GIANGIACOMO FELTRINELLI O LA SCELTA DI PRENDERE PARTE SAPENDO CHE NON SI PUÒ VINCERE
La foto che ho scelto questa settimana è un ritratto dell’editore Giangiacomo Feltrinelli, trovato morto il 14 marzo del 1972 vicino a un traliccio dell’alta tensione a Segrate, comune del Milanese. Su di lui è da poco uscito il libro di Davide Serafino Gappisti. La rete clandestina di Giangiacomo Feltrinelli
Scegliere, esporsi, decidere da che parte stare, anche sbagliando. Abbandonare la comfort zone che consente di dirigere tutto nell’ombra: questo potrebbe essere davvero il passo che in ogni epoca farebbe la differenza, anche e soprattutto in termini di partecipazione. Conosco da sempre la vicenda imprenditoriale, politica e umana di Giangiacomo Feltrinelli e ho letto il libro di Davide Serafino Gappisti. La rete clandestina di Giangiacomo Feltrinelli edito da DeriveApprodi, considerandolo una assoluta novità nel panorama degli studi e delle interpretazioni che dagli Anni ’70 a oggi sono stati avanzati sulla figura dell’editore forse più conosciuto in Italia.
Non potrò mai dimenticare i racconti che mi venivano fatti sulle prime librerie Feltrinelli a Bologna, dove si tollerava addirittura il furto pur di favorire l’avvicinamento alla lettura. Ebbene, il libro di Serafino si basa su una testimonianza di Vittorio Battistoni sino ad ora inedita. Testimonianza particolarmente interessante perché
Battistoni – l’uomo del tritolo – è accanto a Feltrinelli nel momento in cui l’imprenditore/editore è più esposto politicamente e lo descrive in antitesi assoluta rispetto alle opinioni che su Feltrinelli esprimeva certa borghesia milanese e lombarda, incarnata da Indro Montanelli. Feltrinelli non fu, come testimonia Battistoni, un esaltato, né un uomo dalle analisi scontate e banali, ma un imprenditore spinto dalla volontà di restituire ciò che aveva ottenuto per privilegio e interessato a tutti i progetti umani di rivolta.
Ma esiste una difficoltà oggettiva, acuita dal tempo trascorso e dall’epilogo tragico, nel riuscire a descrivere Giangiacomo Feltrinelli per quello che è stato più di ogni altra cosa: un imprenditore che ha scelto, che ha rischiato, che ha commesso anche degli errori pagati poi con la vita, ma che principalmente ha “preso parte”, sottraendosi a un’esistenza al riparo da tutto. Montanelli motteggiava Feltrinelli descrivendolo come l’annoiato e ricco rampollo di una delle fa
L’EDITORE È L’ESEMPIO D’UN IMPRENDITORE CHE HA RISCHIATO SOTTRAENDOSI A UN’ESISTENZA AL RIPARO DA TUTTO
miglie più illustri di Italia e che quindi giocava a fare la rivoluzione. Ma la storia di Giangiacomo è lunga e complessa e la difficoltà oggi è soprattutto quella di ricostruire il contesto che portò Feltrinelli a considerare l’eventualità di un colpo di Stato non peregrina, sulla scorta di quanto accaduto in Cile e in Grecia, nel caso in cui le sinistre avessero vinto democraticamente le elezioni. E così questo libro arriva a ripercorrere la storia dei Gap (Gruppi armati proletari, che discendevano dalle formazioni gappiste della resistenza, Gruppi di azione patriottica) come quelal di un gruppo che di fatto attendeva piuttosto che agire. L’orrore del terrorismo di sinistra e del terrorismo di destra non è tema su cui attardarsi qui, ma il libro di Davide Serafino riesce a illuminare una fase interessante nella vita di un imprenditore che vuole agire, di un imprenditore che si fa militante politico sino a scegliere una strada senza alcuna possibilità di soluzione e che lo vedrà morire.
E questo libro mi ha permesso di comprendere anche come Feltrinelli fosse di fatto schiacciato da due opposte interpretazioni: da un lato la sinistra istituzionale che inizia a considerarlo un provocatore al soldo della Cia, dall’altro la destra che lo descrive come un pericoloso marxista, un terrorista infamato con ogni epiteto. Feltrinelli avrebbe potuto condurre una vita innocua, protetto dalla storia della sua famiglia, da un Paese, l’Italia, dove tutto è in vendita: le istituzioni, finanche i partiti. E invece ha provato a cambiare le cose. Feltrinelli dichiara che «la classe politica utilizza la democrazia celando una innata vocazione autoritaria militarista», e questo pensiero tiene alta la sua attenzione nel sondare tutti gli spazi possibili di resistenza alla compattezza delle destre e alle scelte autoritarie e reazionarie. Il tema qui è leggere in filigrana la necessità di una scelta, la vicenda personale di un uomo che decide di entrare, commettendo errori, – ma sbaglia chi decide di agire – nella storia del suo tempo e lo fa sapendo che non può vincere
Avrebbe potuto avere la più comoda e diritta delle vite se avesse fatto soltanto l’industriale milanese, se avesse sostenuto i giornali come fanno sempre gli imprenditori, ottenendo vantaggio e facendo pressioni sulla politica. Ma Giangiacomo Feltrinelli ha deciso di sottrarsi alla sudditanza da qualsiasi potere in grado di proteggere i suoi affari. Ha lottato, ha scelto, ha pagato per ogni suo errore. Ma ha scelto ,eora di questo stiamo parlando. Degli errori di chi non sceglie e prospera nell’anonimato non sapremo mai nulla.
HA FATTO DEGLI ERRORI, SINO A MORIRE. MA DEGLI SBAGLI FATTI DA CHI PROSPERA NELL’ANONIMATO NON SAPREMO MAI