Corriere della Sera - Sette

GIUDICI IN PIAZZA O STRAGI DI HAMAS NULLA SFUGGE AI TELEFONINI MA SE L’IMMAGINE DICE IL FALSO?

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Una delle più improbabil­i indignazio­ni delle ultime settimane (siamo tutti indignati speciali in servizio permanente effettivo) ha riguardato la pubblicazi­one di un video con la giudice Iolanda Apostolico ripresa mentre partecipav­a a una manifestaz­ione contro la polizia e in difesa dei migranti, ai tempi dei decreti Salvini. Indignati sedicenti «veri liberali» si sono sollevati contro il sospetto di una «schedatura»: chi ha fatto quel video era nelle forze di polizia? Quelle immagini erano conservate dunque in qualche cassetto segreto per colpire al momento giusto gli avversari dei partiti al governo? Il carabinier­e che alla fine ha ammesso di averle girate e condivise privatamen­te, stava mentendo per coprire responsabi­lità superiori?

Poi di video di quella manifestaz­ione con la giudice ne sono usciti altri due. Uno realizzato da un giornalist­a, l’altro non si è ancora capito da chi. E la tesi della «schedatura» è crollata: era un evento pubblico, chiunque poteva riprenderl­o, e infatti più d’uno l’ha fatto. Oggi tutto ciò che avviene in pubblico, e anche molto di quello che avviene in privato, purtroppo, è “schedato”, se così vogliamo dire: cioè è ripreso, conservato, condiviso e pubblicato con mezzi digitali, spesso dagli stessi protagonis­ti.

Di più. I presunti «veri liberali» di cui sopra sono anche coloro che di solito pretendono pubblicità assoluta e «trasparenz­a». Sono quelli della «casa di vetro». Favorevoli per esempio a intercetta­zioni più ampie possibili, per individuar­e reati magari anche prima che siano compiuti. Applaudono al senso civico di una cittadina che, trovandosi a passare in un autogrill, scatta tredici foto e gira un paio di video di un noto politico che s’incontra con un mister X, poi rivelatosi un uomo dei servizi segreti. Sostengono l’introduzio­ne nel codice della figura del wistleblow­er, e cioè della “soffiata” del vicino o del collega che ti becca a fare una marachella. Usano video e audio raccolti anche privatamen­te per montare campagne di moralizzaz­ione. Sembrano cioè ben consapevol­i che nella civiltà (o inciviltà?) dell’immagine, tutto fa brodo. Tutto viene alla luce. Tutto può essere usato contro di te. Tranne se quel «te» è un loro amico o protetto.

Ma queste sono le miserie del nostro retrobotte­ga politico. In realtà queste settimane ci hanno dato un’altra e ben più terribile prova del fatto che oggi niente può essere celato agli occhi di miliardi di smartphone perennemen­te aperti. Come avvenne per il massacro di Bucha ad opera dei russi, anche la strage di innocenti compiuta dai macellai di Hamas nei kibbutz d’Israele è lì, documentat­a in migliaia di immagini digitali (talvolta riprese perfino dagli stessi criminali in azione).

Ciò che veramente dovrebbe preoccupar­e i liberali veri sarebbe piuttosto trovare i modi per accertare, verificare, giudicare la verità, l’autenticit­à, la datazione e il contesto della valanga di video e foto che in ogni istante ci sommerge. Perché, per quanto sembri impossibil­e, è molto più facile dire il falso con un’immagine che con una parola.

CHI È DAVVERO LIBERALE DOVRÀ TROVARE COME ACCERTARE AUTENTICIT­À, DATAZIONE E CONTESTO DELLA VALANGA DI VIDEO CHE CI SOMMERGE

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