IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI, MA NON SEMPRE C’È UN’IDENTITÀ NOTTURNA
C’è qualcosa di oscuro e inquietante, nella notte, quando perdiamo il controllo su ciò che ci circonda. Ma proprio per quello, forse, quando le certezze del giorno e della luce svaniscono, altre possibilità emergono e si aprono nuove vie, in direzioni inaspettate. Così pensava Novalis, uno dei pensatori e poeti più grandi del primo romanticismo tedesco: «Santa / indecifrabile notte», «sotto il tuo mantello / un invisibile richiamo / mi prende adesso con forza». «Dovrà sempre ritornare mattina?».
La domanda suona paradossale – la luce ha sempre avuto un valore positivo per egli esseri umani: è lo spazio in cui viviamo le nostre vite; e il giorno è il tempo delle scelte e delle decisioni, delle relazioni e delle azioni. Ma la domanda tocca anche delle corde inattese. «Come povera e infantile mi sembra adesso la luce»: il giorno e la luce sono il campo di azione della nostra ragione, ma noi non siamo solo razionali. In noi ci sono anche altre dimensioni e bisogni, difficili da decifrare eppure presenti, e non meno fondamentali: «Infinite luci / che la notte ci ha aperto nel cuore». Quali? Cosa c’è in queste luci che si annidano in fondo al buio del cuore? Chi siamo veramente?
Il Romanticismo nasce all’inizio dell’800 in una regione al tempo marginale come la Germania, ma subito si diffonde in tutta Europa. È un fenomeno complesso, ovviamente, ma che trova nella reazione all’Illuminismo (un Illuminismo in parte caricaturato, per motivi polemici) un suo tema dominante. Di là lo spirito dei Lumi, la fiducia nella ragione, vale a dire la convinzione che la ragione sia l’unico principio in grado di interpretare e governare la realtà. Di qua il rifiuto di quest’immagine dell’essere umano perché troppo riduttiva, e l’esaltazione di tutto ciò che la ragione non può cogliere: la potenza dei sentimenti, delle emozioni, dell’immaginazione, che conducono alla scoperta di nuove interiorità, in profondità abissali, in fuga dal tempo e dallo spazio, in cerca dell’eterno e dell’infinito (per Novalis la notte è anche il momento dell’unione mistica con Sophie, la ragazza amata e morta in giovane età: come è possibile?). Da un lato la ricerca di ciò che ci accomuna, dall’altro la difesa della nostra unicità.
La parola «romantico» venne acquistando un significato positivo solo dopo che Novalis e i suoi compagni (dai fratelli Schlegel a Ludwig Tieck o Clemens Brentano, per rievocare alcune conoscenze liceali) se ne appropriarono. Prima era usata per indicare ciò che è strano e bizzarro. È la stessa oscillazione che ci troviamo a fronteggiare oggi, in fondo. Certo, rimane l’inquietudine per queste dimensioni oscure e incomprensibili dell’animo umano: la forza di passioni che abitano in noi ma che noi non possiamo veramente controllare e che spesso portano verso esiti distruttivi. Come nel titolo del famoso quadro di Goya, un pittore vissuto in questo stesso periodo: il sonno della ragione genera mostri. Ma non meno importante è la consapevolezza che noi siamo anche queste oscurità e che questa tensione verso l’infinito non necessariamente ci conduce al male. La definizione di quello che siamo, della nostra identità, non può essere risolta da un appello astratto alla ragione soltanto, comprende anche questi slanci. Ci muoviamo su un crinale veramente sottile, ed è meglio non coltivare troppe certezze se vogliamo cercare davvero chi siamo.
IL ROMANTICO NOVALIS REAGIVA ALL’ILLUMINISMO ESALTANDO «LE INFINITE LUCI» CHE L’OSCURITÀ «CI HA APERTO NEL CUORE»