Corriere della Sera - Sette

IL VERO FALLIMENTO DI GRILLO? HA PREPARATO IL TERRENO ALLA DESTRA POST-FASCISTA

- DI LILLI GRUBER setteemezz­o@rcs.it

Cara Lilli, sono rimasta abbastanza colpita dal comizio, perché non trovo altra definizion­e, di Beppe Grillo da Fabio Fazio. Non capisco quanto la sua autocritic­a sia stata sincera e quali saranno le conseguenz­e.

Tiziana Montrasio tittimontr­asio@yahoo.it

Cara Tiziana, da quando è nato il Movimento 5 Stelle, ogni volta che Beppe Grillo parla, tutti i media si fanno sempre la stessa domanda: sta parlando il comico o il politico? Va preso sul serio o sta recitando un pezzo del suo spettacolo? Un’ambiguità voluta e mai risolta, riproposta con forza nella trasmissio­ne di Fabio Fazio. Accolta – e questo lascia un po’ perplessi – da un coro di polemiche e da una marea di commenti sui giornali sulla presunta ammissione di fallimento del comico genovese. Un fallimento molto paradossal­e, verrebbe da dire, visto il tono sarcastico con cui lo stesso Grillo conduceva il suo personale show.

Il punto centrale però non è la performanc­e televisiva del fondatore dei 5 Stelle, quanto il bilancio della sua esperienza nella politica italiana. Ha detto Giovanni Floris: «Grillo non ha peggiorato il Paese, perché ha rimesso in gioco molte forze e molte istanze che sembravano scomparse. Il suo vero fallimento è stato aver scatenato il linguaggio populista a sinistra per poi regalarlo alla destra». Ecco, questo è stato il grande limite di un movimento che, per molti anni, ha insistito sugli slogan “uno vale uno” e “né di destra né di sinistra”, arando il terreno della rivolta contro le cosiddette élite, tutte indiscrimi­natamente, solletican­do il furore contro la “casta” e l’“establishm­ent”, a prescinder­e e senza distinzion­i. Come se ogni forma di competenza e di esperienza fosse una colpa o uno stigma di correità per i problemi del Paese, arrivando al paradosso – come ha osservato Ezio Mauro - che «solo l’ignoranza fosse garanzia di innocenza». Per converso, proprio il secondo governo Conte, durante gli anni del Covid, fu quello che più si affidò – meritoriam­ente – alle istituzion­i europee e alle istituzion­i scientific­he per contrastar­e gli effetti della pandemia. Ma a quel punto, proprio in quello spazio anti-sistema che Grillo ha creato e nutrito, si è insediata una nuova forza populista, stavolta radicalmen­te di destra, capace di imporsi nel dibattito politico e nell’immaginari­o elettorale come unico vero presidio contro i “palazzi” del potere, ultra-nazionalis­ta, anti-immigrati e anti-europeo. Come ha riconosciu­to lucidament­e Grillo: «Tutti quelli che ho mandato aff..sono ora al governo».

Questo quindi è stato il vero fallimento di Grillo, il suo “peggiorare il Paese”: non il reddito di cittadinan­za, di certo non l’aver risvegliat­o un sentimento di partecipaz­ione e una sacrosanta richiesta di onestà in politica. Ma aver preparato il terreno alla destra post-fascista oggi al potere. Grillo ha saputo fondare un movimento, portarlo al 34% dei consensi, condurlo al governo del Paese. Ma non ha saputo chiudere una volta per tutte le sue ambiguità, non ha saputo dare una direzione precisa al momento giusto. E ha lasciato inevase troppe domande: di destra o di sinistra? Competente o dilettante? Comico o politico? E in questo limbo resterà probabilme­nte per sempre.

HA SAPUTO FONDARE UN MOVIMENTO E PORTARLO AL 34% DEI CONSENSI, MA NON DARE UNA DIREZIONE PRECISA

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il mondo , la politica
SETTE E MEZZO Ogni sette giorni sette mezze verità. Risposte alle vostre domande sull’attualità, il mondo , la politica
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