GIORGIO CAPRONI E LA SINDROME DELL’IMPOSTORE
«Caro Ufficio Poesie Smarrite, non sono d’accordo con quanto hai scritto nella newsletter di mercoledì 20/9 introducendo Rivelazione di Giorgio Caproni. Prima ancora che un atto di narcisimo, come dici, mi pare un’assunzione di resposabilità per i nostri errori, e forse atto di presunzione, controllo, onnipotenza». Credo che Elisa del Mese, che ci ha scritto, abbia ragione. La poesia di Caproni è prima di tutto un’autocritica, un’ammissione di come ci sabotiamo, di come, letteralmente, ci uccidiamo. Più volte, in una vita soltanto. A me pare, ma forse ho troppa familiarità con questo fenomeno, una descrizione ante litteram di ciò che in psicologia è la “sindrome dell’impostore”, per cui ci si sente inadeguati, ci si intralcia a suon di auto-critiche, tra perfezionismo e insicurezza. Poi però, mi chiedo: e gli altri? Sono solo complici? Davvero era, è tutto nelle nostre mani? O alcuni assassini hanno la maschera del nostro volto? Ecco, forse, la patina di narcisismo su questo autodafè che si fa mea culpa spettacolare. PS. La poesia è tratta da Il franco cacciatore del 1982, raccolta che mi ha ricordato una frase di Sándor Márai, da Novembre, in Mercato delle pulci: «Una vecchia pernice vola stancamente verso casa. È stata a caccia: era lei la preda».
VIZI, VIRTÙ & NOI COME IN UNA BARZELLETTA AMERICANA
La sana misantropia non basta per fare buona satira. Ci vuole spietatezza verso sé stessi. Se il medico deve saper curare anche sé stesso, il satiro deve sapersi castigare facendo ridere. L’americana Judith Viorst ci riesce nel suo La gente e altre seccature (Einaudi), tradotto con spirito da stand up comedy da Leonardo Guzzo e Marco Sonzogni. Si ride dei fanatici del food (il marito de ll gourmet), dei conformismi morali (Una bella persona), sessuali (gli swingers in Fare scambio), emotivi (i maschi piagnoni in Storia d’amore) e politici, con i progressisti Politicamente perfetti e le femministe come l’autrice, combattuta tra i vantaggi e gli svantaggi della parità di genere in Una donna del Movimento della liberazione delle donne. Stupisce, e immalinconisce, che suonino così fresche satire di 50 anni fa. È come se il nostro presente, vizi e virtù, fosse una vecchia barzelletta americana. Un vecchio copione, copiato male.