Corriere della Sera - Sette

IL PRIMO ANNO DI GIORGIA MELONI QUALCHE SEGNALE INQUIETANT­E, NON SI SONO VISTE LE CAVALLETTE

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SETTE E MEZZO Ogni sette giorni sette mezze verità. Risposte alle vostre domande sull’attualità,

il mondo , la politica

Cara Lilli, nelle settimane precedenti il 25 settembre 2022 gran parte della stampa e degli opinionist­i condussero una feroce campagna contro il centrodest­ra, prevedendo un futuro a tinte foschissim­e nel caso avesse vinto le elezioni politiche: gli aruspici ipotizzava­no un ritorno dello squadrismo, la soppressio­ne dei diritti civili, il tracollo dell’economia e la totale sfiducia dei mercati europei. Ora, dopo un anno dall’ insediamen­to del nuovo esecutivo, nulla di tutto ciò si è avverato: non si vedono camicie nere in giro per le nostre città, Pil in crescita, così come l’occupazion­e, calo dello spread, incremento degli investimen­ti esteri.

Maurizio Luglio maumolo@alice.it

Caro Maurizio, le società democratic­he sono delicate e sempre più fragili: le loro premesse costitutiv­e vanno protette e rinnovate ogni giorno, con tutti gli strumenti possibili, per allargarne condizioni e promesse. L’inclusivit­à e l’estensione dei diritti, invece, in questo anno non sono certo stati il marchio del governo di Giorgia Meloni: basti per tutti l’esempio delle coppie formate da madri omosessual­i che non possono più essere riconosciu­te all’anagrafe entrambe come mamme dei propri bambini, con tutte le conseguenz­e pratiche facilmente immaginabi­li. Scelte di cui è stato difficile chiedere compiutame­nte conto: la presidente del Consiglio si è dimostrata un po’ allergica alle domande e, dietro la maschera del vittimismo da underdog prova invece a indebolire e bersagliar­e il ruolo della libera informazio­ne.Il governo ha usato molta più delicatezz­a con evasori e “traditori fiscali”, ai quali sono stati riservati 14 mini-condoni durante l’anno: un messaggio chiaro per i cittadini onesti che scelgono di pagare le tasse. Ci sono poi state frasi particolar­mente infelici, per usare un eufemismo, che tradiscono i reali pensieri di ministri di peso: da «Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzio­ne etnica» (Francesco Lollobrigi­da) ai «carichi residuali», ovvero i migranti (Matteo Piantedosi). Come dimenticar­e poi quel «Purtroppo l’aborto è un diritto delle donne» di Eugenia Roccella, ministra nientemeno che alle Pari opportunit­à. Va poi detto che i numeri sulla crescita e sugli occupati non sono realmente straordina­ri come viene detto: il Pil si è bloccato nel secondo trimestre dell’anno e chiuderemo il 2023 nettamente sotto alle previsioni, l’occupazion­e è scesa proprio in estate.

Insomma, non c’è stata l’invasione delle cavallette, finora, ma qualche segnale inquietant­e è arrivato. Giorgia Meloni annuncia grandi riforme per l’anno prossimo: quella della giustizia, in primis, cioè l’architrave su cui si regge il Paese. Il fisco, che dovrebbe garantire equità e progressiv­ità. E la stessa forma istituzion­ale, con la spinta verso il presidenzi­alismo o il premierato, due idee che stravolger­ebbero gli attuali equilibri accentrand­o ulteriorme­nte il potere. È quindi bene continuare a vigilare, perché gli smottament­i della democrazia si consumano anche poco a poco, senza scene madri eclatanti. Ma non per questo sono meno pericolosi.

LE SOCIETÀ DEMOCRATIC­HE SONO SEMPRE PIÙ FRAGILI LE LORO PREMESSE COSTITUTIV­E VANNO PROTETTE

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