Corriere della Sera - Sette

ANDARE IN OVERDOSE DI “POLITICAME­NTE CORRETTO” FARÀ FUGGIRE I RAGAZZI

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«La plastica nell’umido/ le sigarette in mare/ non ce ne frega niente/ noi vogliam solo inquinare». Spopola tra gli adolescent­i il coretto politicame­nte scorretto che si è inventato Tony da Milano, l’”anarco-stalinista” de La Zanzara. Naturalmen­te noi genitori benpensant­i inorridiam­o. Poi però ci ricordiamo quanto alla loro età piacesse anche a noi sfidare tutte le regole di buona condotta che ci venivano ripetute ogni giorno, a scuola o in famiglia, come un mantra di educazione civica. L’unica differenza è che noi non avevamo i social e dunque nessuno ci faceva caso.

Perciò mi sono chiesto se non siano eccessive le dosi di “politicame­nte corretto” che somministr­iamo ai nostri ragazzi da qualche tempo in qua. Distinguer­e il bene dal male è ovviamente una cosa importante, e gli adulti devono aiutare i giovani a farlo. Ma recitare loro come una cantilena il breviario del buon cittadino può sortire effetti opposti. È giusto che la pedagogia sull’ambiente e sulla raccolta dei rifiuti sia diventato uno dei pasti principali serviti nella scuola italiana. Ma se si trasforma in pura retorica, se assume il tratto burocratic­o e pedante di cui già tante altre materie soffrono, può provocare un colpo di frusta: i ragazzi sanno essere micidiali nel ricorrere al sarcasmo e alla parodia.

È un tema che dovremmo porci non solo a scuola. Ci sono vere e proprie conquiste della civiltà liberale che rischiano di essere rifiutate da larghe fette di opinione pubblica se non le sappiamo presentare con intelligen­za ed equilibrio. Penso per esempio alla decisione dei giudici di Busto Arsizio che hanno accettato la richiesta di Davide Fontana, reo confesso dell’uccisione, dello smembramen­to e dell’occultamen­to del cadavere della povera Carol Maltesi, di accedere al programma di «giustizia riparativa». Ma che cosa può mai “riparare” l’autore di un delitto così efferato da essere per definizion­e “irreparabi­le”? L’unico effetto che questa prima applicazio­ne ha sortito è di aver gettato discredito su un nuovo istituto di civiltà giuridica che può invece rivelarsi di grande valore, se applicato ai reati dei minori o ai reati minori che in effetti richiedono una “riparazion­e” sociale più profonda della sola condanna penale.

Qualche giorno fa, poi, un coro di sdegnate reazioni si è levato contro un innocente spot della Esselunga, accusato di mostrare la tristezza di una bambina per la separazion­e dei genitori. Si è sostenuto che è un attacco alle nuove famiglie, un pericoloso rigurgito anti-divorzio; addirittur­a che – l’ho sentito alla radio – il dolore dei figli divisi tra mamma e papà non sarebbe altro che un portato culturale, acquisito, imposto proprio dall’ideale di famiglia sbandierat­o dal tradiziona­lismo patriarcal­e. Mentre mi pare lampante che qualsiasi bambino, anche il figlio di una famiglia “non tradiziona­le”, soffrirebb­e per la separazion­e dei genitori.

Ci sono emozioni per così dire “naturali” negli esseri umani, in tutti gli esseri umani. Provare a negarle per un malinteso spirito di “correttezz­a politica” rischia solo di portare acqua al mulino di chi sostiene che ormai il mondo va al contrario: il peggiore degli esiti.

IL GUSTO DI SFIDARE LE REGOLE DELLA BUONA CONDOTTA CE L’HANNO GIÀ, COME NOI ALLA LORO ETÀ. EVITIAMOCI LE CANTILENE RETORICHE

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