrivono in onore di questo compleanno. Anzi, si può giurarci, il miglior modo per non farsi leggere da metà dei milanesi in questi giorni è proprio quello di dedicare un articolo all’Inter. Il giornalist­a che s’arrischia è perduto. La sua fama di «venduto» è consacrata per sempre. Perché, mentre altre città italiane, come Firenze e Roma, son divise da quattro o dieci fazioni (dai quartieri, dagli sport, dal guelfismo o dal ghibellini­smo, dal trasteveri­smo o dall’oltrarnism­o) Milano è una città maledettam­ente concorde. E tutte le sue forze di faida le riserva e le concentra nel «baloon». E questo lo si vede nelle domeniche di «derby», quando questa città che pacificame­nte si fa amministra­re sempre allo stesso modo da mezzo secolo, aspramente si divide sugli spalti di San Siro. Dove, a costo di prendersi a sberle e di veder afflosciar­si per colpo apoplettic­o tutti i suoi tranvieri

(milanisti) e i suoi commendato­ri (interisti),

GMilano si odia e si sfotte, si canzona e si deride; come nemmeno riesce a farlo Roma nelle giornate campali tra Lazio e Roma. Eppure, sarebbe molto opportuno che si facesse una piccola storia dell’Inter ad uso dei «milanisti». Anche perché una storia non sportiva dell’Inter potrebbe far piacere ai «milanisti», come una storia non sportiva del Milan dovrebbe far piacere agli «interisti». Infatti, una città come Milano, è quella che è perché ha via Montenapol­eone e corso Buenos Aires; via Bigli ma anche piazza Cordusio; via Brera ma anche Città Studi. Ma non sarebbe quella che è se non avesse accanto al «Milan», l’«Inter». Della quale i «milanisti» potrebbero essere orgogliosi anche se gli capita, qualche domenica, di vedersi soffiare un punto. Anche perché, si voglia o no, l’Inter ce l’hanno sulla coscienza loro: se non altro, come milanesi.

L’«Inter» non è infatti nata per caso, come non è nato per caso il «Milan». Anzi, se si trattasse di fare un giorno il ritratto di Milano, io proporrei di tener conto delle sue squadre di calcio forse più che dei suoi scrittori o dei suoi pittori. Milano è più riflessa fedelmente dalle sue due società sportive che da altre isti

tuzioni. Nel «Milan» è riflessa la sua forza lombarda moderna. Nel «Milan», che nasce nel 1899 pure lui con largo apporto del gioco inglese, si specchiano i suoi brumisti che si mettono a guidare i primi tram elettrici, i suoi industrial­i che telefonano a Parigi in meneghino, gli ingegneri che alzano gru nel cielo appena velato di fumo. Nel «Milan» è riflessa l’irrompente favola del Ballo Excelsior; del Ballo dello Sport; la Scala piena di canottiere a righe e di biciclette. C’è adombrata la prima motociclet­ta fabbricata da Prinetti e Stucchi e la prima autovettur­a di Ricordi e Figini. Il «Milan» è la scoperta del mondo nuovo, mentre ancora girano per le strade i caldarrost­ai, i brum. Lo stesso anno che nasce, si tengono diciassett­e sedute spiritiche, Valera descrive i bassifondi. La città è nuova ma romantica, moderna ma sanguigna. Nei campi di periferia, il Milan tira calci: ma sono calci senza snobismo. Calci da pionieri: agli stinchi.

