LA MODA COME LIBERTÀ MENTALE IL BRAND-ICONA È TORNATO
Una maxi-palla argentata e la musica a far da collante tra il punk-rock Anni ‘70 e la generazione Z: ragazzi un po’ alieni nel loro spirito introverso romantico che poi però vestono di rosa e rosso, non certo per passare inosservati. Il ritorno di Fiorucci a Milano evoca un’atmosfera da Studio 54, la mitica discoteca di Andy Warhol, ricreata in un ex capannone industriale. D’accordo, si è trattato di un solo giorno: la presentazione della collezione primavera-estate 2024 durante la Milano Fashion Week, ma la strada è tracciata. Le ragazze indossano un micro bustier rosa con il collant pantalone rosso o un completo rosso fuoco con la frangia sul davanti della camicia che disegna un cuore e gli immancabili camperos dalla punta mozzata. Lui arriva con un pigiama rosa. Il nuovo logo è un’orgia di frutta, la dress t-shirt lunga fino ai piedi con le spalline Anni ‘80, la tutina in Lycra con le gelatine colorate replicate all-over. Lui per lei e lei per lui, la moda come connessione, appunto. Il corpo e il vestito, suo massimo alleato, usati come linguaggio, cultura della connessione.
La nuova Fiorucci sarebbe piaciuta assai a Elio, il viaggiatore visionario che ha rappresentato una vera rivoluzione estetico-culturale, oggi più che mai attuale: nella sua immaginazione la moda non scendeva più dall’alto, ma nasceva dal basso, dalle femministe, dalle band dei circuiti underground. Il mitico negozio in Galleria Passerella era un angolo di Carnaby Street, di Time Square, la Pop Art di Andy Warhol e i graffiti di un giovanissimo Keith Haring (chiamato da Elio a dipingerne le pareti), la moda punk di Ossie Clark e Vivienne Westwood, le minigonne di Mary Quant con il loro carico di rivoluzione sessuale.
Il ritorno del marchio è significativo, perché con il suo mondo utopico eppure così reale ha anticipato tutto. «È stato il primo influencer della storia. Stra-moderno, ha creato una community quando Internet non era nemmeno immaginabile», sottolinea Francesca Murri, nuova direttrice creativa del marchio, che dopo la cessione da parte di Elio Fiorucci negli Anni 2000 e svariati passaggi di mano (l’ultimo londinese) ora torna di fatto italiano, acquisito dalla svizzera Dona Bertarelli - fiera delle sue origini romane - sotto la guida del ceo Alessandro Pisani (ex Diesel).
La leggenda di Fiorucci incominciò nel 1965 quando lui sbarcò a Londra, metropoli ebbra di fermenti. Due anni dopo, con l’idea di importare l’innovazione contro-culturale di Carnaby Street, inaugurò il punto di vendita a Milano, che ai tempi era ancora una città industriale: uno spazio mai visto prima. Come gadget un braccialettino-calendario in plastica bianca e rossa ideato per non dimenticare di prendere la pillola anticoncezionale appena arrivata in Italia (e promuoverla era ancora fuori legge). Fu il primo concept-store, anche se solo molti anni dopo sarebbe stato definito così. Vetrine grandi come non si erano mai viste, luci e musica: una sorta di luna-park dove i giovani avevano trovato il loro posto. Negli anni della contestazione, attirava ragazzi in jeans Wrangler e Lee (o Levi’s) e zatteroni con la frutta di Elio. A Fiorucci e al suo complice Oliviero Toscani si devono anche le prime pubblicità di grande impatto, spesso giudicate scandalose. «Abbiamo realizzato molte cose. Ne abbiamo pensate altre che non erano concrete», ricorda il fotografo nella biografia (Ne ho fatte di tutti i colori). «Non sapevamo cosa volessero dire. È proprio così che si possono scoprire nuove dimensioni. Era questa la bellezza di lavorare con Elio». Quando a New York replicò il suo mondo, c’era anche una giovane Madonna che si era innamorata dei jeans e delle t-shirt con i due angioletti (logo fiorucciano disegnato da Italo Lupi). Lo ribattezzarono lo Studio 54 diurno, perché del resto fu proprio Warhol, quando inaugurò la sua celebre discoteca, a chiedere a Fiorucci di contribuire alla festa. Warhol per lui disegnò quelle stampe con le banane gialle camouflage trasformate in moda irriverente e ironica, «il cui compito era prima di tutto quello di esprimere libertà mentale», ricorda Francesca Murri. La designer le ha riprese insieme con i lecca-lecca, le bocche replicate, il cibo. «Ho trovato un mondo infinito al quale mi sono avvicinata con umiltà», osserva indicando le frasi di Elio ricamate sulle t-shirt: «Viva il sole».