Corriere della Sera - Sette

«SONO STATO UN PREDATORE HO COMMESSO STUPRI E HO UCCISO DONNE: ERA COME RUBARE GIOIELLI»

- DI ILARIA SACCHETTON­I

In carcere con un doppio ergastolo, racconta gli orrori della sua vita di ieri, insieme alla quotidiani­tà di oggi. «Sto per laurearmi in Legge. Mi sono innamorato di una ragazza giovane e bellissima, quando lei ha chiuso ho avuto ischemie e stati d’ansia»

Angelo Izzo sconta un doppio ergastolo per tre omicidi che hanno segnato la cronaca giudiziari­a d’Italia (uno più degli altri: il massacro del Circeo) ma la sua militanza criminale va oltre con stupri, rapine, evasioni compiute in vari periodi della sua vita. Condannato all’ergastolo per l’omicidio della diciannove­nne Rosaria Lopez (1975) assieme allo stupro e al tentato omicidio dell’amica di Rosaria Donatella Colasanti — sevizie condivise con Andrea Ghira e Gianni Guido — Izzo ottiene la semilibert­à nel 2004. Mesi dopo, nella primavera del 2005, strangola Maria Carmela Linciano e la figlia quattordic­enne Valentina Maiorano moglie e figlia di un ex affiliato della Sacra Corona Unita che seppellisc­e sotto un metro di terra e calce a Ferrazzano (Campobasso). È nuovamente arrestato e condannato a un secondo ergastolo. Scrive ma non pubblica. Parla ma non collabora produttiva­mente. Fornisce contributi a delitti maturati negli ambienti della destra eversiva (è il caso della violenza contro l’attrice Franca Rame nel 1987) e offre la sua versione perfino sull’omicidio di Piersanti Mattarella accusando i Nar Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini. In questa intervista, realizzata anche grazie al suo difensore, l’avvocato Rolando Iorio, la consapevol­ezza del male compiuto si mescola alla lealtà nei confronti dell’uomo che è stato e alle vecchie ideologie di estrema destra.

Le sue vittime Rosaria Lopez più

Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano sono donne. Angelo Izzo lei si definirebb­e un predatore?

«Potrà sembrare assurdo ma considero gli autori dei femminicid­i dei miserabili. Mi danno idea di quei tipi che pigliano gli schiaffi al bar, poi vanno a casa e se la prendono con le loro donne, magari con i figli. Quando ero ragazzo ho commesso stupri e ho ucciso alcune donne ma l’ho fatto con lo stesso spirito con cui mi potevo impadronir­e di denaro o gioielli. Odio la società patriarcal­e. Chiunque mi conosce sa che non ho niente del misogino. Detto questo forse in un’età della mia vita sono stato un predatore»

Nella sua vita ha seguito un codice? Oppure si definirebb­e un cane sciolto all’interno di un sistema criminale?

«Credo di aver avuto sempre un mio personalis­simo codice. Un tempo ero orgoglioso di essere stato un estremista di destra romano degli anni Settanta. Mi piacevano molto i marsiglies­i di Albert Bergamelli e la “banda delle belve” di Paolo Oldofredi ma ora di quel mondo non c’è più niente. Anche la malavita romana

è finita. Deboli, drogati e sempre pronti a tradirsi. Non parliamo di camorristi e mafiosi. Sono gente che a parole dà un valore sacro al vincolo associativ­o, nella realtà fratelli di sangue si sgozzano per un malinteso o per una partita di droga, ci sono picciotti abbagliati dal denaro che cambiano continuame­nte bandiera, boss in rapporti con i servizi segreti. Per non sembrare un vecchio nostalgico di tempi e regole che magari esistevano solo nella mia testa devo dire che mi piacciono i cinesi e i nigeriani, ragazzi seri».

Lei si autoaccusa dell’omicidio di Rossella Corazzin, la 17enne scomparsa nel Cadore (era il 1975), ma non tutti sono stati disposti a crederle.

«A premessa devo dire che non ho partecipat­o al rapimento né all’omicidio di Corazzin. Ne ho parlato nell’ambito di una confession­e di una serie di reati fra cui parecchi omicidi. Comprendo che i giudici, a distanza di tanto tempo,

ROLANDO IORIO, NATO AD AVELLINO NEL 1973, È L’AVVOCATO DIFENSORE DI ANGELO IZZO DA UNA DECINA

D’ANNI. È ANCHE DIFENSORE DI FELICE MANIERO, “FACCIA D’ANGELO”, L’EX BOSS DELLA MALA DEL BRENTA hanno problemi a trovare riscontri. I miei eventuali coimputati, i vari Ghira, Viccei, Esposito, sono tutti deceduti. Quindi va bene così. Volevo mettere un punto per cominciare una vita diversa e avendo confessato tutto non sono più ricattabil­e da nessuno».

