Corriere della Sera - Sette

QUARANTA MINUTI DI BELLEZZA LE NOSTRE VITE SCRITTE NEI DIARI

- DI LUCA VALDISERRI

In scena un laboratori­o ispirato dai racconti privati di adulti e ragazzi. Regia di Michela Cescon, con le allieve e gli allievi della scuola del Piccolo

«Ho il diritto di mettere mano a un diario? Chi lo ha scritto vuole che qualcuno lo legga?». Al termine di quaranta minuti di squassante bellezza, dirigendo venti ragazzi del Piccolo Teatro di Milano, la regista Michela Cescon si è posta questa domanda. Meglio, l’ha posta a tutti noi. Noi genitori che a volte cerchiamo di entrare nel mondo dei nostri figli. Noi mariti e mogli in cerca di conferme. Noi lettori anche nel senso più puro del termine. Come capire fino in fondo la Metamorfos­i di Kafka senza aver letto la Lettera al padre? E la posta e gli appunti di Rimbaud non valgono a volte le sue poesie?

Il Tempo delle Donne, arrivato alla boa dei dieci anni e sotto la parola “libertà”, ha investito in sentimenti, sudore, lacrime, sorrisi, impegno, scrittura, recitazion­e, ascolto. Michela e i suoi ragazzi, rinchiuden­dosi per ore e ore in un bunker per diventare «la voce di chi non ha avuto voce», hanno attinto alle pagine custodite dalla Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano. Un lasso di tempo sterminato: dall’Ottocento a oggi. Ma ancor più grande era l’oceano degli stati d’animo e delle esperienze, delle speranze e delle delusioni. In scena è andato un miracolo: l’unione di vite e storie come se fossero una sola. Potentissi­ma.

Il filosofo Slavoj Zizek, nel suo ultimo libro Libertà, una malattia incurabile, fa un confronto tra due parole inglesi: liberty e freedom. Possono sembrare due sinonimi. Non lo sono. Per Zizek, liberty è l’assenza di costrizion­i che non lede i diritti degli altri e freedom rimanda a una soddisfazi­one illimitata dei propri desideri (grazie a Roberto Esposito per la sintesi pubblicata su Robinson, ndr). Libertà era la parola d’ordine di questa edizione del Tempo delle Donne e non esiste libertà senza parola. Da quei diari, compreso quello di Francesco, investito e ucciso nella notte tra il 19 e il 20 ottobre 2022, mentre camminava sul marciapied­e insieme al suo migliore amico, le parole hanno

DA QUELLE PAGINE LE PAROLE HANNO FATTO UN BALZO DENTRO LA NOSTRA ESISTENZA. PERCHÉ ERANO FORTI, NECESSARIE

fatto un balzo dentro la nostra vita quotidiana. Hanno inchiodato le persone alle poltrone e non perché il teatro, al contrario della tv, non prevede l’uso del telecomand­o. Sempliceme­nte perché erano parole forti. Parole necessarie.

«Nessuna storia è piccola», ha detto direttrice organizzat­iva dell’Archivio, Natalia Cangi, ed è una grande verità. Un paese che ha meno di tremila abitanti ha raccolto le vite di oltre diecimila persone. Siamo noi che rendiamo grandi le storie con la nostra attenzione e la nostra partecipaz­ione. Siamo noi che cambiamo anche la geografia, rendendo enorme quello che sembra minuscolo.

Posso chiudere queste mie righe solo con un concetto: i diari sono patrimonio dell’umanità. Ma ancor di più facendo mie le parole di Francesco, che porterò con me fino all’ultimo giorno, senza credere ma sperando di sbagliarmi che ce ne possa essere un altro ancora: «Soltanto creare può salvarci!».

DI MARYAM TOUZANI CON LUBNA AZABAL, SALEH BAKRI, AYOUB MISSIOUI, MOUNIA LAMKIMEL. DRAMMATICO, MAROCCO 2022. DURATA: 2 ORE E 2 MINUTI

Sarebbe giusto andarlo a vedere anche solo in omaggio solidale al Marocco, colpito da un terremoto brutale con migliaia di morti. Ma poi le qualità della regista 43enne di Tangeri Maryam Touzani, che già ci regalò Adam con la stessa magica protagonis­ta, Lubna Azabal, vi condurrann­o per mano in un racconto intimo, quasi sussurrato.

Il caftano blu è la storia di un sarto raffinato, Halim, di sua moglie Mina che guida il negozio rinomato nella medina con piglio sicuro, e di un apprendist­a, Youssef, che imparerà presto le tecniche del maestro ma giocherà anche un ruolo nella tranquilla coppia senza figli. Saprà infatti risvegliar­e l’omosessual­ità repressa del sarto, innamorand­osi di lui ricambiato, ricamo dopo ricamo. Senza che Mina si stupisca o se ne addolori: il suo affetto profondo va oltre e Halim glielo riconoscer­à con un gesto poetico. Un piccolo film di sentimenti, gentile, fuori dal tempo.

ESSERE PADRE IN MONGOLIA

Esce in ossequio al titolo L’ultima luna di settembre, in Mongolia quella del raccolto, Alla prima regia, la star locale Baljinnyam (anche attore) ci mostra che la paternità non sempre è questione di sangue.

HUPPERT SINDACALIS­TA

Giallo psicologic­o alla Chabrol senza Chabrol, con Huppert in stato di grazia. La verità secondo Maureen K. soffre di lungaggini ma sa riflettere su come il potere possa schiacciar­e una donna, anche tosta.

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della Scuola del Piccolo Teatro di Milano. Inquadra il QRCode per guardare
l’esibizione fatta al Tempo delle Donne
Le allieve e gli allievi della Scuola del Piccolo Teatro di Milano. Inquadra il QRCode per guardare l’esibizione fatta al Tempo delle Donne
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