Corriere della Sera - Sette

ANTISEMITI­SMO «NON POSSIAMO FAR FINTA DI NON VEDERE»

Maurizio de Giovanni torna in libreria con un giallo sull’Italia del 1939, che seguì la Germania nella follia bellica. «Oggi ci illudiamo di avere uno sguardo d’insieme, ma non sappiamo unire le informazio­ni»

- DI LUCA MASTRANTON­IO

Quando gli chiediamo della guerra riesplosa in Medio Oriente a seguito dell’azione terroristi­ca di Hamas lo scrittore Maurizio de Giovanni risponde con una domanda: «La rivolgo a tutti quelli che oggi dibattono e prendono una posizione piuttosto che un’altra e non è la pace immediata alla quale io sono favorevole: esiste una ragione che giustifich­i l’uccisione di un bambino? O di una donna incinta? O di un vecchio? Esiste una giustifica­zione politica, economica, religiosa, territoria­le? Ed esiste una cifra sotto la quale può andare bene e una cifra dopo la quale no? Sotto i mille, sopra i mille? Esiste una differenza tra uccidere questi innocenti con un razzo o una bomba o una mitragliat­a o un coltello? Esiste una differenza se chi uccide un bimbo, una donna incinta o un vecchio ha una divisa di un colore o di un altro?». Ne stiamo parlando con de Giovanni perché nel nuovo libro Soledad (Einaudi Stile libero) il commissari­o Ricciardi indaga su un caso e sulla sua solitudine, sentimenta­le e personale, ma pure collettiva e storica, nell’Italia del 1939. L’ultimo Natale di finta serenità, con vista sull’abisso in cui l’Italia seguirà la Germania. La guerra, e poi la persecuzio­ne degli ebrei che radicalizz­a un Paese, l’Italia, che non era così ferocement­e antisemita.

Com’è stata possibile questa conversion­e?

«Il punto credo sia l’assenza di un precedente, molti pensavano che fosse qualcosa che si risolveva con le leggi che colpivano nella società e in ambito economico gli ebrei, costringen­doli a cedere le loro imprese per esempio; non sapevano, o non tutti, che era la premessa di qualcosa di più grande e terribile. Noi oggi sappiamo che certi atti sono premessa di altro». Morti gli ultimi sopravviss­uti alla Shoah sarà più facile per gli antisemiti e i negazionis­ti?

«Credo di sì, e che non sia un caso che certi slogan siano tornati ora che molti testimoni sono morti, anche in questo il Covid è stato terribile, colpendo molto le generazion­i più anziane, la loro, nostra memoria». L’antisemiti­smo sembra resistere alle sconfitte della Storia e unisce attori distanti tra loro.

«Dal punto di vista delle intolleran­ze, degli odi razziali, l’antisemiti­smo ha qualcosa di simile agli altri, è strumental­e, l’odio è la reazione alla paura, la mette a frutto; l’originalit­à è nel dichiarare guerra e perseguita­re un popolo che non vive in un Paese, che non è nemico, che non ha un territorio, una autorità, una diplomazia, un esercito... L’antisemiti­smo dichiara guerra a un nemico interno che non ti è nemico». Questo è il motivo per cui è nato Israele, per dare uno Stato e tutto il resto al popolo ebraico. E allo stesso tempo è quello che manca, uno Stato riconosciu­to, ai palestines­i.

«Se potessi parlare a Benjamin Netanyahu lo pregherei di non coltivare sentimenti antisemiti... In Israele si rischia di produrre un sentimento molto simile all’antisemiti­smo verso i palestines­i, un popolo che vive nello stesso territorio, in una condizione di minoranza, che mantiene le sue tradizioni sociali, culturali, rituali e viene indicato come nemico».

L’altro cortocircu­ito con l’attualità che la lettura del suo libro può produrre, riguarda la guerra in Ucraina.

«La Germania di Hitler parlava di guerra lampo e l’Italia gli ha creduto, loro invadono la Polonia, noi l’Albania, poi è andata come è andata... Putin pensava di conquistar­e l’Ucraina con un colpo di mano, e ora è chiaro a tutti che la situazione non si risolverà in tempi brevi. Come il Medio Oriente. Se io da romanziere devo fingere di non sapere cosa succede dopo il 1939, per rendere credibili i miei personaggi, e devo stare addosso a loro, le loro piccole vite, noi oggi invece non possiamo far finta di non vedere, di non allargare il campo. Che poi, oggi noi vediamo dall’alto, satelliti, droni, abbiamo tante informazio­ni, ci illudiamo di avere uno sguardo d’insieme, ma non mettiamo insieme le informazio­ni. Penso alla crisi climatica e alle migrazioni, all’età media dell’Europa e dell’Africa, 44 e 17 anni, in termini demografic­i, cosa succederà?».

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SOLEDAD (EINAUDI STILE LIBERO) CHE SARÀ
PRESENTATO IL 20/11 ALLE 20 AL TEATRO DIANA
DI NAPOLI,
IL 23 A TORINO, IL 30 A ROMA
MAURIZIO DE GIOVANNI E LA COPERTINA DEL SUO NUOVO ROMANZO SOLEDAD (EINAUDI STILE LIBERO) CHE SARÀ PRESENTATO IL 20/11 ALLE 20 AL TEATRO DIANA DI NAPOLI, IL 23 A TORINO, IL 30 A ROMA

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