Corriere della Sera - Sette

«PERCHÉ È RISCHIOSO SE LA COSTITUZIO­NE FA APPELLO ALLA STORIA»

- DI MICOL SARFATTI

Angelika Nussberger è Giudice della Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo. Ha 60 anni ed è nata a Monaco di Baviera. È una profonda conoscitri­ce del diritto internazio­nale e membro della Commission­e di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa. La incontriam­o a Milano nei giorni che attraversa­no il nuovo inizio del conflitto israelo-palestines­e e il voto in Polonia. È qui per intervenir­e a un dibattito organizzat­o, nell’ambito della Conferenza internazio­nale Icon-s all’Università Bocconi, dalla Fondazione Vittorio Occorsio che è nata in ricordo del magistrato della Repubblica italiana, con l’impegno di assicurare alle giovani generazion­i la memoria degli Anni 70, un periodo cupo della Storia italiana, attraverso attività divulgativ­e, borse di studio e approfondi­menti. Durante il convegno “Politica e istituzion­i tra trasformaz­ioni e riforme”, la Fondazione Occorsio ha chiamato a discutere importanti costituzio­nalisti su come la memoria possa considerar­si parte integrante della Costituzio­ne. E opportuno modificare il testo costituzio­nale per rimarcare l’importanza del ricordo e costruire le coscienze delle generazion­i future? Nussberger ha parlato della memoria nel patrimonio costituzio­nale europeo. «Ha un ruolo molto importante e interessan­te», sottolinea, «ma da maneggiare con cura perché può diventare fuorviante».

Ad esempio?

«Nell’incontro organizzat­o da Fondazione Occorsio ho approfondi­to le modifiche apportate dalla Russia alla costituzio­ne nel 2020 in cui si faceva appello alla “Storia” del Paese. Il concetto stesso di “Storia” applicato al diritto è scivoloso. Cosa vuol dire fissare una verità storica nella costituzio­ne? In questo caso si è fatto richiamo anche alla grandezza dell’ex Urss, un concetto pericoloso, come abbiamo visto poi nel conflitto ucraino. Qual è stato davvero il ruolo dell’ex Unione Sovietica nella seconda guerra mondiale e nei crimini di

La giudice della Corte Europea riflette su come Mosca ha applicato “la sua verità” al diritto

guerra? Ci sono punti di vista molto differenti. Fissare questi schemi nella legge del Paesi può portare a derive autoritari­e: non si può indicare alle persone cosa devono o non devono pensare».

Anche la Costituzio­ne italiana fa i conti con la memoria recente: l’apologia di fascismo è un reato.

«E in Germania esiste quello di negazione dell’Olocausto. Questi crimini sono stati fissati con l’intento di non ripetere mai più un capitolo doloroso del passato, e escludere a priori il ritorno di una narrativa pericolosa. Nel 2015 alla Corte europea dei diritti umani è stata emessa una sentenza storica secondo cui la Svizzera ha violato il diritto di espression­e del nazionalis­ta turco Dogu Perinçek, condannand­olo per aver negato pubblicame­nte il genocidio armeno. La Corte di Strasburgo ha concluso che, in una società democratic­a, non è necessario condannare penalmente Perinçek, per proteggere i diritti della comunità armena. Questo caso dimostra come i confini siano molto sottili e come la sensibilit­à sulla Storia possa variare anche a seconda del vissuto del Paese».

Lei è giudice internazio­nale della

Corte Costituzio­nale della Bosnia Herzegovin­a a Sarajevo. I Balcani sono un’area complessa, geografica­mente vicina per l’Italia, ma spesso dimenticat­a. Qual è la situazione oggi?

«In questo momento il quadro politico dei Balcani è delicato. C’è una grande instabilit­à, ci sono tensioni etniche mai sanate dopo la guerra degli Anni 90. Fortunatam­ente ci sono meno armi a disposizio­ne. L’ingresso nell’Unione Europea non è sul piatto e non esistono incentivi a correggere la traiettori­a politica e economica. Un contesto potenzialm­ente esplosivo».

Il numero di donne impegnate in ruoli apicali del diritto internazio­nale sta aumentando?

«Penso siano più visibili e abbiano buone condizioni di lavoro. Appartengo a una generazion­e che ha dovuto lottare per conquistar­e i propri spazi. Ai miei tempi le giovani donne a inizio carriera venivano “accettate”, oggi, finalmente, vengono cercate».

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dei Diritti Umani di Strasburgo
Angelika Nussberger, 60 anni, tedesca, è giudice alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo

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