«ORMAI PARLIAMO SOLO DI LAVORO, TASSE E MUTUI IL ROMANTICISMO È DA 20ENNI»
Il comico multipiattaforma, alla vigilia della partenza del suo tour teatrale, si racconta. «Sognavo di fare il comico negli Usa, sono tornato. Mio padre mi scrive solo messaggi con battute». «Il più bravo? Pif»
Luca Ravenna, 36 anni, comico multipiattaforma, dai teatri alla tv, passando per i podcast, fa capolino dallo schermo con una tshirt bianca e rossa. «Scusate il ritardo, la preparazione della tournée mi sta sfidando, soprattutto fisicamente. Vengo da un mese di prove in giro per l’Italia. È tutto bellissimo, ma avrei da dire qualcosa sui trasporti, in particolare i treni. Oggi ho assistito a una scena incredibile. Il carrello delle bevande stava per investire un cane. Ok, l’Italia è il Paese più bello del mondo, ma ogni tanto vorrei potermi teletrasportare». La tournée in questione è Red Sox, atteso ritorno sul palco, 50 date tra l’autunno e la primavera, prodotto e distribuito da Trident Music. Nella sua Milano Ravenna sfata il Nemo propheta in patria con ben sette sold out, replicati a Bologna, Torino, Roma e Firenze.
Tra studi di registrazione, televisivi e palco quest’ultimo è la sua dimensione prediletta?
«È il posto in cui sto meglio. Sentire il pubblico cambia l’approccio alle battute, mi piace pensare di poterle reinventare da una sera con l’altra. Magari parto con un obiettivo, poi mi rendo conto di voler andare altrove. Questo mi succede solo con il live».
Come ha lavorato a Red Sox, il titolo è un omaggio all’America?
«Uno spunto sarà proprio il viaggio in America della scorsa estate. Sognavo di andare a fare il comico lì, ma, come vede, sono tornato. Però quello che accade
TRIESTE
Il 16 novembre al Teatro Politeama
Rossetti
ROMA
Dal 23 al 25 novembre all’Auditorium Conciliazione
NAPOLI
Il 27 novembre al Teatro Bellini
GENOVA
Il 12 dicembre al Teatro Politeama Genovese
PALERMO
Il 28 dicembre al Teatro Massimo oltreoceano è sempre fonte di ispirazione».
Altri temi?
«Due grandi passioni italiane: i soldi e i regionalismi. Su questo farò delle rivelazioni scottanti: ho scoperto di avere dei parenti palermitani. Per quanto ci piaccia fare gli esterofili le prese in giro tra regioni e città funzionano sempre. Nulla poi ci infiamma come il risparmio. Indagherò anche un tema che la mia generazione ha completamente dimenticato».
Cioè?
«Il romanticismo. Sono in quell’età in cui l’innamoramento sembra scomparso. Al massimo lo si applica ai figli, se ci sono o si desiderano. Per il resto si parla solo di lavoro, di tasse, di mutui. Per fortuna nel mio pubblico ci sono ragazzi molto giovani, succhio il loro sentimento. Però voglio credere che torneremo a parlare d’amore da cinquantenni, questa è solo una fase».
Cita spesso i suoi genitori nei suoi pezzi.
«Mio padre è il capocomico della famiglia, nonostante abbia lavorato in banca. Per anni sono io che mi sono ispirato a lui e ora, invece, sente la competizione. Mi scrive solo messaggi con battute. Mia madre è da tempo in una fase new age che la rende irresistibile. Ormai è in zona alieni/turbo complottismo. Rido di loro, ma con affetto. Lo sanno, ne sono pure felici. Questa è una chiave importante nella comicità: quando ci si incattivisce troppo con un bersaglio, che sia un personaggio pubblico o una conoscenza privata, si rischia di non fare più ridere.»
ti porti una nuova battuta e vai avanti. È molto peggio quando capita alle medie o al liceo. Sbagliare una gag tra amici mentre si sta formando il tuo carattere può essere umiliante».
Faceva riferimento al suo pubblico giovane, teme mai di dover rincorrere i loro riferimenti per continuare a farli ridere?
«Da ragazzo amavo andare a vedere comici adulti e se non coglievo un riferimento me lo andavo a cercare, così fanno i più giovani oggi. Ai miei spettacoli arrivano persone di età molto diverse e credo ognuno ritrovi qualcosa. Ogni generazione ha i suoi tabù, lo scarto è soprattutto su questo».
E i suoi riferimenti quali sono?
«L’attore e sceneggiatore americano Louis C. K . Sacha Baron Cohen, un genio assoluto, è riuscito a usare il cinema e i media per raccontare il mondo in un modo inedito, in cui è difficile capire cosa sia realtà o finzione. In Italia il più bravo di tutti è Pif. Con Il testimone ha trovato uno stile delicato, con però un’ironia e una comicità molto forti».
Qual è la parte della società che la ispira di più?
«La kryptonite di ogni comico è l’attualità politica. Parlarne in tempo reale è una garanzia. Al contrario può diventare repellente se la si lascia decantare. È insieme divertentissima e difficilissima».
I social aiutano o uccidono la comicità?
«Possono essere una vetrina per il proprio lavoro, una finestra sul mondo per nuove realtà e personaggi, ma anche una immensa perdita di tempo».
È vero che «non si può più dire niente»?
«Dovremmo fare un gioco alla Perfetti sconosciuti, il film di Paolo Genovese, scambiarci i cellulari per vedere non tanto cosa nascondiamo nel nostro privato, ma cosa scriviamo nelle chat con gli amici. Ci accorgeremo di essere meno politically correct di quanto ci percepiamo. Ci offendiamo in modo roboante su cose che ci toccano direttamente o sui valori che condividiamo con la nostra comunità di riferimento, ma, magari, ignoriamo il resto».
Sì può far ridere per sempre?
«Non credo, è fisiologico. Infatti punto a diventare testimonial per una grande azienda e sistemarmi. Noi comici funzioniamo per un principio di vasi comunicanti: ci immergiamo un po’ nella tristezza per ricaricare la parte più divertente. Però arriva un momento in cui la vita rovescia tutto e non sai più da che parte stare. C’è un antidoto..» Quale?
«La curiosità, è quello che ti permette di immergerti dentro le cose. La curiosità ti tiene vivo».