Corriere della Sera - Sette

SÌ, ANCHE GLI ARABI SONO «SEMITI» RAGAZZI E INSEGNANTI, È IL MOMENTO DI STUDIARE COS’È L’ANTISEMITI­SMO

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Se un figlio ti chiede che cosa sia l’antisemiti­smo e quando è cominciato, devi rimetterti a studiare. E te lo chiede, poiché nelle scuole italiane in questi giorni è tutto uno schierarsi: l’abituale divisione in tribù della vita giovanile oggi si applica al conflitto in Palestina, e il “gruppo” vuole sapere con chi stai. Così molti ragazzi, diciamo un paio di milioni di ragazzi, quelli delle superiori, stanno decidendo in queste ore che cosa essere nella vita: amici o nemici degli ebrei?

Già questa – ho provato a dire – è una prova dell’esistenza dell’antisemiti­smo. Nessuno infatti ti chiede se sei filofrance­se o antifrance­se, anglofilo o anglofobo. Ognuno in materia di nazionalit­à ha i suoi gusti, che non definiscon­o una scelta di campo. Ma la risposta non rispondeva alla vera domanda: perché proprio gli ebrei?

Poiché la materia è più intricata di quanto s’immagini (la storia è sempre intricata), l’unico modo per superare i pregiudizi è studiare, per risalire alle origini. Si scopre così, per esempio, che perfino il termine «antisemiti­smo» è improprio visto che nella biblica Tavola delle genti, dove vengono elencati i discendent­i di Noè e dunque la genealogia dell’intero genere umano, «semiti» sono anche gli arabi e non solo gli ebrei.

D’altra parte la definizion­e è pure recente, compare per la prima volta nell’Ottocento, nonostante che l’odio per gli ebrei sia invece antichissi­mo, e affondi le sue radici nel cristianes­imo dei primi secoli (secondo alcuni lo stesso Paolo, anche per necessità di convivenza con il potere imperiale dei romani, accreditò agli ebrei le maggiori responsabi­lità nel «deicidio», cioè l’uccisione di Gesù): da lì secoli di ostilità, proibizion­i, ghetti, discrimina­zioni e persecuzio­ni. Nei confronti di un popolo che più veniva escluso e più si univa intorno alle sue tradizioni. Il “popolo del Libro”, tra i primi nell’area ad aver usato la scrittura; e il primo monoteista, con un solo Dio. Dunque, anche da questo punto di vista, gli ebrei sono nostri «fratelli maggiori», secondo la definizion­e di Giovanni Paolo II: dei cristiani e pure dei musulmani, che infatti riconoscon­o Abramo come il primo «amico di Dio».

Sarebbe forse perciò più interessan­te domandarsi “chi” oggi sia antisemita, e perché. Una celebre ricerca in America, condotta da un gruppo di sociologi guidati da Adorno, concluse negli Anni ’50 che l’«antisemiti­smo» fa parte di «un’ideologia più complessa, caratteriz­zata da estremo conservato­rismo, supina sottomissi­one all’autorità, feroce autoritari­smo verso i più deboli». Mentre oggi si afferma un nuovo antisemiti­smo intriso invece di ribellismo, rifiuto della democrazia e contestazi­one dei valori dell’Occidente. Più di sinistra, direi.

In ogni caso, per i nostri ragazzi – e dunque per i nostri insegnanti – sarebbe giunto il momento di studiarlo a scuola, oltre che di praticarlo nei cortei e nei volantini. Il nostro Paese condivide con la Germania la vergogna delle leggi razziali, ma non la cura, l’attenzione e l’impegno a cancellare quella macchia fin dall’educazione dei giovani. È tempo di riparare.

L’ITALIA CONDIVIDE CON BERLINO LA VERGOGNA DELLE LEGGI RAZZIALI MA SOLO LA GERMANIA SI IMPEGNA PER CANCELLARE LA MACCHIA

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