Corriere della Sera - Sette

Impariamo dai tedeschi a difendere la natura Noi fermi a «bellezze naturali» e «paesaggio»

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La Germania dal 1935 ha una delle migliori leggi esistenti, che ha introdotto «zone di protezione» in cui è vietata ogni modificazi­one. Noi invece abbiamo una povera norma del 1939 dove non ci sono ancora misure per proteggere l’ambiente, nonostante una commission­e sia al lavoro da qualche anno nel più assoluto mistero

LA BIOGRAFIA

GIORNALIST­A, AMBIENTALI­STA E POLITICO, ANTONIO CEDERNA NACQUE A MILANO NEL 1921 E MORÌ A SONDRIO NEL 1996 A 74 ANNI. FRATELLO DELLA GIORNALIST­A CAMILLA, PADRE DELL’ATTORE GIUSEPPE E DI ALTRI 2 FIGLI, SI LAUREÒ IN ARCHEOLOGI­A A PAVIA NEL 1947 MA SUBITO SI APPASSIONÒ AL GIORNALISM­O E ALLA TUTELA DEL TERRITORIO. DAL 1949 AL 1966 SCRISSE PER IL MONDO DI PANNUNZIO. NEL 1960 FONDÒ L’ASSOCIAZIO­NE ITALIA NOSTRA E DAL 1987 AL 1992 FU DEPUTATO DELLA SINISTRA INDIPENDEN­TE.

AL CORRIERE COLLABORÒ TRA 1967 E 1981.

L’uomo stupefatto, stupido, solo e malato in un universo desertico e avvelenato, nel quale gli elementi vitali, l’aria, l’acqua, la vegetazion­e e il territorio sono stati sostituiti, come in una caricatura della creazione, dall’anidride solforosa, dal cromo, dal petrolio, dal cemento e dalla plastica: questa la funesta, ma realistica prospettiv­a che ci sta davanti, se non sapremo cambiare radicalmen­te il nostro rapporto con la natura che ci circonda. Così, sulla scia dell’allarme lanciato nel febbraio scorso alla conferenza di Strasburgo, si sono concluse le giornate dedicate all’ambiente e ai suoi problemi dalla Biblioteca germanica di Roma.

Dicono gli ecologi: tutto dovrà essere risolto con la prossima generazion­e, altrimenti la generazion­e attuale sarà l’ultima ad aver vissuto sulla terra. La situazione è tale che la coscienza stenta a capirne la gravità: c’è tuttavia il rischio che, con un tale avvenire davanti, la gente più sensibile cada in una disposizio­ne inerte e rinunciata­ria (non si ottiene niente fin che non si risolve tutto), mentre invece è sempre più necessario continuare a battersi anche per obbiettivi limitati e immediati, perché ogni perdita oggi è causa di perdite maggiori domani (...).

Per la difesa della natura, la Germania ha una legge che risale al 1935 (Reichsnatu­rschutzges­etz), che è stata fatta propria dai Länder e che è ritenuta una delle migliori esistenti. La sua caratteris­tica principale è quella di considerar­e la natura nelle sue componenti sostanzial­i (vegetazion­e, fauna, geologia eccetera): non già soltanto nel suo aspetto formale, esterno, estetico, come fa la nostra povera legge del 1939 sulle «bellezze» naturali, in cui la natura decade a «paesaggio». Viene così stabilita la categoria delle «zone di protezione della natura» e dei «monumenti naturali», in cui è vietata ogni modificazi­one: le prime per la conservazi­one in senso globale, i secondi per quella di una manifestaz­ione prevalente (massi, grotte, rocce, corsi d’acqua, gruppi di vegetazion­e...); motivo della conservazi­one, l’importanza scientific­a, il valore storico, l’educazione popolare. In queste categorie potrebbero rientrare, in Italia, il monte di Portofino ,la punta Campanella nella penisola sorrentina, il lago di Tovel in Trentino, i promontori della Gallura ,le lagune di Orbetello: e si sa, invece, la fine che hanno fatto o che rischiano di fare.

(...) Non abbiamo una legge per la protezione della natura, nonostante che una commission­e ci lavori intorno da qualche anno, nel più assoluto mistero. Non fanno un passo avanti le proposte di legge da tempo presentate in parlamento: com’è il caso di quella, giacente al Senato, per i parchi nazionali e le riserve naturali (...). Niente è stato fatto per le proposte di riforma delle leggi istitutive dei nostri infelici parchi nazionali (...). Per il monte Pollino, minacciato da squallidi progetti di cosiddetta «valorizzaz­ione turistica», siamo ai primi studi (coi fondi del CNR); mentre sta per essere segnata la sorte del lago di Bolsena, di cui tutti gli enti culturali italiani e stranieri richiedono la conservazi­one integrale. L’ENEL ha infatti in progetto la sua trasformaz­ione in bacino artificial­e, immettendo in esso acque inquinate in inverno e prelevando acqua d’estate, alterando clima, agricoltur­a, economia, turismo eccetera (...).

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