«L’ULTIMO ANELLO DI DIANA, CHE LE PROPOSI DI CAMBIARE...» CONFESSIONI DI UN GIOIELLIERE
Una vita a interpretare i gusti di principesse e regine, traducendoli in oggetti preziosi inarrivabili. Un racconto che lega fra loro i nomi più illustri della nobiltà internazionale, ma anche dell’alta borghesia italiana, «come quella collana di perle, c
È stato tra le ultime persone che hanno incontrato la principessa Diana Spencer, prima della fine, quella maledetta estate. «L’appuntamento era a Saint-Tropez, dove Diana e Dodi erano di passaggio durante la loro vacanza in Costa Azzurra, perché volevo verificare la misura del dito della principessa e… poi temevo che l’anello che avevano scelto non fosse abbastanza importante per una principessa. Diana era la donna del momento, sotto i riflettori planetari. Insomma, avevamo anche montature più preziose, che avrei avuto piacere di sottoporre alla principessa. Ma lei quella mattina, incontrandomi, non ebbe esitazioni, confermò che quell’anello che aveva indicato nella boutique di Monaco andava benissimo. Quello che non andava bene era la misura, avrei dovuto stringerlo». Alberto Repossi, il gioielliere dell’ultimo anello di Diana, è entrato forse suo malgrado in una delle storie più tragiche dei nostri tempi. E Il gioielliere delle principesse, la sua biografia, dopo il silenzio di anni, nasce proprio da quel ricordo, che Repossi mi affidò durante un’intervista nell’agosto del 2020 per il Corriere della Sera. Capii che l’anello di Lady D — solo uno dei favolosi gioielli realizzati dalla maison fondata dalla famiglia Repossi a Torino all’inizio del Novecento (e adesso di Lvmh) — era la sintesi di una vita intrecciata sin dalla gioventù con quella di principesse e regine. Da Londra a Monte Carlo, fino al trono del Crisantemo in Giappone.
E la prima domanda per Repossi è stata: come fu che Diana scelse proprio un anello Repossi quell’ultima estate? «Tutto ebbe inizio ai primi di agosto 1997. Il nostro rapporto con l’Hôtel Ritz di Place Vendôme, a Parigi, era cominciato un decennio prima con la mia scelta di risiedere in quel famoso hotel, che era stato appena ristrutturato dal magnate Mohamed Al Fayed. Fu quasi naturale che la sua famiglia divenisse nostra cliente e quell’estate ricevetti una telefonata dal direttore dell’hotel che mi chiese se a Monaco avessimo degli anelli di diamanti per un loro cliente molto importante. Ovviamente la mia risposta fu affermativa, dopodiché
non ebbi più notizie, così finii per dimenticarmi la richiesta. Durante i primi giorni di quell’estate, Diana e Dodi passarono alla nostra boutique di Monaco, indicarono e scelsero un gioiello che avevano visto semplicemente nella vetrina».
L’inizio di una storia nella leggenda di Diana. E fu proprio a Monaco, la terra e la Rocca dal 1297 guidate dalla famiglia genovese dei Grimaldi, che Repossi incontrò le «sue» prime principesse sul finire degli anni Settanta. «Fu allo Sporting d’Hiver, la principessa Grace arrivò per un’inaugurazione e amò in modo particolare un nostro collier con diamanti e micro perle di fiume… In seguito incontrai Ranieri III, che non solo mi assegnò la patente come joaillier “fornitore brevettato di SAS il principe regnante Ranieri III”, ma mi concesse il privilegio di ordinare proprio alla maison Repossi una serie di regali per festeggiare i settecento anni della dinastia Grimaldi. Cadeaux per ogni coppia regnante della terra, dalla Svezia alla Norvegia, al Brunei, che consegnai personalmente. Mi ci vollero sei mesi per consegnare porta a porta i gioielli a tutti i casati reali. Ranieri mi aveva detto: “Per l’uomo sarà il principe Alberto a decidere il dono, per le donne la principessa Carolina”, scelsero gemelli e un bracciale».
Anni dopo, fu un’altra occasione — questa volta lieta — a riportare Repossi al Palais: «Tre appuntamenti segreti per disegnare con il principe Alberto l’anello di fidanzamento. A cominciare dalla scelta del diamante e poi della sua montatura, per l’anello che regalò in seguito alla sua futura consorte, Charlène». Cosa le chiese il principe? «Voleva una cosa semplice che fosse considerata più che altro “un simbolo” perché era importante per lui che comunicasse il significato di un momento tanto atteso a Monaco».
Al sì di Alberto e Charlène, nel 2011, non passava inosservato anche il gioiello tra i capelli della sposa. Fu la principessa Carolina a chiedere a Repossi di realizzare la sua corona di zaffiri per il matrimonio e anche di adattare delle spille di famiglia per la coiffure matrimoniale della futura principessa Charlène. Ma si accorse all’ultimo che a una spilla mancava un fiore «e noi lo copiammo con la stessa tecnica del Settecento, riproducendo l’elemento mancante così bene che quando consegnammo il fermaglio prezioso la principessa ci disse: “Ma non riconosco quale sia quello vero!”».
In un vita partita da Torino e approdata a Parigi, Monaco, New York e Tokyo, Repossi ha creato per principesse, imperatrici e regine. «Devo a Carolina, e prima ancora a Chicca Olivetti, la fortuna dei miei orecchini a nodo che divennero un must nei ‘70. Carolina li sfoggiò a un Gran Prix di Monaco, il resto lo fece la sua bellezza». Risultato: un giorno arrivò la telefonata della segreteria del re di Giordania, Hussein. Con la richiesta di una coppia di spille in pavé di diamanti per la regina Noor che dovevano essere inviati in Islanda in tutta fretta. «Nel cuore dell’estate e ci parve sospetto così, iniziammo a fare indagini con le sedi diplomatiche a Parigi e Londra, ma ad agosto erano chiuse. Allora chiedemmo un pagamento anticipato: l’imbarazzo, ci colse il lunedì mattina quando ricevemmo il bonifico e capimmo che non di un raggiro si trattava ma del desiderio della regina. Però è stata la sceicca Mozah Bint Nasser, madre dell’attuale emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, a sorprendermi quando volle un collier de chien in acciaio nero con dei piccoli pendagli in diamanti».
Principesse e regine del Gotha o dell’imprenditoria, dive, divine e personalità dalla Callas alla Première Dame Bernadette Chirac. Da Torino a Roma passando per Parigi, le settimane bianche a Saint Moritz e i galà in Costa Azzurra. Con «un posto speciale per i Ferrero, la dinastia del cioccolato di Alba, che erano già clienti di mio padre Costantino, nel nostro negozio di Torino. La signora Piera non indossava mai gioielli vistosi, salvo quella volta in cui fu ospite a Bruxelles della regina Fabiola del Belgio… Ritornò da mio padre con la richiesta di una collana di perle importante. Proprio come quella della regina».