Corriere della Sera - Sette

«BELLUCCI È IL MIO MITO SONO UMBRA, CON IL RIGORE DELLE EX BALLERINE»

Dopo danza, teatro e tv, Lucia Rossi protagonis­ta per Marco Risi: «Monica amica di famiglia, Mangano l’esempio»

- DI ENRICO CAIANO

o, non la manda Monica. Dove per Monica s’intende naturalmen­te Bellucci. No, Lucia Rossi ha saputo come uscire da sola dall’anonimato di un cognome che certo non l’aiutava. L’ha fatto prima con la danza, poi con il teatro, passando per la tv. Ora, si impegna a farlo con il cinema. Lucia da Città di Castello, Perugia, proprio come lei: Monica Bellucci, la figura più importante della cittadina umbra dai tempi del grande pittore Alberto Burri. «Monica è una grande anima e quello che ha fatto con me è stato darmi degli ottimi consigli, che in questo mestiere servono tanto. È una persona che io contatto quando sento il bisogno di una parola giusta. Ci sentiamo spesso, il nostro rapporto ovviamente va oltre questo lavoro, come capita quando cresci nello stesso paese». Diciotto anni di differenza, immagino lei la idealizass­e da bambina.

«Sì, in qualche modo sì. Mi ricordo che veniva a casa mia e gli facevo la ballerina. Da terra vedevo davanti a me questa bellezza e come potevo non ammirarla, non crescere con questo mito».

Anche se nella sua infanzia e adolescenz­a il grande mito è stato la danza. L’hanno spinta i suoi a cimentarsi?

«No, è stata una mia volontà danzare. Poi i miei genitori sono stati molto bravi perché hanno assecondat­o questa mia follia, che mi porta ancora oggi ad allenarmi

Ntutti i giorni, se capita uno spettacolo mi piace ancora farlo e inseguo una coreografi­a tutta mia, prima o poi. Insomma, appena posso vado a sfogarmi in una sala di danza».

Per la serie: non si butta via niente...

«Esatto, da brava umbra io non butto via niente».

Perché e quando è avvenuta la virata sulla recitazion­e?

«Perché la carriera di una ballerina finisce presto. E nel mio caso è finita quando mi sono uscite le forme. Da donna italiana, mediterran­ea... E questo per una danzatrice classica non va bene, esci dai canoni. Sono passata alla danza contempora­nea ma poi mi sono avvicinata alla recitazion­e. Perché comunque sentivo il bisogno di esprimermi anche oltre il movimento».

E quindi, per prima cosa, il teatro.

«Che continuo a fare ancora oggi, sto preparando un progetto al momento segreto che racconterà due personaggi importanti. Il teatro mi salva sempre, per me è vita, anima, è tutto. E poi quelle tavole di legno mi riconducon­o anche alla danza. Sentire le parole “chi è di scena?”, avere il proprio rito prima di entrarci, truccarsi e prepararsi da sola mentre alcinema non può essere così...».

Eh, ma siamo qui a parlare di cinema

«Lo so, ma il teatro è il primo amore e appena posso mi ci butto. Mi piace farlo e vederlo. In teatro hai il rapporto con il pubblico... affina l’anima».

Prima ancora del cinema c’è stata la tv: 50 e più episodi di Distretto di polizia e una quarantina di R.I.S. come sottotenen­te Bianca Proietti.

«E continuerò a farla, perché spero di proeguire a lavorare da attrice “multitaski­ng” quale sono: teatro, cinema, television­e. Ma soprattiut­to mi auguro di continuare ad alzarmi felice la mattina, anche in un lavoro di alti e bassi come il nostro. Questo è un momento bello della mia vita e spero tanto che possa durare».

«HO SCOPERTO I FILM CON NUOVO CINEMA PARADISO. HO BISOGNO DI UN FIGLIO E DELL’AMORE. MA CON ME VA, VIENE E POCO SI TRATTIENE»

Le premesse ci sono: presto sarà al Torino Film Festival con un film importante da protagonis­ta diretto da Marco Risi, Il punto di rugiada...

«Marco è stato molto bravo ad avermi pensato per un ruolo così importante. Che comunque credo anche di essermi meritata, niente mi è mai stato regalato. Nel film sono Luisa, infermiera di una residenza per anziani, sono quella che gestisce gli ospiti. Un giorno arrivano due giovani che devono scontare la loro pena ai servizi sociali. Io li considero viziati, non credo potranno mai redimersi. Ma subito si innesca un confronto generazion­ale tra vecchi e giovani, tra chi attende la morte e chi rappresent­a la vita... È un film molto poetico».

Costellato di grandi attori di un tempo, da Erika Blanc a Eros Pagni, a Elena Cotta, 92 anni.

«Attori strepitosi, profession­isti veri. Io che vengo dalla danza, che è rigore, ho ammirato la loro grande disciplina, che sui set non trovi normalment­e. E l’umiltà

di mettere a disposizio­ne di noi più giovani la loro arte».

Cosa ha provato a girare con loro?

«Ammirazion­e ma anche un po’ di malinconia. Percepisci un mondo che sta sparendo mentre sta nascendo qualcosa d’altro. Andare avanti è giusto, però... Io non ho vissuto quegli anni ma avrei voluto viverli. Credo fosse un mondo più onesto, senza sovrastrut­ture o maschere. Quando vedi la generosità con cui attori anziani ti donano la propria arte... Beh, è un atto di generosità a cui puoi solo inchinarti».

A questo proposito c’è qualche attrice del passato che ammira particolar­mente?

«Silvana Mangano per me è stata la più grande. è una fonte di grande ispirazion­e. La ammiro molto per come ha saputo lasciare fuori il privato dalla sua profession­e. Era riservata e complessa, con una malinconia tutta sua negli occhi. E poi era un’attrice strepitosa. Io ovviamente l’ho scoperta quando ballava il mambo in Mambo di Robert Rossen. Anche lei nasce come danzatrice. Come lei anche io sono malinconic­a, c’è un?indole che ci unisce. e poi amo le persone che riescono a custodire la loro privacy». E pensare che volevo proprio chiederle qualcosa della sua vita privata...

«Vivo di forti emozioni e preferisco custodirle per me. L’amore mi piace ma è un impegno. “Move il sole e le altre stelle” come dice Dante. Ti spinge anche a fare cose impossibil­i, ti mette alla prova e a nudo di fronte a un’altra persona. Di amore abbiamo bisogno».

E adesso lei ce l’ha?

«Dico sempre che con me l’amore va, viene e poco si trattiene. Però questo è comunque un buon periodo dela mia vita. Passato lo choc di aver compiuto 40 anni, da un po’ sento il richiamo dell’orologio biologico a fare un figlio. Ma sono dell’idea che serva il padre giusto. Sono una sognatrice ma anche una persona molto razionale, non una pazza che lo farebbe con il primo venuto giusto per averlo, come atto egoistico. Certo, sarebbe un altro bel traguardo della mia vita. Vedremo».

A proposito di traguardi: un altro grande regista con cui le piacerebbe lavorare dopo Risi?

«Tornatore? Nuovo Cinema Paradiso mi ha fatto scoprire il cinema, mi ha fatto innamorare del cinema. Poesia, risate... Ancora adesso quando sono in una sala mi volto sempre indietro: come da bambina, devo vedere da dove esce il cinema».

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L’attrice ed ex danzatrice Lucia Rossi, 41 anni, umbra di Città di Castello

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