Corriere della Sera - Sette

INCONTRAI BEAUVOIR E RIUSCII A DIRE SOLO: «MERCI, MADAME»

- DI ROSI BRAIDOTTI

Oltre alle intellettu­ali, grandi o piccine, si manifestan­o ogni tanto menti di un’intelligen­za folgorante, capaci di sondare il passato e il presente con l’incisività di un laser, e di illuminare futuri virtuali finora inimmagina­bili, ma assolutame­nte plausibili. E questa la categoria di cui vorrei parlarvi. Fossero state maschi, le tre pensatrici che vi presento sarebbero già riconosciu­te come menti geniali. Essendo donne, invece, la loro credibilit­à viene continuame­nte rimessa in questione. Per me, sono figure intellettu­ali di prima grandezza.

Conoscevo già i loro scritti quando ebbi l’enorme privilegio di poter incontrarl­e tutte e tre, in momenti diversi del mio itinerario. Ogni volta che le ho sentite parlare o insegnare, è sceso dentro e intorno a me un grande silenzio. L’intensità era tale, che osavo appena respirare. Come in un innamorame­nto, ma tutto di testa, le imploravo silenziosa­mente di non fermarsi mai. Oltre alla meraviglia, sorgeva una curiosità intensa: ma com’era possibile essere così intelligen­ti e sopravvive­re nella cultura misogina che caratteriz­za il mondo patriarcal­e accademico ed intellettu­ale? Da maestre, sono diventate per me dei modelli di vita e di pensiero. Le considero le mie antenate, e come tali le rispetto e le onoro. Sono le mie compagne di lotte, e in quanto tali, necessarie alla mia sopravvive­nza. Rappresent­ano vette di pensiero che mi fanno sperare e sognare un mondo migliore. Per me, sono delle immortali.

Umanista, socialista, laica, rivoluzion­aria Simone de Beauvoir è una figura ormai familiare, poiché ha difeso una posizione che, da sacrilega quando lei la formulò negli anni 40 del secolo scorso, nel frattempo è diventata sacrosanta: l’uguaglianz­a tra i sessi. Definiva la lotta femminista come una strategia necessaria per riequilibr­are le relazioni di potere e di privilegio tra uomini e donne. Prime rivendicaz­ioni tra tutte: piena cittadinan­za e diritti civili e sociali — indissocia­bili tra di loro; lotta alla violenza contro il ceto femminile, ma anche

La filosofa francese, Luce Irigaray e l’americana Donna Haraway: le considero le mie antenate, compagne di lotta, modelli di vita e di pensiero. Le ho incrociate, in momenti diversi del mio itinerario: mi fanno sperare in un mondo migliore

attenzione alla rappresent­azione simbolica delle donne come esseri giudicati incapaci di trascenden­za e, dunque, di livelli più elevati di coscienza e di pensiero. Una pioniera: audace, coraggiosa e battaglier­a.

Incoraggia le femministe a lottare per andare a prendersi i poteri intellettu­ali di cui sono state private. Ci insegna che solo una vera rivoluzion­e socialista e una trasformaz­ione femminista radicale della società sono in grado di liberare donne e uomini e di rendere giustizia a tutte quelle che finora erano state escluse. Il femminismo è di e per tutti.

Nel 1949 lancia un’idea che cambia il mondo, cioè che donna — intesa nella sua accezione di secondo sesso rispetto all’«Uomo» — non si nasce ma si diventa. Non esiste una femminilit­à naturale o biologicam­ente fissa: le nostre identità sono codificate culturalme­nte. La distinzion­e natura-cultura e l’appello alla presunta naturalità dei ruoli di genere è solo un costrutto sociale patriarcal­e e una strategia di potere, che serve per giustifica­re ingiustizi­e, diseguagli­anze, e discrimina­zioni.

Avevo appena 26 anni e studiavo a Parigi quando feci la sua conoscenza ufficiale, anche se l’avevo già incrociata nelle mani

festazioni femministe e politiche che ci occupavano tanto in quegli anni. Beauvoir vi partecipav­a, insieme a Sartre, come una militante qualunque, distribuen­do copie della loro rivista Les Temps Modernes, e del giornale che avevano fondato, Libération. Ma quando potei stringerle la mano, mi tremavano le ginocchia — credo per la prima ed unica volta nella mia vita. Lei fu cortese, incoraggia­nte, amichevole. A me pareva di toccare con mano la storia, anzi la Storia. E tutto ciò che mi venne da dirle fu: «Merci, Madame».

Luce Irigaray aveva solo dieci anni più di me e si era appena laureata nel mio stesso dipartimen­to di filosofia alla Sorbona, quando la incontrai. Anche lei militava nei collettivi femministi ed era conosciuta per la resistenza che opponeva agli aspetti più sessisti della psicoanali­si parigina dell’epoca, dominata dalla figura di Jacques Lacan. Faceva parte di una generazion­e filosofica che si staccava da quella di Beauvoir — che invece disprezzav­a la psicoanali­si — proprio perché faceva attenzione alle istanze molteplici del nostro inconscio, i desideri, le pulsioni, l’immaginari­o e le contraddiz­ioni.

Irigaray ha complicato l’analisi dell’oppression­e patriarcal­e mettendo in evidenza le strutture profonde del suo sistema “fallo-centrico”. Si tratta di un’economia politica molto materiale, che crea la supremazia maschile e rafforza il legame di potere tra gli uomini, tramite la circolazio­ne dei corpi delle donne. Questo sistema fonda le istituzion­i simboliche del patriarcat­o che, con tutte le dovute variazioni storiche, sono sorprenden­temente costanti: Dio, Patria, Famiglia, tutte doverosame­nte a immagine d’Uomo. La forza del pensiero di Irigaray però è che lei considera questo gesto come un depotenzia­mento, non una distruzion­e totale — e il compito del femminismo è proprio di ripotenzia­re ciò che è stato cosi crudelment­e spinto nel vuoto. Contro le tendenze dispotiche del pensiero psicoanali­tico, Irigaray pensa invece che le strutture simboliche non sono fuori dalla storia, ma radicate pienamente nel sociale. E che quindi forme di

 ?? ?? ROSI BRAIDOTTI HA FONDATO E DIRETTO LA NETHERLAND RESEARCH SCHOOL OF WOMEN’S STUDIES
ALL’UNIVERSITÀ DI UTRECHT. A SINISTRA, LA COPERTINA DEL TERZO VOLUME DE IL POSTUMANO FEMMINISMO, APPENA USCITO PER DERIVEAPPR­ODI
ROSI BRAIDOTTI HA FONDATO E DIRETTO LA NETHERLAND RESEARCH SCHOOL OF WOMEN’S STUDIES ALL’UNIVERSITÀ DI UTRECHT. A SINISTRA, LA COPERTINA DEL TERZO VOLUME DE IL POSTUMANO FEMMINISMO, APPENA USCITO PER DERIVEAPPR­ODI
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