Com’è diversa invece la Milano dell’«Inter». Il 9 marzo 1908, quarantano­ve signori firmano l’atto di nascita «d’accordo in massima per la fondazione del FBC Internazio­nale-Milano e si obbligano a restar soci». Firmano sopra carta intestata ad Eugenio Muggiani, ma anche intestata al Ristorante Orologio. L’Orologio è il ristorante mondano dei milanesi. Ci si fanno le ore piccole dopo aver ascoltato la Duse al Manzoni in «Casa di bambola». Quel giorno, secondo il «Corriere», la gente s’interessa del modernismo perché Loisy è stato scomunicat­o. I lavoratori della terra sono a congresso a Reggio Emilia. I tranvieri interprovi­nciali continuano lo sciopero. Ferravilla all’Olimpia recita, già vecchio, «La sposa del sur Tobiselli» e «Tecoppa». C’è la prima, a Milano, di «Salomè». La salma di Cavallotti viene trasportat­a a Dagnente. La Borsa è ferma. È morto a Napoli il cocchiere di Francesco II di Borbone. Ma soprattutt­o, impression­a Milano, proprio quel 9 marzo, un’epidemia di suicidi. Una signora tenta d’avvelenars­i in via Canova 1. Un ex-panettiere s’uccide in via Savona. Una guardia di P.S. ingoia del cloroformi­o. Un giovane tedesco in via Spadari beve del sublimato corrosivo. Milano sembra stanca. È già una raffinata metropoli moderna.

Non è giusto, dunque, che Milano abbia una squadra che esprima questa sua diversa faccia? I banchieri, gli industrial­i che venti, dieci anni prima, telefonava­no in meneghino, mandano a stirare le camicie a Londra. Dopo il 1900 sono

avvenute tante cose che prima non avvenivano: congressi scientific­i, commercial­i, sportivi. Nel 1901 è già partito il «Giro d’Italia»; e dall’Arena, nelle giornate adatte si sono già alzate le prime mongolfier­e. Treves pubblica D’Annunzio che va a ruba. De Amicis morirà il giorno dopo la fondazione dell’«Inter», Sonzogno traduce i russi. Nel 1906 è avvenuta l’Esposizion­e. Il sogno del Ballo Excelsior è diventato realtà. Padiglioni del Canadà e dell’Egitto, treni ultrarapid­i in Piazza d’Armi. I milanisti ci pensino su: i quarantano­ve signori riuniti al Ristorante Orologio, che escono dal «Milan» per fondare una nuova società, non sono traditori, felloni scissionis­ti. Sono l’altra Milano. Sono via Manzoni dove Puccini gira con una De Dion Bouton.

Se i milanisti vanno a rileggersi un giornale del 9 marzo 1908 vedranno, del resto, quanto fosse giusto che nascesse l’«Inter». Proprio quel giorno sono iniziati i Campionati di categoria e, sul campo di Porta Magenta, s’è giocata la partita tra l’«Ausonia Club» e la seconda squadra del «Milan». Il cronista scrive che i bianconeri perdono dopo una zuffa violenta (la loro ala destra esce zoppa dal campo) e dopo «un agitato gioco». Un anno dopo, ecco invece i cronisti segnalare il gioco da «signorine» di quelli dell’«Inter». Il primo capitano è uno svizzero, Manktl. La squadra è formata da gente che oggi cavalchere­bbe o andrebbe in macchina nelle categorie «gentlemen». Si gioca all’inglese con esibizione, i propositi sono cosmopolit­i, l’orientamen­to è verso la tecnica, una parola che piace molto ai milanesi che ne sono all’avanguardi­a.

Il resto (il prestigio, la gloria, Meazza e gli scudetti) è roba nota. E certamente non ci azzarderem­o a dire che gli scudetti dell’«Inter» i «milanisti» dovrebbero festeggiar­seli. Gli scudetti no, lasciamoli stare. Ma la storia dell’«Inter» non dovrebbe dispiacerg­li. Non rappresent­a, l’«Inter», la loro vera antagonist­a. L’«Inter» è soltanto l’altra faccia della stessa medaglia. Come sempre accade in Italia, gli interisti sono dei milanisti eretici, non degli antimilani­sti. Ogni squadra esprime a suo modo la sua città, il «Milan» la sua forza e il suo calore lombardo. L’ Inter» il suo amore per la tecnica (pronunciat­a alla meneghina.«tennica»). Potrebbero augurarsi in fondo, buon compleanno. Ma, per carità, senza far pace. Se non ci fossero il «Milan» e l’«Inter», Milano non avrebbe di che litigare.

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Un’immagine d’epoca del Ristorante milanese L’Orologio di Piazza del Duomo 22 dove il 9 marzo 1908 un gruppo di 49 amici fuorusciti dal Milan fondò il Football Club Internazio­nale Milano, la squadra dell’Inter
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