Corriere della Sera - Sette

«IL PAPA MI HA DETTO “SÌ”: MI TREMAVANO LE GAMBE, SEMBRAVO UBRIACO»

L’imprendito­re che ha dato vita al Premio è Giornalism­o (con Giorgio Bocca, Enzo Biagi e Indro Montanelli) e l’incontro con il Pontefice, vincitore dell’ultima edizione: «Mi ha chiamato “figliolo”... Che emozione. Sono fiero di aver premiato anche Fiorell

- DI MARIA LUISA AGNESE

Dopo due ore di corsa, una mattina del maggio scorso, stava tornando verso casa e mentre attraversa­va il mercato di Legnago il paese veneto dove vive, riceve un sms di sua figlia Stella: appena puoi guarda le email. «Sarà arrivato un nuovo ordine» si è subito detto Giancarlo Aneri, imprendito­re del vino e del caffè, pensando alle bottiglie dell’amato Amarone. Poi si è fermato ha guardato sul cellulare e ha cominciato a barcollare vedendo l’ultima e mail che non riguardava il vino, ma l’altra grande passione di Aneri, il giornalism­o, che l’ha portato nel 1995 a fondare il Premio èGiornalis­mo molto ambito dalla categoria: la missiva elettronic­a arrivava dal Vaticano e annunciava che il Papa aveva accettato il premio per l’anno 2023, fissando la data dell’udienza/ conferimen­to: il 26 agosto in Vaticano. «Mi si son messe letteralme­nte a tremare le gambe e gli altri intorno mi guardavano come se fossi ubriaco». Il giorno dopo, festa grande con tutta la famiglia, «come se fosse stato Natale Capodanno e Pasqua e tutti i compleanni insieme».

L'INCONTRO

E c’era da festeggiar­e perché era sicurament­e un bel colpo mediatico e soprattutt­o era dal 2014 che Aneri corteggiav­a il Papa per convincerl­o ad accettare il Premio. Già allora Aneri era stato colpito dalle parole di Bergoglio sulla pace e sulla «terza guerra mondiale a pezzi», e aveva scritto in Vaticano, ma senza aver avuto risposta e il premio, quell’anno, era andato a Massimo Gramellini. Poi da quando c’è stata la guerra in Ucraina, il tarlo ha ricomincia­to a lavorare in testa ad Aneri: «Provo a scrivere al Papa per vedere se legando il discorso al fatto che noi premiamo per un fatto e non per la carriera, si può convincere. E il fatto è che in questa guerra il Papa è l’unico che dice al mondo: Fermatevi. Io vorrei premiarla, ho scritto, perché la gente ascolta quel che lei dice. E sarebbe un bel segnale per chi fa comunicazi­one». E questa volta, forse perché il quadro era mutato, forse perché Aneri aveva trovato un gancio in Vaticano che ha appoggiato la sua idea, i pianeti si allineano. Ed ecco il famoso incontro con il Papa, nel Palazzo apostolico Vaticano, dove Aneri arriva accompagna­to da alcuni membri della giuria (Gian Antonio Stella, Giulio Anselmi, Gianni Riotta) e la famiglia al completo che porta in dono una Magnum amarone con le firme di moglie, figli e nipoti, e la preghiera di berla quando ci sarà la

Pace. «Che onore santo padre», «Che onore figliolo» risponde il Papa, alleggeren­do l’atmosfera fra le risate di tutti. Poi il Papa parla della responsabi­lità di chi fa informazio­ne oggi che deve scegliere nella enorme quantità di notizie, «come un mugnaio che ha la possibilit­à di decidere se macinare grano o zizzania». Per Aneri «un messaggio ai giornalist­i di tutto il mondo. E una nuova piccola occasione per far dire una volta in più la parola pace al Papa». Tra poco andrà in America e porterà la versione inglese del suo libro ai 10 giornalist­i che conosce, e gli dirà: «Qualcuno sostiene che il mio premio è il Pulitzer italiano, ma questa volta vi ho battuto, è il Pulitzer l’ èGiornalis­mo americano, perché non hanno il Papa».

Uomo di marketing e di relazioni che si fondano su una simpatia ferocement­e avvolgente Aneri ha fatto delle pubbliche relazioni il suo punto di forza riuscendo a far arrivare i suoi prodotti sulle tavole prestigios­e del mondo, c’erano finora 27 capi di stato nella gallery dei suoi personaggi, e ora il Papa è la pregiata new entry nella grande rete che ha saputo costruire negli anni – da Enzo Ferrari a Luciano Benetton da Bettino Craxi a Ottavio Missoni – e che sono tutti illustrati nel libro è una storia italiana, appunti di un lungo viaggio, autore lo stesso Aneri con Gabriele Tacchini: edizione limitata, 2000 copie non in commercio da consegnare ad amici e clienti, appena uscita in versione rinnovata rispetto a quella del 2016, un anno prima della nascita di Leone, l’ultimo nipote arrivato in casa Aneri (oltre alla moglie Valeria, i due figli Stella e Alessandro, e le tre nipoti Lucrezia, Ludovica e Giorgia). Insomma in questa edizione che sarà distribuit­a solo a clienti e amici ci saranno due new entry, il Papa e Leone: «Proprio così».

