UN INCROCIO DI DNA E AMBIENTE I MASCHI SONO I PIÙ COLPITI
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (conosciuto con la sigla ADHD, dal termine inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder) inizia a manifestarsi da bambini e in una parte dei casi i sintomi persistono anche in età adulta. Elementi caratteristici del disturbo sono la difficoltà a restare concentrati, l’iperattività psicomotoria, l’impulsività. Nei singoli casi, alcuni di questi elementi possono prevalere sugli altri. Sono sintomi che interferiscono presto con attività fondamentali dell’infanzia/adolescenza, come apprendimento e socializzazione. La difficoltà di concentrazione rende difficile organizzare e portare a termine un compito sebbene l’intelligenza sia normale o talvolta anche superiore alla media; l’iperattività porta a muoversi o a parlare di continuo, comportamento non appropriato sia a scuola sia in un ufficio; l’impulsività induce comportamenti a gratificazione immediata, senza adeguata riflessione e senza prendere in esame le conseguenze a distanza delle proprie decisioni.
I primi sintomi del disturbo compaiono fra i tre e i sei anni, e all’inizio vengono facilmente confusi con generici problemi emotivi o con comportamenti inadeguati sul versante disciplinare. Quando sull’iperattività prevale la disattenzione, genitori e insegnanti possono ritenere che si tratti di uno scarso interesse verso le materie scolastiche, così che non colgono la presenza di un vero e proprio disturbo. Durante l’adolescenza l’iperattività tende a regredire, sebbene permangano una certa irrequietezza e la tendenza a un continuo giocherellare con gli oggetti, mentre si fanno più evidenti difficoltà di
LA SCHEDA relazione con i coetanei ed eventuali comportamenti antisociali. Talvolta la prima diagnosi può essere fatta “retrospettivamente” anche in età già adulta.
Secondo dati della World Federation of ADHD, il disturbo, più comune nei maschi, colpisce circa il 6 per cento dei giovani e il 2,5 per cento degli adulti. Per quanto riguarda le sue cause, oggi si ritiene che sia dovuto a una combinazione di fattori genetici e ambientali, senza che sia stato individuato un singolo fattore particolarmente rilevante. Diversi studi realizzati su persone con ADHD, utilizzando sia test psicologici sia tecniche di neuroimaging, mostrano l’esistenza di alcune differenze rispetto a chi non è affetto dal disturbo, ma non esistono al momento precisi test diagnostici. Nel DSM-5, l’ultima versione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, l’ADHD compare tra i disturbi del neurosviluppo. La diagnosi viene effettuata rilevando la presenza, prima dei dodici anni di età e per almeno sei mesi, di sintomi di disattenzione, iperattività e impulsività che interferiscono con il funzionamento e lo sviluppo.
Gli adulti che continuano a soffrire del disturbo hanno effetti negativi in altri ambiti riguardanti la salute. Ad esempio, diversi studi hanno mostrato un maggior rischio di andare incontro a obesità, disturbi del sonno, disturbi d’ansia e del tono dell’umore, e uso di sostanze illegali. È anche noto che le persone con ADHD possono avere difficoltà a mantenere un lavoro stabile e che sono più facilmente esposte alla disoccupazione. Inoltre, vanno incontro a traumi e incidenti stradali più frequentemente della popolazione generale, verosimilmente a causa dei sintomi di inattenzione e impulsività. Quest’ultima può rendere instabili sia le relazioni di coppia sia quelle di lavoro, risultando quindi ancora più dannosa in età adulta che in età infantile.
Oggi tra gli specialisti c’è convergenza nel ritenere che il disturbo sia sostenuto da una ridotta funzionalità delle reti cerebrali basate sui neurotrasmettitori dopamina e noradrenalina, il che spiega come mai per un disturbo in cui sono presenti sintomi di iperattività possano essere efficaci farmaci stimolanti come il metilfenidato e le anfetamine .A questi trattamenti, che hanno una buona efficacia nel contenimento dei sintomi, oggi viene associata anche la psicoterapia cognitivo-comportamentale.
LA DIFFICOLTÀ DI CONCENTRAZIONE RENDE DIFFICILE PORTARE A TERMINE UN COMPITO, SEBBENE L’INTELLIGENZA SIA NORMALE. O SUPERIORE