POLITICA E GIORNALISMO SONO UNO “SPORT DI CONTATTO” L’INTERVISTA NON È UN COMIZIO
SETTE E MEZZO Ogni sette giorni sette mezze verità. Risposte alle vostre domande sull’attualità,
il mondo , la politica
Cara Lilli sono rimasta perplessa per il modo in cui ha condotto, con Massimo Giannini, l’intervista a Elly Schlein. Ho letto sia nel tono delle domande, sia nella mimica, una sorta di acrimonia quasi personale
Angela Iannello angelaiannello75@gmail.com
Cara Lilli, è inutile lamentarsi dei linguaggi poveri dei vari Conte, Salvini, Meloni, se poi si sbeffeggia chi spiega le proprie idee con un linguaggio da adulti acculturati.
Sergio Paglicci s.paglicci@virgilio.it
Cara Lilli, più che un’intervista quella a Schlein sembrava un attacco diretto. Il fuoco di fila di domande (più che giustificato) era accompagnato da sguardi di riprovazione.
Debora Conti conti. debora@fastwebnet.it
Cari lettori, quello fra politica e giornalismo è da sempre uno “sport di contatto”, e un’intervista è un’intervista non un’ arringa elettorale o una chiacchierata fra amici. Questo è bene ricordarlo perché sempre più spesso – soprattutto nella tv italiana – si vedono politici andare solo in trasmissioni ritenute “affidabili”, in cui poter dire tutto quello che vogliono senza alcuna obiezione o “seconda domanda” da parte dell’intervistatore. Questa non è la normalità, e basta accendere un canale televisivo anglosassone per rendersene conto. Elly Schlein è una leader determinata e rispettosa del ruolo dell’informazione, e sa di dover rendere conto delle azioni del primo partito di opposizione, anche esponendosi a domande scomode sulle difficoltà e sulle contraddizioni interne al Pd. Non tutti i leader oggi in Italia fanno lo stesso, specie quelli che hanno responsabilità istituzionali e che a maggior ragione dovrebbero rispondere del loro operato. Il giudizio sulla mia mimica facciale mi sembra una lettura personale e molto azzardata: dopo 40 anni di giornalismo televisivo ho imparato a padroneggiare un comportamento neutrale. C’è poi un tema specifico che vale la pena sottolineare e che riguarda proprio il linguaggio. Abbiamo alle spalle un’estate in cui si è discusso apertamente sullo sdoganamento del «diritto all’odio» da parte di certa destra; abbiamo sentito frasi sulla «sostituzione etnica», sui diritti delle coppie Lgbtq+, abbiamo visto in tv opinionisti discettare serenamente se si potesse definire «anormale» un omosessuale o interrogarsi sull’eventuale tasso alcolemico di una ragazza stuprata, come a suggerire un rapporto causa-effetto del tutto intollerabile.
La comunicazione è un punto cruciale per ogni responsabile politico, a maggior ragione se nel frattempo c’è chi rivendica orgogliosamente posizioni retrograde, xenofobe e incivili. Come contrapporsi a questa tendenza, senza risultare né elitari né triviali, è un tema vitale per la sinistra e anche per la nostra democrazia. Perché il vero “mondo al contrario” forse è quello che già c’è, quello in cui le interviste ai politici diventano comizi e le frasi che un tempo campeggiavano sulle porte dei gabinetti degli autogrill diventano programma elettorale.
LA COMUNICAZIONE È UN PUNTO CRUCIALE PER I LEADER SOPRATTUTTO SE C’È CHI SDOGANA IL DIRITTO ALL’ODIO