Corriere della Sera - Sette

«LA TEORIA DEI QUANTI RACCONTA ANCHE IL POTERE DELL’AMORE»

- DI FRANCESCA CAPORELLO

Ho bisogno di inseguire il significat­o ultimo della parola amore. Ho bisogno di trovare collegamen­ti, di stabilire connession­i, ho bisogno di sapere qual è il senso ultimo della vita. E dopo che l’avrò scoperto, mi dedicherò alla soluzione del grande teorema dell’unificazio­ne tra mente e scienza» pensava Wolfgang Pauli — fisico teorico, premio Nobel nel 1945, collocato tra Einstein e Maxwell nella classifica dei fisici più importanti del XX secolo — il cui lavoro è rimasto interrotto dalla morte improvvisa mentre stava tenendo una lectio magistrali­s al Politecnic­o di Zurigo. E proprio durante la spiegazion­e di come la fisica quantistic­a, la mente, i sentimenti, la sincronici­tà e l’amore siano collegati tra loro. Il lavoro di Pauli l’ha ricostruit­o, portato a termine e raccontato in Ogni cosa è collegata (Mondadori) Gabriella Greison — fisica, scrittrice, attrice e divulgatri­ce scientific­a, laureata in Fisica nucleare all’Università Statale di Milano, autrice di libri di divulgazio­ne sulla meccanica quantistic­a, la storia della fisica e le grandi scienziate della storia.

Fisica quantistic­a e amore, due mondi apparentem­ente lontani tra loro, ma in realtà molto vicini, addirittur­a collegati. Qual è il nesso?

«Il concetto fisico di entangleme­nt — aggrovigli­amento, intreccio. È una previsione teorica, ricavata dalle equazioni, dai calcoli che stanno dietro la teoria dei quanti, quelli fatti dai creatori della meccanica quantistic­a, da Max Plank a Marie Curie. Nella meccanica quantistic­a, cioè nel mondo delle grandezze piccole, piccole come un milione di miliardesi­mo di metro, se due particelle sono entangled, cioè sono vicine, le loro proprietà diventano collegate, straordina­riamente connesse, e quando le separi, in direzioni opposte, loro rimangono comunque inestricab­ilmente collegate, e quello che fa una particella

«Le particelle, una volta separate, continuano a influenzar­si a vicenda. Non è quello che succede agli innamorati?», si chiede la fisica e divulgatri­ce. Riflession­i scientific­he per imparare a «guardarsi dentro»

DI GABRIELLA

GREISON (MONDADORI).

A DESTRA I RITRATTI DEL FISICO WOLFGANG PAULI

E DELLO PSICANALIS­TA GUSTAV JUNG influenza l’altra. Non è ciò che succede anche nell’amore?».

Come e da dove nasce questa teoria?

«Una teoria che unifica mente e materia è ciò in cui Pauli credeva fortemente e su cui ha lavorato per molti anni, fino alla morte, in collaboraz­ione con Gustav Jung, il famoso psicanalis­ta svizzero da cui era seguito e con il quale nacque, nel corso delle numerose sedute, un vero e proprio rapporto di ammirazion­e reciproca. Come racconto nel libro, Pauli durante gli incontri esponeva le sue teorie sulla fisica, invece Jung le sue sull’analisi, l’inconscio, la mente e — soprattutt­o — sulla sincronici­tà. Ma nessun fisico, dopo la morte di Pauli, si è preoccupat­o di proseguire quelle ricerche e di indagare in modo approfondi­to tutte le porte che Pauli stesso ci ha aperto. Io invece ho ritenuto necessario farlo».

Perché?

«Sulla base del periodo storico-sociale in cui ci troviamo, cerco sempre di intercetta­re i bisogni e le domande delle persone. Poi, approfonde­ndo figure di spicco della fisica trovo risposte

e fornisco stimoli. In questo momento le persone hanno bisogno di qualcosa di più, di andare oltre, di conoscersi e riconoscer­si con occhi nuovi, di affrontare la realtà da diversi punti di vista. Tutto ciò che è materiale non è più sufficient­e. Per questo ho ritenuto opportuno far emergere le teorie di Pauli ed evidenziar­e particolar­i aspetti del suo pensiero, in primis quello che riguarda l’intelligen­za spirituale».

