IMPRESE, START UP, ARTE E GIOIA: IL BELLO DELLE AFRICHE
Primo: il continente viene considerato come un’unica nazione (ma i tassi di crescita dei Paesi sono molto diversi). Secondo: l’esodo dalle campagne alle città non è una catastrofe ma un’occasione di benessere. Terzo: non va usata la parola “miracolo” per lo sviluppo di alcuni Stati. Succede da anni, siamo noi che noi non ce ne siamo accorti
Le Afriche, terre di opportunità. Cominciamo a usare il plurale quando parliamo di questo continente, secondo solo all’Asia per superficie, ovvero più largo dei territori di Cina India e Stati Uniti messi assieme. Anziché rimanere incollati alla narrazione occidentale che vede l’Africa come un’Apocalisse indistinta, un buco nero di tragedie e disperazione, dovremmo chiederci perché questo continente si affolla di soggetti esterni, che gareggiano fra loro per investirvi: non solo la Cina ma anche l’India, l’Arabia saudita, gli Emirati, la Turchia. Loro evidentemente sanno differenziare tra le 54 nazioni africane.
ALTRE SPIEGAZIONI
Proviamoci anche noi, con l’aiuto delle ultime classifiche redatte dalla Banca mondiale. C’è anzitutto una Top Five, cinque nazioni che nel biennio 202324 avranno una crescita economica superiore al 5% annuo: Ruanda, Costa d’Avorio, Benin, Etiopia, Tanzania. Un secondo gruppo, le inseguitrici che possono aspirare al 5% annuo di aumento del Pil, include Repubblica Democratica del Congo, Gambia, Mozambico, Senegal, Togo e Niger. Sì, in questo elenco figura pure il Niger, teatro di un recente golpe militare. I regimi politici non sono necessariamente la spiegazione dei risultati economici, e quelle che noi chiamiamo democrazie talvolta sono altrettanto oligarchiche di certe dittature militari. Comunque nella nostra attenzione selettiva, abbiamo uno sguardo attento a tutti i segnali di allarme – golpe e guerre civili, terrorismo jihadista, siccità e desertificazione, profughi nel Mediterraneo – mentre tendiamo a oscurare i progressi: tra questi c’è il successo della Somalia nella lotta contro uno dei gruppi armati jihadisti più feroci, al-Shabaab, con l’aiuto degli Stati Uniti.
Un altro modo per liberarci dai nostri stereotipi opprimenti, lo suggerisce l’ultimo rapporto della società di consulenza McKinsey sull’Africa. Riassume in una carta a quattro colori i gruppi di nazioni divisi per i risultati ottenuti nello sviluppo economico. In blu scuro quelli che crescono in modo costante, celeste chiaro quelli che hanno avuto accelerazioni recenti, nero i Paesi in frenata, grigio le nazioni a crescita debole. Ancora una volta colpisce la diversità, non la tragica monotonia che spesso segna i nostri discorsi sull’emisfero Sud.
Dal rapporto McKinsey possiamo estrarre un altro tipo di mappatura e di analisi. In questo caso l’atlante è geografico e demografico: illustra 31 metropoli africane che avranno superato i 5 mi
NUMERO DI AZIENDE DA OLTRE 1 MILIARDO DI DOLLARI PER PAESE
lioni di abitanti ciascuna entro il 2040. Il riflesso automatico dell’osservatore occidentale sarà di trovarvi conferma di una “bomba demografica”, premessa per scenari catastrofisti su un «esodo biblico» (e non importa se per alcuni sia un esodo benvenuto perché «aggiusterà i conti dell’Inps», per altri una minaccia alla nostra civiltà: sempre di Apocalisse migratoria si tratta). L’interpretazione corretta, come propongono gli autori dello studio, è positiva. L’Africa, fra i tanti primati, in questa fase detiene anche quello dell’urbanizzazione più rapida al mondo. A grandi passi sta raggiungendo la soglia fatidica in cui sarà un continente urbano, gli abitanti delle sue città avranno superato quelli delle campagne. Questa è una delle cose migliori che stiano accadendo. Quando abusiamo di immagini come «esodo biblico», spesso confondiamo i numeri e non studiamo i dettagli nelle proiezioni Onu sulla popolazione africana. Gli unici spostamenti di grandi masse, oggi come in futuro, rientrano nella categoria dell’urbanizzazione: abbandono di zone rurali, spostamento verso le città. Questo si accompagna ad un miglioramento del benessere, non a caso è un fenomeno parallelo a quello che avvenne con decenni di anticipo in Cina, in India, in altre aree emergenti. Non importa se all’inizio molti ex-contadini vanno ad abitare in quartieri cittadini poveri e degradati, baraccopoli sprovviste di servizi essenziali: il loro reddito è comunque superiore una volta che si agganciano all’economia cittadina, e per esempio trovano lavoro nel vasto mondo sommerso del commercio al dettaglio. Non è un caso se l’altro primato dell’Africa in questa fase è la velocità di aumento dei consumi: certo, partivano da livelli molto bassi, ma stanno migliorando più rapidamente che nel resto del mondo (ecco una delle spiegazioni dietro i flussi d’investimenti da parte di imprese cinesi, indiane, saudite, turche).
LA NATALITÀ È IN CALO: LE RAGAZZE E LE BAMBINE CHE SI TRASFERISCONO NELLE METROPOLI FANNO MENO FIGLI
IL FATTORE DEMOGRAFICO
Un effetto collaterale dell’urbanizzazione è proprio lo sgonfiamento in vista per la «bomba demografica». Ragazze e bambine che si spostano dalle campagne alle città, fanno meno figli. L’ambiente urbano porta con sé altri modelli valoriali, costumi di vita, e oneri economici, rispetto alle aree rurali. Era già accaduto in altre parti del mondo, ora anche in Africa la curva riproduttiva si sta abbassando. Ai due estremi del continente – nel Maghreb mediterraneo e in Sudafrica – i tassi di natalità si sono già molto normalizzati. Ma perfino in Nigeria, la nazione più popolosa, l’Onu ha di recente tagliato al ribasso le sue proiezioni sul numero di abitanti, cancellando centinaia di milioni di nigeriani dalle previsioni per i prossimi decenni. Una buona notizia che sembra aver lasciato indifferenti molti di noi.
Un’altra mappa del continente localizza Paese per Paese le 345 grandi aziende africane, quelle che superano il miliardo di dollari di fatturato annuo. Non è la fotografia di un continente immobile, condannato alla disperazione. L’Africa genera imprenditori, pullula di startup. La recente diaspora africana negli Stati Uniti – ben distinta dai black afroamericani – ha livelli accademici e talenti professionali che superano la media degli altri gruppi etnici: il che rivela, fra l’altro, la qualità dei licei e delle università in alcuni dei suoi Paesi (soprattutto ex colonie inglesi).
Questo segnale dovrebbe incuriosirci: la vitalità del continente nella produzione artistica, dal cinema di Nollywood (la Nigeria a Lagos ha la terza industria mondiale dello spettacolo dopo la Hollywood californiana e la Bollywood indiana) alla musica, dalla narrativa alla pittura. Una visita al fantastico museo Zeitz Mocaa di Città del Capo offre una panoramica vertiginosa della pittura contemporanea panafricana. Non è arte che nasce dalla disperazione. Gli africani offrono su sé stessi una narrazione più gioiosa della nostra.
Un approfondimento sull’Africa s’intitola Explaining Successes in Africa, cioè come spiegare i successi africani. L’autrice, una giovane studiosa esperta del continente, è andata a caccia di storie positive accadute negli ultimi anni. Ne ha trovate