SÌ, SONO UNA SIGNORA DI MEZZA ETÀ PETULANTE CONTRO I GIOVANI CHIASSOSI E HO DECISO: NON TORNERÒ INDIETRO
Il giorno che sono diventata vecchia: una settimana fa. Quando esasperata dal vociare dei ragazzi che lavorano a L’Antico Vinaio, prima lancio un uovo dalla finestra (assicurandomi di non colpire nessuno – questo lo voglio precisare, vile sì, ma non violenta), poi alla sfida di uno di loro - «scendi, se hai coraggio» – scendo.
Scendo e mi ritrovo a fronteggiare trenta ventenni. Ventinove maschi più una femmina. Un istante in cui mi balena in testa che potrebbero essermi figli, solo un istante, poi prendo a inveire: non ne posso più, loro urlano, cantano, e io sto impazzendo, l’intero quartiere protesta a causa loro che si sentono i padroni della piazza. Bestemmiano anche – aggiungo (eccola l’anzianità).
All’invito di uscire dal negozio, io dico: chiamate la polizia.
Dopo lunghe contrattazioni e ragionamenti, vado via. E tutto si potrebbe chiudere così, se non fosse che risalendo a casa mi vedo da fuori. Nella testa si ripete la scena di me che strepito contro trenta ventenni. Sono una donna di mezza età.
Già quest’estate, sul treno, quattro sedicenni maschi che raccontano a alta voce le loro esperienze sessuali, io mi alzo e dico: un po’ di rispetto per quella ragazzina – indicando una quindicenne a pochi sedili da loro.
Senonché la quindicenne dice: «Per me è ok». Allora rimango solo io, in piedi nello scompartimento, gli occhi di tutti addosso. Ecco già lì, in quel treno, io ho avuto l’avvisaglia di essere diventata la signora petulante che da adolescente deridevo.
Quanto oggi che risalgo le scale di casa, con il peso dei cinquant’anni, una cinquantenne che dalla gioventù pretende silenzio. Colgo la disparità tra me e loro, anche il semplice fatto di essere arrivata alla mia età mentre loro hanno ancora vent’anni, e l’incertezza del futuro.
Durante il litigio l’unica femmina del locale ha detto: io sono laureata.
Cosa che mi era parsa una precisazione inutile e che solo adesso, sulle scale, comprendo: in quelle parole la storia della loro generazione, insieme alla storia di un Paese che vanifica gli studi e ricaccia i giovani indietro, a lavori che non erano quelli che sognavano.
A maggior ragione quindi: quanto valore c’è nel lavoro di questi trenta ragazzi che, certo, schiamazzano dalla mattina alla sera.
E io: la signora al riparo che getta un uovo dalla finestra.
Sento il dovere di tornare indietro a chiedere scusa. In un atto di responsabilità il dovere di cambiare la mia posizione incitandoli alle grida, gridate pure, ne avete diritto.
E invece: prendendo atto di tutta la giovinezza passata, di questa ridicola severità che non è altro che frustrazione, io non torno indietro.
PER FERMARE GLI SCHIAMAZZI DI 30 VENTENNI LANCIO UN UOVO DALLA FINESTRA DI CASA. LORO MI SFIDANO A SCENDERE. E IO LI AFFRONTO
LA VITA Texano di Austin, il 52enne Ethan Hawke è nato il 6 novembre 1970 da una madre operatrice nel mondo della beneficenza e da un padre agente assicurativo. I genitori si separarono quando lui aveva 5 anni ed Ethan fu cresciiuto dalal sola madre in giro per l’America, finché a 11 anni si stabilirono in New Jersey.