«LA MIA BLANCA PIACE AI BAMBINI ANCHE GRAZIE AL CANE LINNEO...»
Maria Chiara Giannetta, che interpreta l’investigatrice non vedente: «Avevo paura di compiere 30 anni. Con i ventenni non riesco proprio a parlare, li sento lontani»
L’obiettivo della prima stagione è ampiamente raggiunto: portare i ragazzi ad appassionarsi a una serie tv non su Netflix ma su Rai1, terreno di solito riservato alle loro mamme. Ebbene Blanca, la ragazza che ha perso la vista e risolve casi complicati grazie agli altri suoi sensi potenziati in un commissariato di Genova ce l’ha fatta. E ora che da giovedì prossimo, 5 ottobre, affronta la seconda stagione si prefigge di catturarne altri ancora.
Basta chiacchierare un attimo con l’attrice che la interpreta, Maria Chiara Giannetta, 31 anni, e la cosa viene fuori: «Sì, è piaciuta tantissimo ai bambini. Loro hanno bisogno di ritmo nel racconto, dunque l’idea del nostro gruppo di lavoro di tentare di fare un qualcosa dallo stile innovativo, con un linguaggio più contemporaneo come fotografia, regia e recitazione, era giusta ed è andata in porto. Credo che per la tv generalista sia un gran risultato». Il regista principale della serie Jan Michelini, romano, 44anni, figlio del mezzobusto del Tg1 Alberto (ancora la rete generalista...) accenna addirittura a «una sorta di manga» per descrivere il progetto. Evidentemente sa quel che dice. E così Giannetta è diventata come Vanessa Scalera/Imma Tatarianni, anche lei stupita di avere la posta piena di lettere di bambini innamorati della sua investigatrice. «Guarda caso è l’unica serie lunga italiana che guardo, quella», rivela Giannetta: «amo Tatarianni. E anche me scrivono tantissimi ragazzi che cercano in qualche modo di identificarsi in Blanca. Piace quel suo modo di far finta di stare da qualche altra parte ma nello stesso tempo avendo i piedi per terra. Lei sa di essere cieca anche se ci scherza sopra e fa finta di non esserlo».
Giannetta, ragazza del Sud, foggiana fiera di esserlo, sente la responsabilità di un personaggio in crescita, dopo essersi buttata incosciente nella prima stagione: «L’obiettivo del personaggio è trovare la sintonia umana con altre persone in questi sei prossimi episodi, agendo in modo diretto, chiaro». Ammette di avere «una sensibilità nuova» da quando ha lavorato con «i fantastici amici che mi hano aiutata ad entrare nel personaggio, che mi hanno insegnato come una persona cieca si comporta, reagisce, si interfaccia col mondo» (la serie si è avvalsa tra l’altro della consulenza di Andrea Bocelli). «Pensavo di essere una persona inclusiva», racconta, «ma mi sono resa conto che facevo cose tutto tranne che inclusive. Vorrei che attraverso Blanca i vedenti capissero che non c’è bisogno di aver paura di qualcosa che non conosciamo, cadendo in eccessi di protezione o di aiuto che a volte sono del tutto dannosi. Io pensavo di essere inclusiva e invece avevo un sacco di blocchi».
Blanca ha un cane-guida, una femmina di bulldog americano con nome da maschio, Linneo. Un altro dei motivi di successo della serie: «Un cane dolcissimo, si è fatta tutti gli episodi da sola e continua nella seconda serie: un caso rarissimo, di solito se ne utilizzano più di uno», spiega Maria Chiara. «Anche lei è particolare, ha una sua forma di disabiltà: ha gli occhi chiari, è quasi albina. Nella vita reale sta in una famiglia con due gemelline piccole e si lascia fare di tutto da loro». Entrata nel mondo dei trentenni da poco, Giannetta ammette di aver patito il passaggio del traguardo: «In verità ho sofferto di più quando ne avevo 29, l’attesa dei 30 è stata tremenda. Che dovrà succedere, mi dicevo.
Mi chiameranno signora – già lo facevano a 29 in realtà –. Mi batterò per far tornare il nome “signorina”. Poi quel giorno dei 30 è arrivato, mi sentivo un po’ triste, con un fondo di malinconia. Però il giorno dopo non è successo niente. Così continuo a fare quello che mi pare e gli altri mi giudicheranno come vogliono». Nessuna paura delle attese della società: «Devi fare un figlio, devi sposarti, poter comprare casa, ottenere l’indipendenza. Lo dico senza problemi: sono molto concentrata sulla mia carriera in questo momento, devo approfittare del periodo. Non posso pensare ad avere bambini, neanche un cane posso permettermi, pure se lo vorrei. Mi dicono di prendermi un cane che stia bene in cadavvero...». merino... Ma scherziamo? ci deve essere uno scambio di affetto, non deve essere un sacrificio per la bestiola, è una forma di amore non indifferente».
Maria Chiara ha un papà tecnico informatico e una madre infermiera ed è la più grande di 4 fratelli: una è logopedista, un’ altra commercialista, il più “artistico” è il piccolo: «Mi ha chiesto di recitare in un suo videoclip ed è stato divertente». I genitori l’hanno sempre incoraggiata «e io supplico i genitori di farlo con i loro figli. Dategli un paio d’anni per capire cosa vogliono davvero. La nostra è una generazione così difficile, almeno questo ci va concesso. Tanto ormai viviamo in un mondo dove nemmeno la laurea serve Da 5 anni «quasi 6» ha un fidanzato che fa il regista, più grande di lei. E ci sta bene. Non hanno mai pensato di lavorare assieme «ma se succederà, ci piacerebbe». Lei comunque è lì che vuole arrivare «con calma»: a «scrivere sceneggiature e anche alla regia, perché no, quando sarà il momento». Per adesso però le piacerebbe «trovare delle belle storie, magari delle opere prime, perché chi fa un’opera prima ci mette più trasporto, più passione». In Italia, più che all’estero: «Quando ero più giovane ho avuto la tentazione di andare via dall’Italia ma ora sono convinta che bisogna stare qua, in questo Paese bellissimo, porca miseria: magari si va all’estero, si ruba qualcosa e poi si torna qua». Intanto lei si prepara a debuttare davanti al grande pubblico di un italianissimo e meridionalissimo film di Natale, girato da protagonista con Ficarra e Picone: Santocielo secca.
Registi più grandi di lei, come il suo compagno. Il mondo dei cinquantenni le piace, adora Philip Roth e il cinema di Paul Thomas Anderson. Non esita a dire che le piacerebbe essere stata «una ventenne negli Anni 80». La esalta «il mangianastri» e ancora si sconvolge che amiche nate nel 1997 «neppure sanno cosa sia». I bambini la adorano ricambiati, lei adora i suoi coetanei incasinati nella vita, ma attenzione: non parlatele dei ventenni. «Noi abbiamo una malinconia nostalgica che ci dà anche una spinta creativa credo. Loro... non li voglio giudicare. Diciamo che ho proprio problemi ad entrarci in comunicazione». Addirittura? «Non mi ci trovo a scherzare come faccio con le persone adulte. L’ironia dei giovanissimi è proprio diversa. Lo vedo dall’effetto che hanno le cose che dico e io non mi capacito: ma ragazzi... Però un pregio ce l’hanno, un qualcosa in più rispetto a noi, ed è la spensieratezza. Vivono una crisi sociale ed economica enorme ma non gliene frega niente. Sono una generazione di rottura, dicono “Non mi interessa quel che sarà”. Si prendono un rischio forte a essere così. Rischiare è bello ma alla fine ti può portare tanto tanto ma anche molto poco, un meno meno meno».