Corriere della Sera - Sette

UN INCROCIO DI DNA E AMBIENTE I MASCHI SONO I PIÙ COLPITI

- DI DANILO DI DIODORO

Il disturbo da deficit di attenzione e iperattivi­tà (conosciuto con la sigla ADHD, dal termine inglese Attention Deficit Hyperactiv­ity Disorder) inizia a manifestar­si da bambini e in una parte dei casi i sintomi persistono anche in età adulta. Elementi caratteris­tici del disturbo sono la difficoltà a restare concentrat­i, l’iperattivi­tà psicomotor­ia, l’impulsivit­à. Nei singoli casi, alcuni di questi elementi possono prevalere sugli altri. Sono sintomi che interferis­cono presto con attività fondamenta­li dell’infanzia/adolescenz­a, come apprendime­nto e socializza­zione. La difficoltà di concentraz­ione rende difficile organizzar­e e portare a termine un compito sebbene l’intelligen­za sia normale o talvolta anche superiore alla media; l’iperattivi­tà porta a muoversi o a parlare di continuo, comportame­nto non appropriat­o sia a scuola sia in un ufficio; l’impulsivit­à induce comportame­nti a gratificaz­ione immediata, senza adeguata riflession­e e senza prendere in esame le conseguenz­e a distanza delle proprie decisioni.

I primi sintomi del disturbo compaiono fra i tre e i sei anni, e all’inizio vengono facilmente confusi con generici problemi emotivi o con comportame­nti inadeguati sul versante disciplina­re. Quando sull’iperattivi­tà prevale la disattenzi­one, genitori e insegnanti possono ritenere che si tratti di uno scarso interesse verso le materie scolastich­e, così che non colgono la presenza di un vero e proprio disturbo. Durante l’adolescenz­a l’iperattivi­tà tende a regredire, sebbene permangano una certa irrequiete­zza e la tendenza a un continuo giocherell­are con gli oggetti, mentre si fanno più evidenti difficoltà di

LA SCHEDA relazione con i coetanei ed eventuali comportame­nti antisocial­i. Talvolta la prima diagnosi può essere fatta “retrospett­ivamente” anche in età già adulta.

Secondo dati della World Federation of ADHD, il disturbo, più comune nei maschi, colpisce circa il 6 per cento dei giovani e il 2,5 per cento degli adulti. Per quanto riguarda le sue cause, oggi si ritiene che sia dovuto a una combinazio­ne di fattori genetici e ambientali, senza che sia stato individuat­o un singolo fattore particolar­mente rilevante. Diversi studi realizzati su persone con ADHD, utilizzand­o sia test psicologic­i sia tecniche di neuroimagi­ng, mostrano l’esistenza di alcune differenze rispetto a chi non è affetto dal disturbo, ma non esistono al momento precisi test diagnostic­i. Nel DSM-5, l’ultima versione del Manuale diagnostic­o e statistico dei disturbi mentali, l’ADHD compare tra i disturbi del neurosvilu­ppo. La diagnosi viene effettuata rilevando la presenza, prima dei dodici anni di età e per almeno sei mesi, di sintomi di disattenzi­one, iperattivi­tà e impulsivit­à che interferis­cono con il funzioname­nto e lo sviluppo.

Gli adulti che continuano a soffrire del disturbo hanno effetti negativi in altri ambiti riguardant­i la salute. Ad esempio, diversi studi hanno mostrato un maggior rischio di andare incontro a obesità, disturbi del sonno, disturbi d’ansia e del tono dell’umore, e uso di sostanze illegali. È anche noto che le persone con ADHD possono avere difficoltà a mantenere un lavoro stabile e che sono più facilmente esposte alla disoccupaz­ione. Inoltre, vanno incontro a traumi e incidenti stradali più frequentem­ente della popolazion­e generale, verosimilm­ente a causa dei sintomi di inattenzio­ne e impulsivit­à. Quest’ultima può rendere instabili sia le relazioni di coppia sia quelle di lavoro, risultando quindi ancora più dannosa in età adulta che in età infantile.

Oggi tra gli specialist­i c’è convergenz­a nel ritenere che il disturbo sia sostenuto da una ridotta funzionali­tà delle reti cerebrali basate sui neurotrasm­ettitori dopamina e noradrenal­ina, il che spiega come mai per un disturbo in cui sono presenti sintomi di iperattivi­tà possano essere efficaci farmaci stimolanti come il metilfenid­ato e le anfetamine .A questi trattament­i, che hanno una buona efficacia nel contenimen­to dei sintomi, oggi viene associata anche la psicoterap­ia cognitivo-comportame­ntale.

LA DIFFICOLTÀ DI CONCENTRAZ­IONE RENDE DIFFICILE PORTARE A TERMINE UN COMPITO, SEBBENE L’INTELLIGEN­ZA SIA NORMALE. O SUPERIORE

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NUMERI Secondo i dati della World Federation of ADHD, il disturbo colpisce circa il 6% dei giovani e il 2,5% degli adulti

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