SIAMO INTERCONNESSI E SEPARATI COME AFFRONTEREMO LA SFIDA DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO?
Una delle frasi più ripetute, dai tempi non rimpianti della pandemia, è che viviamo in un mondo ormai unificato. C’è ovviamente del vero in questa affermazione, se si pensa alla facilità in cui il virus si è diffuso tra i continenti. Ma forse è il caso di essere più precisi – o almeno così sostiene Judith Butler, una delle più autorevoli filosofe americane (è lei che ha reso celebre la distinzione tra genere e sesso), nel suo ultimo lavoro (appena pubblicato da Laterza: Che mondo è mai questo?). Perché quello di cui abbiamo fatto esperienza è stato piuttosto l’intersecarsi di diversi mondi, che normalmente andavano in parallelo senza quasi sfiorarsi. La maggior parte di noi ha continuato a vivere in un mondo chiuso, in cui per un lungo periodo sono entrate in vigore misure di emergenza (su tutte: il lockdown) volte a proteggerci. Accanto, però, altri mondi hanno continuato a funzionare, senza troppe protezioni, per garantire il funzionamento del nostro mondo. Il fenomeno era ovviamente più visibile negli Stati Uniti. Ma analoghi ragionamenti valgono anche da questa parte dell’Oceano, dove molte categorie di lavoratori hanno dovuto continuare a lavorare, esponendosi al rischio del contagio. E il discorso si complica ulteriormente se si considerano anche i Paesi del Sud globale, di fatto abbandonati a sé stessi (e privati di alcuna copertura vaccinale), nonostante l’importanza del loro contributo in un’economia globalizzata. La pandemia ha rivelato l’intrico di queste relazioni diseguali in modo incontestabile, mostrando una situazione ben diversa da quella che ci piaceva raccontare.
Banalità, potrà replicare qualcuno, in parte a ragione, visto che così sono sempre andate le cose. Ma non sembra che si stia facendo molto per correggere la rotta. E intanto una nuova emergenza, quella del cambiamento climatico, avanza sempre più veloce, rimettendo in moto le stesse dinamiche di integrazione ed esclusione tra mondi separati e pur tuttavia interconnessi. Con una ulteriore complicazione, però, perché ora in questo gioco di relazioni asimmetriche è entrato anche un protagonista non umano, la Terra. Non si tratta più di discutere soltanto su come rimettere insieme i diversi mondi umani, contrastando le diseguaglianze crescenti. Si tratta anche di conciliare questo mondo umano con il pianeta Terra. Perché – questo rimane il punto fermo – è tutto interconnesso. Non è chiaro allora che occorre ripensare le relazioni tra noi e il pianeta? Non è un compito semplice, ma forse vale la pensa di ascoltare Judith Butler quando condanna il fallimento del modello che ha dominato la nostra modernità: l’idea liberale di un individuo chiuso su sé stesso, come un’entità autonoma, sulla base dell’interesse personale e della proprietà privata. L’idea è radicale, e forse persino eccessiva. Ma se non proviamo a rimettere insieme un mondo in comune fatto di riconoscimenti e bisogni reciproci (che includano anche il mondo naturale), come possiamo sperare di affrontare le sfide che ci attendono?
JUDITH BUTLER CONSIDERA FALLITO IL MODELLO LIBERALE DI UN INDIVIDUO CHIUSO SU SÉ STESSO, COME UN’ENTITÀ AUTONOMA