Corriere della Sera - Sette

L’80% DEI NOBEL SCIENTIFIC­I VIENE ASSEGNATO A UOMINI CHE MESSAGGIO ARRIVA A CHI STUDIA?

- DI ANNA MELDOLESI DI CHIARA LALLI

Katalin Karikó, una delle due vincitrici di quest’anno, è l’esempio vivente del cono d’ombra nel quale lavorano le ricercatri­ci. Tra le ragioni principali del gender gap, che in questo caso non riflette la realtà, c’è un dato semplice: le donne che hanno una propria voce su Wikipedia sono pochissime. Esempi: Donna Strickland, che stava per essere cancellata perché «poco famosa» (poi premiata), le italiane Silvia Priori e Annamaria Colao

Parlarne o non parlarne, questo è il problema. Ogni anno, quando arriva la stagione dei Nobel, più o meno silenziosa­mente faccio la conta. 2023: mettendo insieme medicina, fisica e chimica hanno vinto sei uomini e due donne (Katalin Karikό per i vaccini a RNA e Anne L’Huillier per il comportame­nto degli elettroni, congratula­zioni!). 2022: una sola scienziata premiata (la chimica Carolyn Bertozzi). 2021: zero donne incoronate nelle discipline scientific­he (no comment). 2020: tre scienziate, praticamen­te un miracolo (le inventrici delle forbici genetiche Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentie­r, più l’astrofisic­a Andrea Ghez).

Per farla breve, ogni anno la probabilit­à che i fisici, i chimici e gli economisti premiati siano tutti uomini supera l’80% (per la medicina va un po’ meglio). Qualche progresso inizia a vedersi, ma accade troppo poco e troppo piano, nonostante i correttivi introdotti nel 2019 nella selezione delle candidatur­e. E allora, se torniamo a sollevare il problema sembrerà che facciamo la solita lagna? Ha ragione chi dice che quando una scienziata viene finalmente premiata non bisogna far notare che

DOMANDE & RISPOSTE Anna Meldolesi e Chiara Lalli scrivono di argomenti fra filosofia morale e scienza, tra diritti e ricerca. Due punti di vista diversi per disciplina, ma affini

per metodo

A 16 anni legge un libro di Hans Selye, un medico di origini viennesi e padre delle ricerche sullo stress, il cui mantra era di concentrar­si sulle cose che si possono cambiare. Lo racconta al telefono Katalin Karikó subito dopo aver vinto il Nobel per la fisiologia o la medicina (First reactions. Telephone interview; è sul sito del Nobel). Tanti rinunciano, continua Karikó, perché magari vedono le altre persone fare carriera e fare soldi e hanno l’impression­e che quei soldi e quelle promozioni siano arrivati nonostante facciano meno o poco. Ecco, se cominci a notare una cosa del genere ti sei già distratto da quello che puoi cambiare e non è il caso di perdere tempo a chiedersi “perché a me no?” ma piuttosto è bene concentrar­si su “e ora, cosa posso fare?”.

Sembra facile ora che ha vinto il Nobel, ma Karikó ha seguito questo consiglio per tutta la vita. Cosa posso fare?

La prima scena che racconta nella sua autobiogra­fia (Breaking Through, Penguin Random House) è un ricordo acquisito: il padre che macella il maiale e lei, una ragazzina col caschetto biondo e le guance arrossate dal freddo, che osserva affa

PARLARNE O NON PARLARNE? C’È SEMPRE IL RISCHIO DI ESSERE ACCUSATE DI “FARE LA SOLITA LAGNA”. MA LE COSE NON CAMBIANO

è donna, perché finiremmo per rafforzare lo stereotipo per cui la scienza è prevalente­mente maschile? E però il gender gap nei Nobel (ma anche in molti altri riconoscim­enti) è un elefante in mezzo alla stanza, non si può fingere di non vederlo. A torto o a ragione questi premi forgiano l’immaginari­o collettivo sull’eccellenza scientific­a, le annate tutte al maschile che messaggio mandano alle ragazze?

A pensarci bene, ci sono indicatori meno prestigios­i ma comunque influenti cui prestare attenzione. Un progetto ad hoc sta cercando di rimediare, ma le scienziate che hanno una voce su Wikipedia sono ancora troppo poche, forse anche perché i volontari che contribuis­cono all’encicloped­ia online sono soprattutt­o maschi. Un caso esemplare: quando Donna Strickland ha ricevuto il Nobel per la fisica nel 2018 era ancora professore associato (dopo l’annuncio è stata promossa al gradino più alto) e Wikipedia aveva bocciato la voce su di lei perché non sembrava abbastanza famosa. Quando me ne sono ricordata sono andata a cercare i nomi delle italiane in cima alla classifica delle scienze biomediche secondo il sito Top Italian Scientists. Le prime sono la cardiologa Silvia Priori e l’endocrinol­oga Annamaria Colao e nessuna delle due ha una wiki-pagina. Non le avete mai sentite nominare? Forse perché anche noi giornalist­i/e quando scriviamo di scienza tendiamo fatalmente a citare i ricercator­i più in vista, che di solito sono maschi. Questa rubrica esiste da oltre un anno e il campionari­o è ormai abbastanza corposo: il rapporto tra donne e uomini di scienza qui è 1 a 3. Insomma c’è spazio per migliorare. scinata ogni gesto. Forse nasce da lì la sua curiosità per com’è fatto il mondo, in una piccola città ungherese.

Scappa a 30 anni dall’Ungheria comunista, sperando di trovare negli Stati Uniti una vita più facile – ma sono anni durissimi. Nasconde 1.200 dollari nell’orsacchiot­to della figlia e nonostante le difficoltà la sua ostinazion­e sembra resistere a tutto: alla sfiducia, ai licenziame­nti, ai rifiuti di finanziame­nti e fondi, alla miopia accademica. Passa i decenni a studiare l’RNA messaggero, nonostante tutto questo. E oggi, senza la sua tigna, forse non avremmo avuto i vaccini contro il Covid.

È stato umiliante, ha detto tre anni fa, ma avevo ragione, no? E lo dice ridendo. Va tutto bene. Amo il mio lavoro e sono solo felice di aver vissuto abbastanza da vederne i risultati.

Ora ha vinto il Nobel, e questo riconoscim­ento ha un sapore un po’ amaro, come quando si è costretti tardivamen­te ad ammettere qualcosa che è evidente. Ma forse Karikó avrà riso anche di questo, scrollando le spalle.

Come ha commentato Drew Weissman, che condivide il premio con lei, il mio sogno era sviluppare qualcosa nel laboratori­o per aiutare le persone e ho coronato il mio sogno. Il resto non è poi così importante. Però forse una morale c’è ed è quella indicata da Michael Eisen, biologo di Berkeley: possiamo allo stesso tempo festeggiar­e Karikó, la sua ostinazion­e e la sua tenacia, e renderci conto che è nostro dovere evitare che ciò accada di nuovo. È il suo secondo tweet dopo una critica feroce alla scienza accademica e ai meccanismi dei premi. Insomma, oggi sono bravi tutti. Avrebbero dovuto essere però meno distratti negli anni passati.

LA “MADRE” DELLA TECNOLOGIA MRNA HA RACCONTATO RIDENDO: «HO PASSATO ANNI UMILIANTI, PERÒ AVEVO RAGIONE, NO?»

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