CRIMINALITÀ MINORILE I DECRETI NON BASTERANNO CI VUOLE LA SCUOLA
SETTE E MEZZO Ogni sette giorni sette mezze verità. Risposte alle vostre domande sull’attualità,
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Cara Lilli, è davvero possibile risolvere il problema della criminalità giovanile con decreto come quello chiamato Caivano e con un inasprimento generale delle pene?
Andrea Ravizza
Cara Lilli, l’allarme baby gang sta raggiungendo livelli importanti, non so quanto le misure prese possano fermarla. È anche un problema di integrazione. Saremo più bravi dei francesi nell’affrontare questa emergenza?
ilveridico88@gmail.com
Cari lettori, non si può che essere d’accordo con Giorgia Meloni quando sostiene che «non ci possono essere zone franche in Italia». La forza di uno Stato sta nel far valere la legge su tutto il proprio territorio. È inammissibile una sorta di feudalesimo della criminalità, dove intere aree sono abbandonate ai padroni della malavita. Come è stato ed è a Caivano e nelle tante altre Caivano d’Italia dove mancano persone, mezzi e strumenti di contrasto contro povertà e degrado sociale che consegnano i giovani al crimine. E quindi bene la “bonifica”, espressione spietata ma purtroppo appropriata, e l’uso delle forze dell’ordine a garanzia della sicurezza dei cittadini. Ma è solo il primo metro di un percorso lungo e tutto in salita. Altrimenti la meritoria visita della premier farà la fine del tempestivo sopralluogo nella Romagna alluvionata, a cui di concreto non è seguito nulla. Peraltro La forma del blitz è per sua natura un’operazione rapida, precisa e risolutiva. Ma il controllo del territorio ha effetti se è continuo e non precario, e comunque non basta. Come resta insufficiente l’approccio tutto penale che emerge dal decreto Caivano. I reati vanno sempre perseguiti e repressi, ma per i minori aprire più facilmente le porte del carcere o prevedere il Daspo dalla scuola in caso di spaccio rischia di essere controproducente perché isola ancora di più i ragazzi dai contesti che possono salvarli. Se non c’è la scuola, per un giovane non resta che la strada con le sue regole feroci.
Sugli adolescenti la minaccia penale funziona pochissimo, non ha una funzione né preventiva né deterrente. Ce lo spiegano bene le statistiche. Paesi come Francia, Germania e Regno Unito hanno leggi repressive sui minori molto più severe e infatti sono molti di più i ragazzi dietro le sbarre. La criminalità minorile, però, non è diminuita ed è peggio di quella italiana. Non sono le pene a inibire la violenza, ma l’ambiente, il contesto, la collettività. «La mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari», diceva il grande scrittore siciliano, Gesualdo Bufalino, con una frase che può suonare retorica, ma lui che era stato per anni insegnante sapeva di che parlava. È da lì che bisogna ripartire. E forse, come ha scritto in un editoriale l’Avvenire, «c’è da bonificare anche un diffuso clima d’odio», invece che rivendicarne il diritto come fanno uomini in divisa, vedi le parole del gen. Vannacci. «La destra è abituata a investire sulla paura, non sulla soluzione dei motivi della paura», ha detto Isaia Sales, tra i maggiori esperti della criminalità in Campania. Alimentare le paure, creare nuovi nemici sono cose che questa destra di governo sa fare bene. Ma gli impresari della paura dovrebbero stare accorti: in assenza di vere soluzioni, i mostri e i fantasmi liberati per guadagnare consenso potrebbero domani rivoltarglisi contro.
SUGLI ADOLESCENTI LA MINACCIA FUNZIONA POCHISSIMO: NON È NÉ PREVENTIVA NÉ DETERRENTE