FERMARE HAMAS «LO DECIDERANNO LE PIAZZE ARABE»
Vali Nasr, iraniano-americano, ex consigliere di Obama per il Medio Oriente avverte: «C’è molta solidarietà verso i palestinesi in Medio Oriente. L’Iran? I cittadini sono contro l’appoggio diretto a queste cause extra nazionali, che tolgono risorse per i problemi interni, da lì è nata la protesta allo stadio»
ali Nasr, direttore della scuola di politica internazionale della Johns Hopkins University a Washington ed ex consigliere sul Medio Oriente dell’amministrazione Obama, risponde al telefono dalla Turchia. «Mi trovo nella regione in questo momento e quel che posso dirvi è che molto dipenderà dalla reazione di Israele», spiega lo studioso iraniano-americano, aggiungendo di avere osservato l’umore della strada e le reazioni dei leader locali all’attacco terroristico di Hamas. Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha chiamato subito i suoi omologhi in tutti i Paesi arabi. Gli obiettivi americani: evitare l’espansione del conflitto nella regione e il ritorno dei civili israeliani. Ma un tweet di Blinken del giorno dopo l’attacco, in cui diceva di aver incoraggiato la Turchia a cercare il cessate il fuoco, è stato cancellato dopo le critiche di coloro che affermano che è prematuro e che Israele deve prima rispondere e neutralizzare completamente Hamas nella Striscia di Gaza. In generale la Casa Bianca pubblicamente ha evitato di chiedere a Israele di limitare la forza della sua risposta su Gaza e ha dichiarato che darà tutto l’appoggio necessario, perché lo Stato ebraico «ha diritto di difendersi, punto e basta».
Qual è stata la risposta dei leader mediorientali?
«C’è il desiderio nella regione che il conflitto non si
Vestenda, ma se avete letto i comunicati avrete notato per esempio come il secondo messaggio dei sauditi fosse più duro nei confronti di Israele (diceva che Riad ha «a lungo avvertito sui pericoli dell’esplosione della situazione, come risultato della continua occupazione e della privazione dei palestinesi dei loro diritti», ndr). Fa capire il modo in cui i leader arabi leggono l’umore della strada, dove in questo momento non c’è una spinta per frenare Hamas. Qui quello che si chiedono è che cosa farà Israele, perché se ci saranno molti civili uccisi a Gaza ciò potrebbe agitare le strade arabe, dove c’è molta solidarietà per i palestinesi: c’è il senso che, nonostante molte cose sbagliate fatte dai palestinesi, le condizioni in cui vivono, l’attacco dei soldati israeliani alla moschea di Al Aqsa lo scorso inverno, il comportamento dei coloni in Cisgiordania, porta alcuni a giustificarli. Io credo che quando Blinken chiama questi leader arabi, loro gli dicano anche che vogliono che Washington freni la risposta israeliana».
Che ruolo possono avere l’Egitto e il Qatar nella mediazione? Peraltro, poche settimane fa si è scoperto che l’intelligence egiziana sarebbe stata coinvolta nella corruzione dell’ex presidente della Commissione Affari Esteri del Senato americano, al fine di garantire che gli aiuti militari al Paese non venissero meno e il nuovo presidente della Commissione promette adesso di bloccarli. È stato
SIRIA la maggior parte degli sciiti sauditi vive nelle regioni ricche di petrolio di Qatif e Al-Ahsa, nell’Est del Paese
YEMEN
BAHREIN QUATAR EMIRATI ARABI UNITI
ARABIA SAUDITA
un compito del Cairo quello di mantenere la stabilità a Gaza e cercare di mediare la pace tra Israele e Hamas e, quando ha fallito, l’intelligence egiziana andava a Gaza cercando la de-escalation.
«Non sono sicuro di cosa possa fare l’Egitto, non è più quello che era. Ha appoggiato l’embargo contro Hamas e la relazione è tesa. Il Qatar ha influenza, ma non senza concessioni di Israele. Blinken non può chiedere al Qatar di far rilasciare queste persone senza offrire qualcosa. Hamas si sente vittorioso, anche se i palestinesi saranno devastati. C’erano manifestazioni pro-Hamas ieri a Istanbul. Si sono fatti notare. Tutti si erano dimenticati di loro, si parlava di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele come se i palestinesi non esistessero, si diceva che Abu Mazen poteva essere comprato con gli aiuti, che agli arabi non importa dei palestinesi. Adesso c’è la sensazione che quello che i sauditi chiederanno per la normalizzazione sarà più di quello che avrebbero chiesto prima». L’America ha detto che, di fronte all’inaccettabile terrorismo di Hamas, bisogna mettere Israele in una posizione tale che ciò «non accada mai più». La soluzione dei due Stati è morta?
