MAnGIfiCIO
IL NEOLOGISMO NATO A FIRENZE PER IL TURISMO “MORDI E FUGGI”
La parola nei dizionari non c’è, ma la polemica torna periodicamente: perché il problema, invece, c’è. Il centro delle città d’arte invaso da una fittissima schiera di locali destinati a una ristorazione veloce più che di qualità. Situazione coerente, d’altra parte, con la vecchia metafora del turismo «mordi e fuggi». A quanto ho potuto ricostruire, le prime volte che la parola viene usata è a proposito di Firenze. In un post del 25 aprile 2008 nel blog del giornalista enogastronomico Leonardo Romanelli si legge: «La stragrande maggioranza delle persone partecipa ad un mangificio terribile. Panini che gridano vendetta, pizze (chiamiamole così) immangiabili, vini improbabili». E fuori dai locali i famigerati «buttadentro», che animatamente invitano le persone a entrare e cibarsi.
L’anno della consacrazione del vocabolo è il 2017. A febbraio il sindaco Nardella dichiara l’intenzione di «bloccare per tre anni nuove autorizzazioni a locali di somministrazione alimentari in centro, diventato un grande “mangificio”». A marzo c’è chi a Bergamo chiede di seguire «il modello Firenze contro il “mangificio”». A settembre il presidente dell’Accademia della cucina apre un suo editoriale scrivendo: «Il “mangificio” italiano va avanti con numeri impressionanti». Da lì in poi, il mangificio dilaga anche come vocabolo; per rendersene conto basta dare un’occhiata in rete a qualche articolo del 2023: «Mantova mangificio?», «Milano rischia di diventare come Firenze: un mangificio», «Che Verona sia diventata un “mangificio” …», «Ogni centro storico di città universitaria – Bologna in primis – è un immenso mangificio e “dormificio”».
Per l’evidente accezione negativa, conta soprattutto il modo in cui la parola è costruita. Il suffisso -ificio, infatti, derivato dal latino fàcere «fare» e usato soprattutto per indicare il luogo dove si fabbrica qualcosa (lanificio, mobilificio, birrificio, maglificio, ecc.), è stato adoperato spesso negli ultimi decenni con intento ironico-denigratorio. Sfogliando i neologismi registrati da Treccani, si trovano tra gli altri diplomificio e divertimentificio (datati 2004), burocratificio (2005), erotismificio (2007), marchettificio (2008); ma esamificio, ad esempio, è documentato già dal 1973. Più specificamente – forse – alla base di mangificio potrebbe esserci la somiglianza con mangimificio, parola ben più vecchia (circola almeno dal 1970) che per assonanza evoca un’alimentazione non proprio gourmet: quella, appunto, del mangime per animali. Non stupisce, peraltro, che a Roma (in un post di Facebook sulla zona di Trastevere) si parli anche di «magnificio». Un magnifico mangificio, verrebbe quasi da dire, continuando a giocare sulle assonanze: proprio come in quella pubblicità che gira in questi giorni nei giornali in cui una canottiera viene definita «maglifica».
DAL LANIFICIO ALL’ESAMIFICIO: IL SUFFISSO NEL TEMPO È DIVENTATO NEGATIVO