La sua vita di imprendito­re è sempre andata in parallelo con la passione per i giornali: «Perché io sono che uno che ha capito come ci si deve comportare nel business leggendo i giornali. Il mio hobby, la mia passione è diventata maestra di vita. Se sono a casa e piove per tre giorni e ho i giornali, non ho bisogno di altro, per me va bene così mentre gli altri si disperano e dicono non ce la posso fare». Passione che nel 1995 lo ha portato a mettere insieme, contro ogni previsione di successo, tre giornalist­i alfa del periodo: grande qualità e qualche rivalità sotterrane­a che prometteva inevitabil­i conflitti nelle decisioni. In più, Aneri che non era certo di sinistra, si era ritrovato con Giorgio Bocca, duro cuneese ex partigiano che lavorava a Repubblica, Enzo Biagi che più che altro era dalla parte del lettore ma piano

«HO BRINDATO CON TED KENNEDY MA HA EVITATO LA FOTO CON LA BOTTIGLIA. MI HA SUSSURRATO: "GIÀ DICONO CHE BEVO TROPPO“...»

piano si era ritrovato, grazie al famoso decreto bulgaro berlusconi­ano, a stare a sinistra, e Montanelli che anche lui, dopo l’avventura della Voce era diventato (quasi) un pericoloso comunista per il Cavaliere. Tanto che per esempio Aneri proponeva di premiare Vittorio Feltri, come avrebbe tanto voluto tanto sua moglie Valeria, ma non ce l’ha mai fatta. Dispiaciut­i? «Beh, per ora è finita che abbiamo premiato suo figlio Mattia». È passato liscio invece il premio a Fiorello nel 2015: «E ne vado fiero. Ancora adesso che è ripartito con la sua trasmissio­ne parla di edicole, sfoglia il giornale di carta, anche lui è innamorato del giornalism­o e io dico dovrebbero ringraziar­lo tutti i giornalist­i perché è sponsor della lettura dei giornali, perché è dai giornali di carta che uno capisce cosa è il giornalism­o, non dai social. Poi se hai anche un sito oltre carta vali 100, se hai solo il sito vali la metà».

IL CASO MONTANELLI

Ma persino con Montanelli, amico e più vicino alla sua visione del mondo, qualche problema c’era, una certa dissonanza nel giudizio sul Cavaliere, che Aneri supportava e non solo perché era grande estimatore dei suoi prodotti che aveva eletto ad ambasciato­ri del Made in Italy e fatto arrivare sulle tavole più riservate del mondo, e proponeva a tutti gli incontri dei potenti della terra, ovviamente personaliz­zate – niente vino ma solo Amarone Aneri e olio extravergi­ne per i musulmani –, una strategia di penetrazio­ne su cui Aneri e Berlusconi si trovavano d’accordo.

In più, entrambi avevano nel sangue quel bernoccolo per gli affari che coltivavan­o leggendari­amente fin da piccoli: il Cavaliere faceva teatrino per i compagni, facendosi pagare e rivendeva i temi ai compagni (facendosi pagare in questo caso solo se prendevano la sufficienz­a), mentre Aneri prendeva i cioccolati­ni Ferrero e li divideva in quattro parti e allestiva un mercatino fra gli amici, come ha raccontato a Claudio Sabelli nella serie di interviste a Sette, «Anche se Montanelli mi diceva: tu sei un grande venditore, l’unico che ti batte è Berlusconi, ma lui vende parole, tu cose buone».

Forte di questo rapporto, una sera a cena Aneri, cerca di convincere Indro a trattare un po’ meglio il Cavaliere nei suoi articoli, anche se si era al culmine del gelo fra loro: «Sai lui in fondo parla bene di te quando non sei presente»: Montanelli sembra pensoso e pare promettere: Ci rifletterò. Poi da giornalist­a di razza sceglie la sua strada e «dopo due giorni esce l’articolo più terribile di tutti i suoi sul Cavaliere» racconta oggi sorridendo Aneri.

IL BRINDISI AMERICANO

Sul piano internazio­nale Aneri invece rimpiange invece l’amico Ted Kennedy: «Amante delle donne e di una simpatia unica, contrariam­ente al giudizio riduttivo su di lui, era un personaggi­o di serie A, mi ha regalato un piatto d’argento con dedica a me e a mia moglie, e mi ha fatto visitare tutto il Senato americano. Poi, quando si è trattato di fare il brindisi e aprire la bottiglia che gli avevo portato, mi ha detto: Aprila tu, meglio che non mi fotografin­o con la bottiglia in mano, già dicono che sono un ubriacone». La rete, gli amici, il talento il per marketing ma soprattutt­o l’amore per la qualità: «Enzo Ferrari, che mi ha insegnato tutto, mi diceva: Quando hai un prodotto di qualità e sei sicuro, vai avanti, non ti far fermare da nessuno. Aveva il gusto dell’eccellenza». E su tutto, la famiglia. I vini si chiamano con i nomi dei nipoti, A Legnago abitano nel giro di trecento metri: Giancarlo e Alessandro nel palazzo alla cui base stanno gli uffici, Stella poco più in là, e a piedi raggiunge tutte le domeniche il palazzetto dove fra un Amarone, un prosecco e un buon caffè si tiene anche il Cda di famiglia.

«PROVAI A METTERE PACE TRA MONTANELLI E BERLUSCONI. PENSAVO DI ESSERCI RIUSCITO POI USCÌ UN ARTICOLO FEROCE»

 ?? ?? LA COPERTINA DI
È UNA STORIA ITALIANA. APPUNTI DI UN LUNGO VIAGGIO,
SCRITTA DA GIANCARLO ANERI CON GABRIELE
TACCHINI
LA COPERTINA DI È UNA STORIA ITALIANA. APPUNTI DI UN LUNGO VIAGGIO, SCRITTA DA GIANCARLO ANERI CON GABRIELE TACCHINI
 ?? ?? Giancarlo Aneri e il brindisi con Ted Kennedy nel suo studio al Senato a
Washington
Giancarlo Aneri e il brindisi con Ted Kennedy nel suo studio al Senato a Washington
 ?? ??
 ?? ??
 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy