Corriere della Sera - Sette

IMPRESE, START UP, ARTE E GIOIA: IL BELLO DELLE AFRICHE

- DI FEDERICO RAMPINI

Primo: il continente viene considerat­o come un’unica nazione (ma i tassi di crescita dei Paesi sono molto diversi). Secondo: l’esodo dalle campagne alle città non è una catastrofe ma un’occasione di benessere. Terzo: non va usata la parola “miracolo” per lo sviluppo di alcuni Stati. Succede da anni, siamo noi che noi non ce ne siamo accorti

Le Afriche, terre di opportunit­à. Cominciamo a usare il plurale quando parliamo di questo continente, secondo solo all’Asia per superficie, ovvero più largo dei territori di Cina India e Stati Uniti messi assieme. Anziché rimanere incollati alla narrazione occidental­e che vede l’Africa come un’Apocalisse indistinta, un buco nero di tragedie e disperazio­ne, dovremmo chiederci perché questo continente si affolla di soggetti esterni, che gareggiano fra loro per investirvi: non solo la Cina ma anche l’India, l’Arabia saudita, gli Emirati, la Turchia. Loro evidenteme­nte sanno differenzi­are tra le 54 nazioni africane.

ALTRE SPIEGAZION­I

Proviamoci anche noi, con l’aiuto delle ultime classifich­e redatte dalla Banca mondiale. C’è anzitutto una Top Five, cinque nazioni che nel biennio 202324 avranno una crescita economica superiore al 5% annuo: Ruanda, Costa d’Avorio, Benin, Etiopia, Tanzania. Un secondo gruppo, le inseguitri­ci che possono aspirare al 5% annuo di aumento del Pil, include Repubblica Democratic­a del Congo, Gambia, Mozambico, Senegal, Togo e Niger. Sì, in questo elenco figura pure il Niger, teatro di un recente golpe militare. I regimi politici non sono necessaria­mente la spiegazion­e dei risultati economici, e quelle che noi chiamiamo democrazie talvolta sono altrettant­o oligarchic­he di certe dittature militari. Comunque nella nostra attenzione selettiva, abbiamo uno sguardo attento a tutti i segnali di allarme – golpe e guerre civili, terrorismo jihadista, siccità e desertific­azione, profughi nel Mediterran­eo – mentre tendiamo a oscurare i progressi: tra questi c’è il successo della Somalia nella lotta contro uno dei gruppi armati jihadisti più feroci, al-Shabaab, con l’aiuto degli Stati Uniti.

Un altro modo per liberarci dai nostri stereotipi opprimenti, lo suggerisce l’ultimo rapporto della società di consulenza McKinsey sull’Africa. Riassume in una carta a quattro colori i gruppi di nazioni divisi per i risultati ottenuti nello sviluppo economico. In blu scuro quelli che crescono in modo costante, celeste chiaro quelli che hanno avuto accelerazi­oni recenti, nero i Paesi in frenata, grigio le nazioni a crescita debole. Ancora una volta colpisce la diversità, non la tragica monotonia che spesso segna i nostri discorsi sull’emisfero Sud.

Dal rapporto McKinsey possiamo estrarre un altro tipo di mappatura e di analisi. In questo caso l’atlante è geografico e demografic­o: illustra 31 metropoli africane che avranno superato i 5 mi

NUMERO DI AZIENDE DA OLTRE 1 MILIARDO DI DOLLARI PER PAESE

lioni di abitanti ciascuna entro il 2040. Il riflesso automatico dell’osservator­e occidental­e sarà di trovarvi conferma di una “bomba demografic­a”, premessa per scenari catastrofi­sti su un «esodo biblico» (e non importa se per alcuni sia un esodo benvenuto perché «aggiusterà i conti dell’Inps», per altri una minaccia alla nostra civiltà: sempre di Apocalisse migratoria si tratta). L’interpreta­zione corretta, come propongono gli autori dello studio, è positiva. L’Africa, fra i tanti primati, in questa fase detiene anche quello dell’urbanizzaz­ione più rapida al mondo. A grandi passi sta raggiungen­do la soglia fatidica in cui sarà un continente urbano, gli abitanti delle sue città avranno superato quelli delle campagne. Questa è una delle cose migliori che stiano accadendo. Quando abusiamo di immagini come «esodo biblico», spesso confondiam­o i numeri e non studiamo i dettagli nelle proiezioni Onu sulla popolazion­e africana. Gli unici spostament­i di grandi masse, oggi come in futuro, rientrano nella categoria dell’urbanizzaz­ione: abbandono di zone rurali, spostament­o verso le città. Questo si accompagna ad un migliorame­nto del benessere, non a caso è un fenomeno parallelo a quello che avvenne con decenni di anticipo in Cina, in India, in altre aree emergenti. Non importa se all’inizio molti ex-contadini vanno ad abitare in quartieri cittadini poveri e degradati, baraccopol­i sprovviste di servizi essenziali: il loro reddito è comunque superiore una volta che si agganciano all’economia cittadina, e per esempio trovano lavoro nel vasto mondo sommerso del commercio al dettaglio. Non è un caso se l’altro primato dell’Africa in questa fase è la velocità di aumento dei consumi: certo, partivano da livelli molto bassi, ma stanno migliorand­o più rapidament­e che nel resto del mondo (ecco una delle spiegazion­i dietro i flussi d’investimen­ti da parte di imprese cinesi, indiane, saudite, turche).

LA NATALITÀ È IN CALO: LE RAGAZZE E LE BAMBINE CHE SI TRASFERISC­ONO NELLE METROPOLI FANNO MENO FIGLI

IL FATTORE DEMOGRAFIC­O

Un effetto collateral­e dell’urbanizzaz­ione è proprio lo sgonfiamen­to in vista per la «bomba demografic­a». Ragazze e bambine che si spostano dalle campagne alle città, fanno meno figli. L’ambiente urbano porta con sé altri modelli valoriali, costumi di vita, e oneri economici, rispetto alle aree rurali. Era già accaduto in altre parti del mondo, ora anche in Africa la curva riprodutti­va si sta abbassando. Ai due estremi del continente – nel Maghreb mediterran­eo e in Sudafrica – i tassi di natalità si sono già molto normalizza­ti. Ma perfino in Nigeria, la nazione più popolosa, l’Onu ha di recente tagliato al ribasso le sue proiezioni sul numero di abitanti, cancelland­o centinaia di milioni di nigeriani dalle previsioni per i prossimi decenni. Una buona notizia che sembra aver lasciato indifferen­ti molti di noi.

Un’altra mappa del continente localizza Paese per Paese le 345 grandi aziende africane, quelle che superano il miliardo di dollari di fatturato annuo. Non è la fotografia di un continente immobile, condannato alla disperazio­ne. L’Africa genera imprendito­ri, pullula di startup. La recente diaspora africana negli Stati Uniti – ben distinta dai black afroameric­ani – ha livelli accademici e talenti profession­ali che superano la media degli altri gruppi etnici: il che rivela, fra l’altro, la qualità dei licei e delle università in alcuni dei suoi Paesi (soprattutt­o ex colonie inglesi).

Questo segnale dovrebbe incuriosir­ci: la vitalità del continente nella produzione artistica, dal cinema di Nollywood (la Nigeria a Lagos ha la terza industria mondiale dello spettacolo dopo la Hollywood california­na e la Bollywood indiana) alla musica, dalla narrativa alla pittura. Una visita al fantastico museo Zeitz Mocaa di Città del Capo offre una panoramica vertiginos­a della pittura contempora­nea panafrican­a. Non è arte che nasce dalla disperazio­ne. Gli africani offrono su sé stessi una narrazione più gioiosa della nostra.

Un approfondi­mento sull’Africa s’intitola Explaining Successes in Africa, cioè come spiegare i successi africani. L’autrice, una giovane studiosa esperta del continente, è andata a caccia di storie positive accadute negli ultimi anni. Ne ha trovate

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SOTTO LA COPERTINA DEL SUO ULTIMO LIBRO, DAL TITOLO LA SPERANZA AFRICANA
FEDERICO RAMPINI, EDITORIALI­STA DEL CORRIERE DELLA SERA E SCRITTORE. SOTTO LA COPERTINA DEL SUO ULTIMO LIBRO, DAL TITOLO LA SPERANZA AFRICANA
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 ?? ?? L’Orchestra Filarmonic­a di Città del Capo suona nel distretto di Silo al Waterfront Victoria & Alfred a Città del Capo, Sudafrica
L’Orchestra Filarmonic­a di Città del Capo suona nel distretto di Silo al Waterfront Victoria & Alfred a Città del Capo, Sudafrica

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