Corriere della Sera - Sette

IMMERSI NELLE OPERE TRA LUCI AL NEON E PIUME BIANCHE

Sul pavimento moquette e dossi su cui gattonare

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Luci psichedeli­che, sculture sospese, lavorate a crochet come un utero accoglient­e. O gonfiabili e nelle quali entrare, per sperimenta­re un’arte immersiva che negli Anni 50 costituiva una nuova frontiera/spazio da esplorare, fino poi a giungere alla 37° Biennale di Venezia del 1976 con la mostra curata da Germano Celant. Tra le opere di maggior successo nel tempo la Infinity Mirror Room di Yayoi Kusama, un cult ancor oggi dal 1965. La Haus der Kunst presenta Inside Other Spaces, dodici ambienti realizzati da donne artiste dal 1956 al 1976, qui a fianco quello cronotopic­o di Nanda Vigo con luci al neon, del 1967, e poi in mostra anche con un secondo lavoro eseguito con Lucio Fontana tre anni prima. Tutto rosso, moquettato e con dossi sui quali bisogna gattonare (e scivolare). Il primo impatto del percorso a “stanze” è con una struttura rossa sospesa, nella quale siamo invitati ad entrare e ad essere visti come ombre cinesi dall’esterno, è un’opera di Tsuruko Yamazaki, una delle due componenti femminili del gruppo giapponese Gutai. Ideata come una tenda cubica a guisa di zanzariera che copre i futon, fu installata nel 1956 agli alberi del parco della cittadina di Ashiya. La fedele ricostruzi­one di queste opere ha richiesto un adeguament­o, con il ricorso a nuovi materiali, come nel caso dello spettacola­re Spectral Passage di Aleksandra Kasuba che appunto evoca lo spettro della luce visibile. Mentre Laura Grisi introduce in uno spazio chiuso l’elemento sonoro e naturale del vento, con il doppio effetto di naturale e artificial­e. Sul pavimento del museo arrivano di tanto in tanto ondate di piume bianche (artificial­i), sono quelle della Feather Room di Judy Chicago che chiama in causa lo stesso concetto di scultura, che si fa leggera leggera. (fino al 10/03/2024, a cura di Marina Pugliese, Andrea Lissoni con Anne Pfautsch).

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