Lei è ritenuto una persona molto intelligen­te, così sostiene anche il suo avvocato. Quali sono le radici del male?

«Non ho alcun dubbio: sono stato per troppi anni prigionier­o dei miei spettri, di un’immagine superomist­ica di me, di una “comunità fantasma” a cui credevo di dover rendere conto. La madre di tutti gli errori e orrori che ho commesso è lì».

Che effetto le fa essere considerat­o un mostro?

«Onestament­e il cosiddetto stigma sociale non mi pesa. Anche perché ogni volta che sono uscito dal carcere non ho mai incontrato problemi. Forse è triste da dire ma ho l’impression­e che i rapporti sociali sono regolati solo dalla quantità di denaro che possiedi».

Sul massacro del Circeo da cui tutto ha avuto origine sono stati scritti libri e realizzati film. Lei vive questo con compiacime­nto?

«Ho collaborat­o alla stesura del libro della giornalist­a Amenta (Ilaria Amenta, Io sono l’uomo nero, RaiLibri) e mi sono compiaciut­o del successo di vendite che ha avuto, ho ricevuto centinaia di lettere di sconosciut­i lettori quindi sarebbe ipocrita dire che ne sono irritato. Però se escludiamo i libri di Selvetella (Yari Selvetella, Uccidere ancora, Newton Compton Editori) e di Trabalzini (Rosalba Trabalzini, La rabbia, Meltemi) gli altri libri sull’argomento, per non parlare dei film e dei serial televisivi, li ho trovati banali e se hanno annoiato me che nutro un interesse particolar­e per la storia figuriamoc­i gli altri...».

Cos’è la rabbia per lei?

«La rabbia è un sentimento che purtroppo ben conosco. Ne ho letto una descrizion­e a proposito di letteratur­a nel bel libro di Pino Cacucci In ogni caso nessun rimorso (Feltrinell­i). Quando Jules Bonnot, l’inventore delle rapine in banca con l’automobile, l’anarchico illegalist­a della Belle Èpoque maledice la rabbia nel suo testamento scritto al volo, mentre era assediato, prima di cadere sotto i proiettili dei flic (poliziotti francesi, ndr). La rabbia di quando non riesci a distoglier­e lo sguardo da ciò che percepisci come ingiu

«ERO IN BALÌA DEI MIEI SPETTRI, DI UNA COMUNITÀ FANTASMA E DI UN’IMMAGINE SUPEROMIST­ICA DI ME A CUI VOLEVO RENDERE CONTO»

stizia, quando ti si ghiacciano le viscere, sto citando a memoria dopo molti anni che l’ho letto, perché mi sono riconosciu­to in quel sentimento. Conclude “peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti”. La rabbia è distruttiv­a. Ci sto ancora lavorando sul controllo della rabbia».

Lei ha trascorso anni di carcere. Ora sta scontando due ergastoli a Velletri. Come vive oggi?

«Per quanto strano possa sembrare quando ero più giovane in carcere mi divertivo. Ora mi pesa di più e mi annoio molto. Cerco di riempire le mie giornate studiando: mi manca un solo esame per terminare il corso di laurea in legge. Leggo molto specie libri sull’attualità. Ho avuto modo di praticare yoga e il Qi Gong e quindi faccio un po’ di esercizio fisico. Inoltre cucino che è un impegno giornalier­o, faccio anche qualche partita a carte e amo conoscere e discutere con i miei compagni di sventura. Cerco di restare attivo e non abbattermi mai».

Libri che ha letto e che le sono piaciuti?

«In carcere ho letto tantissimo però diciamo che i libri che hanno avuto una grossa influenza su di me e come si dice “mi hanno cambiato la vita” sono La condizione umana sulla rivolta del 1927 a Shangai di Andrè Malraux e I proscritti sull’epopea dei corpi franchi di Ernst Von Salomon».

Si è dato un obiettivo all’interno del perimetro carcerario?

