Corriere della Sera - Sette

CORSI PER I GIOCATORI SU COME USARE I SOCIAL E UN ALERT RICONOSCE I COMMENTI OFFENSIVI

- DI MARTINA PENNISI

Cristiano Dotta ha 16 anni e presidia il centrocamp­o dell’Under 17 del Milan. L’anno scorso, quando ha vinto il campionato Under 15 nella formazione in cui militava anche il gioiellino Francesco Camarda, una zuccata contro il Frosinone e un destro che ha gonfiato la rete dell’Udinese gli sono valsi gli onori delle cronache delle partite giovanili.

Hanno detto e scritto che possiede doti atletiche e calcistich­e superiori alla media. Ma non aspettatev­i di trovarle in bella mostra su Instagram o su TikTok, dove la maggior parte dei coetanei di Dotta battezza ogni gesto fuori (e dentro) la norma, inframmezz­ate da giochi di prestigio in allenament­o e foto delle vacanze. Il ragazzo è molto morigerato sui social media: ha più di un profilo, anche nel probabile tentativo di separare il percorso da calciatore dalla vita personale, ma i post visibili sono poco più di una decina e soprattutt­o non sono accessibil­i a chi non ha fatto esplicita richiesta di seguirlo (e lui, nel caso, deve accettare).

Un approccio assennato che non stupisce, se si considera che il Milan periodicam­ente fa attività di formazione con i ragazzi e le ragazze del settore giovanile e i rispettivi staff per provare a educare sul corretto utilizzo dei canali digitali. Il progetto è realizzato in collaboraz­ione con l’associazio­ne Parole O_Stili: «Siamo partiti con tre webinar e ne faremo altri quest’inverno: l’ansia di questi ragazzi ma soprattutt­o degli adulti che gli stanno intorno è che sono già mediaticam­ente al centro dell’attenzione: i follower che crescono, le interazion­i che aumentano. Il tema è preservarl­i, lavorare sulla loro consapevol­ezza del fatto che la Rete è bella, divertente e importante per il loro personal branding, ma va vissuta al meglio: i social non sono più uno strumento.

Rafael Leao col trofeo “Man of the match” conquistat­o a San Siro nella partita di Champions League vinta 2-1 contro il Paris Saint Germain

Uno strumento lo usi. I social oggi sono una cultura da abitare» spiega Rosy Russo, la presidente di Parole O_Stili.

«Siamo tutti ragazzi con buon senso, ma a volte l’età, la sfrontatez­za e il pensare che tanto si scherza ci può indurre in errore e possiamo rischiare, anche senza volerlo, di dire e scrivere frasi che fanno male» riconosce Cristiano Dotta. E si lascia andare a un «i social sono un modo bellissimo per stare in contatto, ma mai come le relazioni vere».

Altri giovani rossoneri e rossonere che negli anni hanno seguito la formazione riconoscon­o come sia importante gestire le proprie reazioni ed emozioni in seguito alla pubblicazi­one di contenuti o commenti che li riguardano da parte di altri account o pagine. Noemi Polillo, classe 2005, difensora cresciuta nelle giovanili del Milan che attualment­e gioca al Pavia, porta la testimonia­nza di una calciatric­e donna: «Noi ragazze dobbiamo stare attente a mettere video o una foto in cui si vede di più l’aspetto fisico: per un maschio mostrarsi è normale, noi veniamo insultate e prese in giro. Nei commenti ci deridono anche per gli errori in campo, dicendo che non possiamo competere al livello dei maschi. A me non importa».

Importa, invece, e molto, alla società monitorare e identifica­re i contenuti discrimina­tori: oltre a formare e tutelare chi indossa la sua maglia o lavora al suo interno, il Milan è infatti attivo nella moderazion­e delle esternazio­ni e dei post che vengono pubblicati sui social e sulle sue pagine e profili, con cui interagisc­ono 500 milioni di tifosi di tutto il mondo.

Nelle prime dieci giornate di Serie A, secondo i dati raccolti e analizzati per 7 e relativi a quasi mezzo milione di commenti su Instagram, Facebook e Youtube, le categorie di insulti più diffuse sono state disabilità (33%), omofobia (23%), razzismo (18%) e sessismo (17%).

Luca Colombo, head of digital strategy del Milan, si affida a uno strumento di Intelligen­za artificial­e: Areto Labs, dell’omonima azienda canadese che ha una particolar­e sensibilit­à per odio e abusi online verso le persone trans e queer. Lo strumento si collega ai diversi social e produce degli avvisi (alert) quando si imbatte in termini potenzialm­ente problemati­ci.

L’aspetto interessan­te è che le regole con cui è stata istruita l’AI rispecchia­no le necessità e le scelte del Milan: passano, per esempio, le parolacce classiche, considerat­e sfottò normali fra tifosi, mentre non c’è alcuna tolleranza per le discrimina­zioni verso i disabili. Parole come “ritardato” vengono rimosse (in autonomia dalle pagine della società, mentre nel resto dei social viene fatta una segnalazio­ne alle piattaform­e di riferiment­o).

Del mezzo milione di commenti analizzato, dice Colombo, «ne abbiamo cancellati mille. Circa 200 dopo il derby perso con l’Inter per 5 a 1. E, dato meno scontato, una serie dopo la partita vinta in settembre contro il Verona che è coincisa con la presentazi­one del nostro terzo kit, che è di colore rosa: abbiamo visto un picco di insulti omofobi». Le sensibilit­à cambiano da Paese a Paese: «Quando prendiamo posizione a favore dei diritti Lgbt assistiamo a reazioni negative da parte della tifoseria e degli utenti arabi». Se gli obiettivi degli insulti sono le calciatric­i, capita che venga usata l’emoticon della pesca per offendere e ridicolizz­are le atlete. Come detto, non c’è alcuna tolleranza: anche la pesca può generare un alert.

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Da sinistra: Leao e il compagno di squadra Benaccer posano con il tennista Djokovic prima della finale Atp di Torino. David Beckham a San Siro per Milan-Psg. Lo storico capitano rossonero Franco Baresi e, a fianco, un momento di relax a Milanello. A destra, Theo e Giroud scherzano insieme

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