ISRAELE-GAZA, UCRAINA, SUDAN E TAIWAN: LINEE DI CONFLITTO
i siamo lasciati in pace, ci ritroviamo in guerra. Il terzo decennio del 2000 ha mandato in pezzi un illusione a cui il mondo si era assuefatto, sulla spinta di accordi economici o politici sempre più rischiosi e sulla rimozione di braci che covavano sotto la cenere del tempo. Così, le immagini che trovate qui sopra raccontano un mondo di vittime e tensioni che paiono insolubili. Il disastro di Gaza, seguito all’incredibile e improvvisa mattanza dell’attacco del 7 ottobre a Israele, ha risucchiato le energie delle diplomazie globali e infiammato il dibattito ovunque – dopo anni di oblio della madre di tutte le questioni mediorientali: la lotta per la Terra Santa. Ma era stata l’invasione dell’Ucraina voluta da Putin a riportare in Europa una crisi di proporzioni ormai sepolte.
LO STALLO
E lo stallo su cui si è assestata la battaglia sul campo spaventa prima di tutto Volodymyr Zelensky, che non può rischiare di perdere, oltre all’attenzione, anche il sostegno (le armi) dell’occidente. Nel frattempo i tentacoli dello zar avevano operato anche altrove, dalla Siria alla Africa. Ed è nel cuore del continente più povero e diviso che si consuma da mesi una guerra interna all’enorme Sudan, dove i ribelli del generale Dagalo hanno promosso un golpe alimentato anche dai mercenari della Wagner, che per anni sono stati la legione straniera di Putin, prima che saltasse per aria il loro fondatore Evgenij Prigozhin. La guerra civile sudanese prosegue a colpi di morti e milioni di sfollati, minaccia di tracimare nei paesi limitrofi (a partire dal Ciad). Tutto si tiene. L’Africa è da anni terra di conquista della Cina di Xi Jinping, che osserva tutto da lontano e fa pesare a seconda della convenienza la propria stazza geopolitica. E intanto perpara l’operazione forse più rischiosa di tutte: l’invasione di Taiwan. È questa la crisi – La guerra promessa, per citare Danilo Taino (Solferino) – più pericolosa. Perché comporterebbe per la prima volta uno scontro aperto tra America e Cina, con conseguenze incalcolabili. Ma se Washington perde progressivamente il controllo di un mondo multipolare e gli organismi internazionali sono ostaggio di chi promuove o minaccia campagne militari, torna, quasi disperata, una domanda che l’illusione della pace aveva messo tra parentesi prima nel Dopoguerra e poi dopo il 1989: forse è finita un’era anche per la diplomazia?