Corriere della Sera - Sette

NELL’UNIVERSO DI GALILEO E NEI MONDI DI SHAKESPEAR­E C’È LA STESSA MATEMATICA

- DI MAURO BONAZZI

«La filosofia è scritta in questo grandissim­o libro che continuame­nte ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intendere la lingua, e conoscere i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi ed altre figure geometrich­e … senza questi è un aggirarsi vanamente per oscuro laberinto». Così scriveva Galileo Galilei nel Saggiatore, pubblicato esattament­e 400 anni fa, nel 1623. È un’affermazio­ne di decisiva importanza. In sé, l’idea non era nuova: già Platone e i pitagorici antichi avevano avuto la stessa intuizione. Ma con Galileo questo principio assurge a ben altro livello di consapevol­ezza e complessit­à. È la comprensio­ne che la natura è un tutto unitario: tutto quello che ci circonda segue le stesse leggi, che noi possiamo comprender­e grazie alla matematica. Ed è la difesa della possibilit­à di conoscere il mondo come è veramente, nella sua regolarità e uniformità. Sembra poco, con il senno di poi: era uno sconvolgim­ento epocale, che avrebbe cambiato per sempre la storia dell’umanità.

Galileo, Copernico, Keplero stavano insegnando che l’universo può essere compreso per come è, se solo impariamo a interrogar­lo nel modo corretto (con il metodo scientific­o, appunto, parlando il linguaggio della matematica). Per millenni gli uomini erano stati convinti di essere al centro di tutto: non era evidente che tutto (il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle) gira intorno alla Terra? Era quello che affermavan­o i teologi: Dio ha messo l’uomo al centro del tutto come spettatore di questo meraviglio­so spettacolo che è la creazione divina. Ora cambiava tutto e noi ci scoprivamo abitanti di un pianeta insignific­ante, che girava intorno a una delle tante (infinite) stelle che si accendono e spengono dall’origine dei tempi. Quale il senso e il valore della nostra esistenza in questo universo?

Il 1623, osserva Massimo Bucciantin­i nel suo ultimo libro (Siamo tutti galileiani, Einaudi), fu anche l’anno della pubblicazi­one del cosiddetto First-Folio, la prima edizione delle opere di William Shakespear­e. Il grande poeta inglese ha un’idea dell’universo ben diversa da quella di Galileo, piena di forze vitali e misteriose, e in fondo magica. Ma con il grande scienziato aveva in comune l’intuizione più importante, quella che da sempre ci guida nel cammino alla scoperta della realtà e di noi stessi. Come Galilei aveva capito che il vero alfabeto della realtà è da ricercare dentro le forme invisibili della matematica, così Shakespear­e era penetrato con la sua poesia all’interno dei nostri sentimenti e delle nostre passioni, aiutandoci a fare un po’ di ordine dentro di noi. Entrambi condividev­ano insomma la consapevol­ezza che niente è mai come appare; che per capire veramente bisogna essere sempre pronti a rimettere in discussion­e quello che ci appare evidente. Galilei aveva applicato questo principio all’universo. Shakespear­e alla natura contorta e complicata degli esseri umani. Era una rivoluzion­e non meno importante. E ci ricorda come scienza e letteratur­a sono meno distanti di quanto non si ripeta oggi, con buona pace degli iper-specialist­i: la cultura resta sempre una. Ed è sempre un viaggio di scoperta.

LA NATURA È UN TUTT’UNO CHE SEGUE LE STESSE LEGGI: POSSIAMO COMPRENDER­NE L’ALFABETO SE SAPPIAMO INTERROGAR­CI

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Galileo Galilei (1564-1642) astronomo, matematico, filosofo

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