«SI PARLAVA DI NORMALIZZAZIONE TRA ARABIA SAUDITA E ISRAELE, L’IMPRESSIONE È CHE ORA RIAD CHIEDERÀ MOLTO PIÙ DI PRIMA»
«È presto per dirlo. Ma la percezione in Europa e in America che è stato un errore strategico da parte dei palestinesi non è condivisa qui, dove la sensazione è che era l’unico modo con cui i palestinesi potevano far prendere seriamente la loro questione».
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è proposto come mediatore, chiamando oltre a israeliani e palestinesi anche i leader giordano, egiziano, qatarino e affermando che non ci sarà mai una vera soluzione alla crisi, se i palestinesi non avranno uno Stato sovrano e indipendente. Chi può effettivamente svolgere una mediazione? Ed è possibile frenare Hezbollah?
«Ci sono molti Paesi coinvolti in sforzi diplomatici dietro le quinte, con l’obiettivo del contenimento di questo conflitto. Come la Francia (con il Libano ed Hezbollah), l’Egitto (con Hamas e Hezbollah), il Qatar (con Hezbollah), la Turchia (con l’Iran e Hamas). Sono certo che gli Stati Uniti stiano anche parlando con Israele per prevenire una ulteriore escalation regionale. Penso, in realtà, che gli Emirati e l’Arabia Saudita non siano coinvolti al momento in questo tipo di diplomazia». Gli Emirati avrebbero manifestato grande appoggio allo Stato ebraico
durante il primo Consiglio di sicurezza dell’Onu, avvenuto nel fine settimana dell’attacco di Hamas, ma avrebbero anche insistito che la riunione si svolgesse a porte chiuse. Gli Accordi di Abramo (tra Israele, Emirati, Bahrain, Marocco e Sudan) ora sono a rischio?
«Il futuro degli Accordi di Abramo e di altri accordi tra Israele e i Paesi arabi dipenderà da come si sviluppa questo conflitto e da quello che diventa l’umore della strada araba».
Qual è il ruolo dell’Iran in questo attacco?
«Non sono certo che l’abbia istigato l’Iran. Ma c’è un fronte Iran-Hamas-Hezbollah. Non c’è dubbio che un attacco così sofisticato e pianificato attinge all’esperienza di Hezbollah e dell’Iran. Volevano farlo nel 50° anniversario della guerra di ottobre per scioccare Israele. Volevano dimostrare che Israele pensa di conoscere ogni centimetro di Gaza, ma che tutto il potere dello Shin Bet, degli infiltrati e dei satelliti non è servito. Hamas è l’esecutore, ma non ci sarebbe riuscito senza l’addestramento e la tecnologia di Hezbollah e dell’Iran». Mentre il regime iraniano manifestava solidarietà ai palestinesi, allo stadio
Azadi il giorno dopo l’attacco di Hamas c’erano slogan anti-palestinesi. Tanti iraniani sono diventati anti «islamisti»?
«L’appoggio dell’Iran alle cause regionali è una delle questioni contro cui la popolazione ha protestato. Non penso che il sentimento sia anti-palestinese di per sé, ma è contro l’appoggio totale dell’Iran a queste cause. In particolare, alcuni pensano che l’Iran abbia dedicato risorse preziose ai palestinesi o all’Hezbollah anziché a problemi sociali interni e agli occhi di altri è una politica chiave di un regime al quale sono ostili. Questa è una delle ragioni per cui l’Iran ha detto apertamente che appoggia Hamas ma che l’operazione è stata fatta interamente da Hamas e non dall’Iran».
C’è un fronte più ampio che include Iran, Cina e Russia?
«Non per ora. Ma c’è da tempo una guerra segreta tra Israele e l’Iran».
Fino a che punto potrebbe ampliarsi questo conflitto?
«Non sappiamo cos’altro possono aver pianificato. Molto dipenderà anche dalla risposta di Israele. Capisco la pressione, la rabbia e lo choc che provano gli israeliani. Le azioni di Israele, Hezbollah, Hamas, dei palestinesi in Cisgiordania e dentro Israele e l’umore dalla strada araba sono tutti aspetti legati tra loro».
«NON C’È DUBBIO CHE UN ATTACCO COSÌ SOFISTICATO E PIANIFICATO ATTINGA ALL’ESPERIENZA DI HEZBOLLAH E TEHERAN»