Corriere della Sera - Sette

PENNACCHI TRA GLI EROI DI OMERO «CON L’ILIADE HO PIANTO IN TRENO L’ODISSEA ESALTA L’UOMO COMUNE»

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«Gli studenti non perdonano mai: e se qualcosa non gli piace, non è che si facciano problemi a fartelo capire. Ma quando li senti dentro la storia, quando percepisci la loro emozione, e magari scende una lacrima, o scoppia una risata, allora capisci la potenza di Omero».

All’inizio, quando non era ancora famoso, Andrea Pennacchi ha girato per tantissime scuole, raccontand­o l’Iliade. Lo spettacolo è stato poi rappresent­ato in tanti teatri, scalcinati e gloriosi. Ora la sua versione dei due poemi omerici è finalmente disponibil­e anche per i lettori, grazie alle cure di People, una piccola ma agguerrita casa editrice. Non è l’Omero altisonant­e delle traduzioni di Vincenzo Monti; è un Omero che potresti trovare in osteria, sempre pronto a raccontare storie mirabolant­i, assurde eppure così reali.

«Del resto, Antenore, il fondatore della mia Padova», precisa Pennacchi, «viene proprio da Troia. Nella Divina commedia Dante – mai fidarsi dei fiorentini – lo ha condannato senza pietà. Ma lui si era sempliceme­nte stufato della guerra e se n’era andato con i suoi “Eneti dai bei cavalli”. Arrivando qui. È bello sapere che c’erano anche i Veneti sulla piana di Troia».

Sono più vicini di quanto non sembri questi Greci e questi Troiani. Ridono, piangono, combattono – a volte vincono, più spesso perdono. Sono tragici e sono comici. Sono come noi. Si tratta solo di trovare una chiave d’accesso per entrare nelle loro storie.

«L’Iliade l’ho scoperta preparando­mi per un provino. Mi era stato chiesto di raccontarn­e un episodio, ma io era dalle medie che non la leggevo».

Come tutti, in fondo.

«Così mi sono portato il libro in treno e ho iniziato a sfogliarlo. Quando sono arrivato alla fine, all’incontro tra Priamo e Achille, Omero mi ha fregato. Mi è venuto in mente mio padre, che era scomparso da poco, e ho iniziato a piangere senza freni. È la storia eterna dei figli e dei padri, che capiscono, e si capiscono, ma solo quando è ormai tardi. Intanto, la signora che sedeva di fronte a me mi guardava allibita. Chissà cosa

NEL LIBRO EROI, L’ATTORE RACCONTA LA PASSIONE PER I DUE POEMI: «QUELLE STORIE SONO COME UNA TERAPIA»

avrà pensato. Ma per me è stata come una chiamata». L’Iliade, un poema in cui tutti celebrano la forza e in cui tutti si scoprono indifesi, deboli. «Come le foglie, così le stirpi degli uomini. Alcune vengono alcune vanno».

«C’è un verso bellissimo di Kavafis che dice che siamo tutti come i Troiani: “Sono, gli sforzi nostri, gli sforzi dei Troiani”. In effetti, nel poema c’è un momento in cui sembra che ce la possano fare davvero, questi Troiani per cui tutti parteggian­o, che ogni mattina escono in battaglia per difendere la loro città. Sono lì a un passo dall’accampamen­to nemico, e stanno per sfondare, respingend­o gli invasori una volta per tutte. Ma improvvisa­mente spunta fuori Achille... “Qualcosa spunta sempre, e ci ferma”, scrive sempre Kavafis».

Anche Achille, però, dovrà imparare la stessa lezione: e infatti – lo dici benissimo – si finisce per volere bene persino a lui. Strano poema, l’Iliade.

«Così è: ci sbatte in faccia la nostra fragilità. Ci ricorda che c’è qualcosa di più grande intorno a noi, che non possiamo controllar­e: Dio? il fato? Non lo so: ma in fondo è solo attraverso di noi che l’universo interroga sé stesso e cerca di capirsi meglio. E uno si scopre vulnerabil­e, esposto – siamo come dei burattini –, ma capisce anche che non è solo, si sente parte di un respiro più ampio, infinito, misterioso».

Poi è arrivato il momento dell’Odissea.

«Con l’Odissea è andata diversamen­te. Da ragazzo la leggevo come un romanzo fantasy, come La storia infinita o Conan. Bella, ma non mi appassiona­va. Poi ho capito. I veneti non si fidano del mare, la chiave d’accesso non potevano essere i viaggi, quelle avventure mirabolant­i che affascinan­o tutti. Il cuore del poema per me era in una figura apparentem­ente minore e invece eroica, seppure a modo suo. Il porcaro Eumeo, il principe che si ritira dalla reggia e vive una vita dimessa, ma solo in apparenza: perché c’è un’epica anche della quotidiani­tà – della gente comune che ogni giorno manda avanti il mondo. Del resto, mio cugino Mauro i maiali li allevava davvero, poco lontano da casa mia. Ancora una volta Omero era lì, dietro l’angolo».

Nel libro lo scrivi bene: Eumeo «è un principe, ma è meglio di un principe, i principi sanno solo comandare e far le guerra, lui ga imparà a curare gli animali, a costruire robe solide, ga rispeto par l’ospite». Questa attenzione per il piccolo mondo di Itaca è illuminant­e: in fondo l’Odissea è il poema del ritorno a casa, della nostalgia.

«Il Veneto è pur sempre la terra di Luigi Meneghello! Lo sappiamo bene cosa è la dolcezza del ricordo, il rimpianto di qualcosa che esiste solo nella memoria – perché la casa verso cui fai ritorno non è mai la stessa. Ma mi è piaciuto anche immaginare un finale diverso per l’Odissea, seguendo fino agli Inferi i Proci, i pretendent­i alla mano di Penelope, che Odisseo aveva trucidato senza pietà. Nel poema sono personaggi odiosi, eppure nella morte anche loro appaiono sotto una luce diversa: e il loro capo Antinoo diventa come un ragazzo, sorprenden­dosi di poter volare, ammirando tutte queste novità meraviglio­se che lo circondano».

È una scelta che rende bene la grandezza di Omero, il maestro che non giudica nessuno.

Non ci sono eroi solo negativi, perché in tutti c’è sempre qualcosa di buono.

«E nessuno è veramente positivo, se per quello. Persino Tersite, il soldato semplice che nell’Iliade vorrebbe finirla con questa inutile guerra, è alla fin fine un egoista, che pensa solo ai suoi comodi. Ma così deve essere: le storie non devono ammaestrar­e, devono lasciare degli spazi di silenzio, che ognuno di noi dovrà poi riempire. Sono come una terapia le storie, che aiutano a scendere dentro le nostre profondità, cercando di fare un po’ di luce, e magari un po’ di ordine. Per questo c’è bisogno di continuare a raccontarl­e».

«NELL’INCONTRO TRA ACHILLE E PRIAMO HO RIVISTO MIO PADRE APPENA SCOMPARSO E SONO SCOPPIATO IN LACRIME»

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UMANITÀ Nell’illustrazi­one dell’Iliade di Ezio Anichini (1911) il momento in cui Priamo supplica Achille di restituirg­li il corpo del figlio Ettore
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L’attore Andrea Pennacchi, 54 anni, nello spettacolo Una piccola Odissea (sopra). Qui sotto il suo libro Eroi (People, 16 euro)
IN SCENA L’attore Andrea Pennacchi, 54 anni, nello spettacolo Una piccola Odissea (sopra). Qui sotto il suo libro Eroi (People, 16 euro)
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