«Sto scrivendo un libro che vorrebbe essere la continuazi­one di Io sono l’uomo nero, nel quale raccontare le esperienze carcerarie dal 1975 al 1984 nelle carceri speciali, i permessi e altro fino al mio nuovo arresto a Parigi nel 1993. Naturalmen­te però in carcere l’unica cosa seria è la speranza di rimettere un piede fuori e quindi il mio principale obiettivo è cercare di ottenere i benefici penitenzia­ri. Ho fatto 18 anni e posso ragionevol­mente sperarci».

Il carcere impedisce una vita normale. Lei ha detto di essersi sentito una “vittima” in questi anni...

«Non ci penso spesso ma per esempio il processo a Latina per l’omicidio del Circeo fatto dopo pochi mesi, sostenuto da una traballant­e istruttori­a, in cui non si è accertato nulla, in presenza di una folla tumultuant­e in aula in cui non ci è stata concessa la perizia psichiatri­ca, in cui mi è stato rifiutato il confronto con l’accusatric­e... Vi sembra che abbia ottenuto giustizia? Tuttavia ho commesso nella mia vita tante e tali ingiustizi­e che credo sia una specie di legge del contrappas­so».

Quali persone le hanno insegnato qualcosa?

«Ho imparato da tutti quelli che ho incontrato. Se però devo indicare un fratello maggiore credo sia un gangster romano della vecchia scuola: Danilo Abbruciati (tra i capi della banda della Magliana, ndr) è stata la figura adulta che quando ero ragazzo mi ha insegnato, come dicono gli inglesi, grace under pressure, a sorridere della vita nei momenti difficili. L’amicizia per me è un sentimento fondamenta­le. Ho molti amici e anche amiche sia fuori che dentro. Loro sanno chi sono e il bene che gli voglio».

Si è mai innamorato?

«C’è una cosa di cui un po’ mi vergogno. Quando ho divorziato da Donatella Papi, ex signora Fanfani, ho preso corrispond­enza con una ragazza molto giovane, bellissima in tutti i sensi. Ci siamo scritti per un paio di anni e io me ne sono innamorato. Forse era tutta una fantasia visto che era un rapporto virtuale. Ma lei ha fatto breccia nel mio cuore. Poi la cosa è finita. E io sono stato malissimo, anche fisicament­e. Può sembrare incredibil­e ma ho avuto delle ischemie, stati d’ansia e confusiona­li. Può sembrare una cosa da vecchio patetico ma c’è una scena nel film Angelo Azzurro (di Joseph Von Sternberg, ndr) in cui il dignitoso professore per amore si mette a fare “chicchiric­hì” in pubblico. Ho sempre pensato che fosse un poverino ma invece ora penso che poverino sia colui che non ha mai provato un sentimento così forte da mettersi a urlare “chicchiric­hì”».

«ALL’OMICIDIO DI ROSSELLA, NEL 1975, NON PARTECIPAI. MA HO DETTO QUANTO SAPEVO. CAPISCO CHE I GIUDICI HANNO FATICATO A TROVARE RISCONTRI...»

 ?? ?? La prima pagina del Corriere d’informazio­ne del 1°ottobre 1975 con la notizia delle due ragazze trovate nel baule dell’auto dopo essere state sequestrat­e, drogate, seviziate e picchiate selvaggiam­ente.
L’occhiello del titolo rivela una lettura ancora non chiara della dinamica dei delitti
La prima pagina del Corriere d’informazio­ne del 1°ottobre 1975 con la notizia delle due ragazze trovate nel baule dell’auto dopo essere state sequestrat­e, drogate, seviziate e picchiate selvaggiam­ente. L’occhiello del titolo rivela una lettura ancora non chiara della dinamica dei delitti
 ?? ?? L’avvocato Tommaso Mancini, Donatella Colasanti e l’avvocata Tina Lagostena Bassi durante un’udienza del processo che porterà in primo grado alla condanna all’ergastolo per Izzo e Giovanni Guido e all’ergastolo in contumacia per Ghia. In Appello la pena per Guido verrà modificata in 30 anni di carcere
L’avvocato Tommaso Mancini, Donatella Colasanti e l’avvocata Tina Lagostena Bassi durante un’udienza del processo che porterà in primo grado alla condanna all’ergastolo per Izzo e Giovanni Guido e all’ergastolo in contumacia per Ghia. In Appello la pena per Guido verrà modificata in 30 anni di carcere
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un’immagine d’archivio. L’abitazione si trova a Punta Rossa, nel comune di San Felice
Villa Ghira, luogo del massacro del Circeo, avvenuto la notte del 29 settembre del 1975, in un’immagine d’archivio. L’abitazione si trova a Punta Rossa, nel comune di San Felice

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