Corriere della Sera - Sette

I RAGAZZI AFRICANI DI GARRONE SENZA PAURA, CON UN SOGNO E I NOSTRI IMPAURITI, SPAVENTATI DA NOI

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Seydou e Moussa, i due sedicenni protagonis­ti dell’ultimo, magnifico film di Matteo Garrone, non hanno paura del futuro. Né le minacce della madre di Seydou, «morirete lungo il viaggio», né l’esperienza di un anziano che quel viaggio l’ha fatto, «soffrirete in Europa», possono spaventarl­i. Non sono disperati, non fuggono dalla fame o dalla guerra; la loro vita a Dakar, in Senegal, è povera sì ma felice, come può esserlo quella di un qualsiasi adolescent­e che ha voglia di gioire e divertirsi, circondato dal calore della sua famiglia. Vogliono partire proprio perché non hanno paura del futuro, e dunque hanno invece un sogno: vivere in Europa e all’europea. Per loro il nostro continente è uno stile di vita: è il calcio, che guardano in tv e che portano letteralme­nte sulla pelle (tutti i migranti maschi di questo film indossano t-shirt delle squadre di calcio europee); ed è la musica giovanile, che ascoltano la sera su YouTube saltelland­o tra il rap napoletano e le ballate scozzesi, e di cui immaginano di diventare grandi star.

È perché non hanno paura del futuro che ce la faranno, tra mille pericoli e insidie, crudeltà e torture, oltrepassa­ndo i limiti delle proprie forze fisiche e morali. Sono come gli esplorator­i di un tempo, come i conquistat­ori di nuovi mondi. È un film di avventura, innanzitut­to, Io capitano, un moderno Pinocchio.

Hanno invece paura del futuro i nostri figli. Paura della «policrisi», neologismo che abbiamo inventato sui giornali per sommare crisi economica e geopolitic­a, militare e alimentare, sanitaria e ambientale, come se fossero i mostri dei videogioch­i (copyright Giulio Tremonti). Tutto per loro è destinato ad andar male. Non è neanche detto che sopravvive­ranno al riscaldame­nto globale, e infatti la giovane che ha fatto piangere il ministro dell’Ambiente con la sua “eco-ansia” diceva: «Non so se ho voglia di mettere al mondo un figlio».

Hanno paura quanto i loro genitori: più della metà degli intervista­ti in un mega-sondaggio globale della Open Society ritiene che le leggi del proprio Paese non li facciano sentire al sicuro, il 41% teme esplosioni di violenza nell’arco di un anno a causa di disordini politici, il 15% degli italiani pensa che il problema maggiore sia l’immigrazio­ne. Oltre un terzo dei giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, nei trenta Paesi della ricerca, rinuncereb­be volentieri alla democrazia per un leader forte che abolisca Parlamento ed elezioni.

Perché succede questo? Perché i ragazzi africani, che avrebbero ben più ragione dei nostri ad aver paura di povertà, disuguagli­anza, crisi alimentare e climatica, mostrano invece una fiducia al limite della temerariet­à in sé stessi e nel futuro che sognano? Non sarà colpa nostra? Di noi adulti occidental­i, che annunciamo ogni giorno l’imminente fine della Terra, del lavoro, del welfare, delle pensioni, a una generazion­e di ragazzi che è la più benestante della storia e la più fortunata del pianeta?

QUEI 16ENNI VOGLIONO LO STILE DI VITA EUROPEO. PERCHÉ I 16ENNI ITALIANI SONO INVECE COSÌ NEGATIVI? NON SARÀ COLPA DEGLI ADULTI?

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