FURFARO, IL «COCCO» DI ELLY, CHE ADESSO CINCISCHIA COME A UNA CENA ESTIVA
Questa settimana parliamo del deputato Marco Furfaro, uno dei cocchi di Elly Schlein. Non appena, a giugno, Marta Bonafoni traslocherà a Bruxelles per impartire le sue saccenti lezioncine a tutti i parlamentari europei, Furfaro ne prenderà il posto alla guida della segreteria, in quel luogo desolato che è ormai l’ex collegio Nazareno di Roma, sede dei dem: Furfaro ha 43 anni ed è rampante, ormai scalpita, sente che il futuro può appartenergli e allora vi si avventa rapace, con una faccia finalmente fresca, anche per la tivù. E siamo al punto: l’altra sera lo trovo seduto a Piazza pulita, su La7, da Corrado Formigli, insieme ad altri ospiti. Penso: ah, c’è Furfaro, sentiamo un po’ che dice. Sta ragionando sul cosiddetto “decreto Albania”, la genialata del governo per cui si prendono tremila immigrati appena sbarcati, si deportano sull’altra sponda dell’Adriatico (a spese nostre), li si fa alloggiare in un centro di accoglienza (costruito a spese nostre) e poi li si riporta in Italia (a spese nostre) per – eventualmente – farli tornare (a spese nostre) nei Paesi di origine. Furfaro, giustamente, sostiene sia un provvedimento che, a seconda di come lo si osservi, appare un po’ inumano, e un po’ cervellotico e estremamente costoso. Bene: a questo punto, immagino che Furfaro spiegherà come il Pd suggerisce di gestire – non risolvere: perché qui siamo di fronte a un fenomeno inarrestabile – il gigantesco flusso migratorio che rovescia sulle nostre coste migliaia di immigrati (ad aprile, con il mare che spiana, gli sbarchi ricominceranno puntualmente). Solo che Furfaro, brillante e sicuro finché c’era da criticare, di colpo gira a vuoto, cincischia, usa trucchetti retorici da cena estiva radical chic, solo chiacchiere e indignazione, la destra è cattiva e noi siamo quelli buoni, ci mancava la Meloni, qualcuno può andare a prendere un’altra bottiglia di Franciacorta in frigo? Furfaro non fa una bella figura. Però non è colpa sua. Il problema di Furfaro – già con Sel, poi dentro l’Altra Europa con Tsipras, insomma uno di sinistra sinistra – è che il suo partito, il Pd, non ha una linea su niente. Una linea politica, intendo. Un progetto certo, netto, prendere o lasciare. È un partito vago. Dall’armocromia perfetta. Ma, nei sondaggi, ormai strutturalmente sotto il 20%.
BONAFONI TRASLOCA IN EUROPA, LUI NE PRENDERÀ IL POSTO NELLA SEGRETERIA