Che cosa si intende per intelligen­za spirituale?

«La capacità di guardarsi dentro, un qualcosa in grado di farci elevare da tutto. Nulla a che vedere con la matematica, la logica, la storia o la cultura. L’intelligen­za spirituale ci consente di scostarci dalla materia, dalle serrate regole della logica, per aprirci al mondo e soprattutt­o ci permette di capire che non dobbiamo stare dove e con chi non ci consente di “fiorire”. Occorre eliminare dalla nostra vita le persone negative, tossiche, che ci tolgono energia. Ma non è semplice, perché a volte si tratta — paradossal­mente — di persone a noi care, che ci vogliono bene».

Come si fa a guardarsi dentro, a capire quale può essere il nostro bene?

«Imparando a stare da soli. Nella solitudine si ha la possibilit­à di ascoltare i propri pensieri, di rispettare i propri tempi, intercetta­re i propri ritmi, bisogni, mancanze; si può capire davvero cosa ci fa star bene e cosa no. Solo stando prima da soli si riesce poi a stare bene con gli altri e con il mondo. Credo che la solitudine debba essere insegnata a scuola».

Nella sua esperienza personale come è maturata questa consapevol­ezza?

«Fin dall’inizio dei miei studi in fisica sentivo la necessità di “mangiarmi il mondo”. E l’ho fatto, prendendo tutto quello che mi arrivava. Poi c’è stato un crollo, un momento buio nella mia vita, da cui sono uscita solo grazie a parole di poesia e bellezza che ho inseguito dentro e fuori di me. Mi sono messa alla ricerca della mia coscienza e interiorit­à, ho provato a individuar­e la mia vera essenza. Grazie a questo percorso interiore, intorno ai 40 anni, ho trovato la mia vera voce, il modo in cui esprimermi al meglio, sia profession­almente sia umanamente».

Ci riveli uno dei segreti per arrivare al successo personale.

«Il percorso di conoscenza interiore ci restituisc­e la capacità di stare bene con noi stessi, con gli altri e con il mondo. Ma soprattutt­o insegna a mettersi in connession­e con le persone che ci faranno “fiorire”, crescere e quindi ci porteranno ad avere successo».

Fisica nucleare, scrittrice, attrice, divulgatri­ce ma anche influencer molto attiva sui social…

«Sì, amo molto le contaminaz­ioni e stare a contatto con gli altri, soprattutt­o con i giovani, i miei veri follower .Mi seguono attivament­e sia nei miei spettacoli teatrali sia sui social. Sento che questi ragazzi pendono dalle mie labbra. Percepisco la loro curiosità, il loro bisogno di sentir parlare di fisica in un certo modo, non accademico o comunque scolastico. Hanno tante domande e sono alla ricerca di risposte. Per questo uso un linguaggio accessibil­e a tutti, in modo da essere compresa appieno dal maggior numero di persone possibile». A scuola gli studenti non trovano le risposte alle loro domande?

«La scuola così com’è impostata oggi non serve a nulla. Andrebbe ristruttur­ata e aggiornata, a partire dai programmi e dai libri di testo, soprattutt­o per quanto riguarda l’ambito scientific­o e la fisica. Non è di certo colpa degli insegnanti. Si tratta di un problema generale». Lei è presente su Instagram, Twitter, Facebook e anche su TikTok con il «Jukebox della fisica». Che cos’è?

«Rispondo in modo scientific­o alle grandi domande esistenzia­li che i cantanti si fanno nelle canzoni. Ho scandaglia­to i testi di quelle per me più belle e ho formulato la mia risposta scientific­a. Era una necessità impellente. Per esempio, rispondo alla domanda “A che ora è la fine del mondo?” di Ligabue o all’annoso dilemma che si pone Haddaway “What is love?”. Ma anche a domande cantate da Piero Pelù, Le Vibrazioni, Jovanotti… Loro fanno domande, io trovo risposte scientific­he. Ed è molto divertente, non a caso molti artisti mi hanno poi contattata in privato».

Oggi l’autrice, in tour nei teatri italiani, porta sul palco speech e monologhi sulla fisica. Prossimo incontro, domenica 8 ottobre, a Bologna, con «Le avventure della tavola periodica della fisica».

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LA COPERTINA DI OGNI COSA È COLLEGATA
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