DELOGU: «UNA PAUSA DI UMANITÀ. PUNTO AI 40”» CORSI: «IO L’HO ROTTO»
Chiara Valerio: «Da bambina lo risolvevo, ma non ricordo in quanto tempo. Era una sfida a me stessa»
utti, almeno una volta nella vita, hanno tenuto in mano un cubo di Rubik o “cubo magico”. Alcuni lo hanno risolto, altri ci hanno almeno provato, altri ancora non ci sono riusciti e dopo l’ennesimo tentativo fallito l’hanno distrutto. Ma nessuno mai ha smesso di esserne appassionato.
Gabriele Corsi, conduttore de Il contadino cerca moglie ha ricevuto il suo
Tprimo cubo di Rubik a 12 anni, come regalo di Natale dei genitori: «Dopo ore a cercare di venirne a capo, l’ho rotto contro una parete e poi ho incollato tutte le tessere che si erano staccate. Ma ne sono sempre stato affascinato. Oggi ne ho regalato uno a mio figlio, 17 anni: a differenza mia, è in grado di risolverlo». Francesco Lancia, speaker di Radio Deejay e podcaster, racconta di aver collezionato una decina di cubi di Rubik, di cui uno schiacchiato contro il pavimento e poi ricomposto (non senza aver staccato gli adesivi colorati e cercato di posizionarli correttamente) e confessa di non essere mai riuscito a risolverlo: «Per me è una sfida, un gioco difficile e intuitivo». La scrittrice Chiara Valerio, rivela che da bambina «lo risolvevo di certo ma non ricordo in quanto tempo. Credo fosse, come spesso accade nell’infanzia, una competizione con me stessa. Oggi, grazie all’algebrista e divulgatore scientifico Stefano Pisani, ho imparato che il cubo non ha solo un padre, ma un nonno. E che si porta dietro la geografia e la storia del posto in cui è stato concepito. Quindi per me rappresenta un pezzo di Europa, tra la fine della Seconda guerra mondiale e la fine della Guerra fredda». Per Andrea Delogu, conduttrice tv, il cubo di Rubik è stata una sorpresa: «Me lo hanno regalato quando ho preso il Covid. Per 15 giorni ne ho studiato i meccanismi, poi ho cominciato a risolverlo da sola e oggi impiego un minuto e 40, l’obiettivo però è scendere a 40 secondi. Quando arrivo in fondo mi sento felice, per me è come un ritorno all’umano: una pausa dal telefono, un momento di riposo per il cervello». «Prima amore e odio, poi solo amore» definisce così Francesca Vecchioni, presidente della Fondazione Diversity, il suo rapporto con il cubo di Rubik. E spiega: «Ho cominciato a conoscerlo da ragazza, ma è da adulta che l’ho amato davvero perché stimola la curiosità, la pazienza e la memoria. Risolverlo significa prendersi del tempo per sé – di cui oggi abbiamo estremo bisogno. È come quando si studia una poesia a memoria, richiede concentrazione e ripetizione dei gesti».
Tra i volti noti del mondo dello spettacolo appassionati del “cubo magico” spiccano anche la cantautrice Madame, i conduttori televisivi Daniele Bossari e Alessandro Cattelan, il nuotatore Manuel Bortuzzo e l’attore comico Francesco Paolantoni.