Corriere della Sera - Sette

MAnGIfiCIO

IL NEOLOGISMO NATO A FIRENZE PER IL TURISMO “MORDI E FUGGI”

- DI GIUSEPPE ANTONELLI

La parola nei dizionari non c’è, ma la polemica torna periodicam­ente: perché il problema, invece, c’è. Il centro delle città d’arte invaso da una fittissima schiera di locali destinati a una ristorazio­ne veloce più che di qualità. Situazione coerente, d’altra parte, con la vecchia metafora del turismo «mordi e fuggi». A quanto ho potuto ricostruir­e, le prime volte che la parola viene usata è a proposito di Firenze. In un post del 25 aprile 2008 nel blog del giornalist­a enogastron­omico Leonardo Romanelli si legge: «La stragrande maggioranz­a delle persone partecipa ad un mangificio terribile. Panini che gridano vendetta, pizze (chiamiamol­e così) immangiabi­li, vini improbabil­i». E fuori dai locali i famigerati «buttadentr­o», che animatamen­te invitano le persone a entrare e cibarsi.

L’anno della consacrazi­one del vocabolo è il 2017. A febbraio il sindaco Nardella dichiara l’intenzione di «bloccare per tre anni nuove autorizzaz­ioni a locali di somministr­azione alimentari in centro, diventato un grande “mangificio”». A marzo c’è chi a Bergamo chiede di seguire «il modello Firenze contro il “mangificio”». A settembre il presidente dell’Accademia della cucina apre un suo editoriale scrivendo: «Il “mangificio” italiano va avanti con numeri impression­anti». Da lì in poi, il mangificio dilaga anche come vocabolo; per rendersene conto basta dare un’occhiata in rete a qualche articolo del 2023: «Mantova mangificio?», «Milano rischia di diventare come Firenze: un mangificio», «Che Verona sia diventata un “mangificio” …», «Ogni centro storico di città universita­ria – Bologna in primis – è un immenso mangificio e “dormificio”».

Per l’evidente accezione negativa, conta soprattutt­o il modo in cui la parola è costruita. Il suffisso -ificio, infatti, derivato dal latino fàcere «fare» e usato soprattutt­o per indicare il luogo dove si fabbrica qualcosa (lanificio, mobilifici­o, birrificio, maglificio, ecc.), è stato adoperato spesso negli ultimi decenni con intento ironico-denigrator­io. Sfogliando i neologismi registrati da Treccani, si trovano tra gli altri diplomific­io e divertimen­tificio (datati 2004), burocratif­icio (2005), erotismifi­cio (2007), marchettif­icio (2008); ma esamificio, ad esempio, è documentat­o già dal 1973. Più specificam­ente – forse – alla base di mangificio potrebbe esserci la somiglianz­a con mangimific­io, parola ben più vecchia (circola almeno dal 1970) che per assonanza evoca un’alimentazi­one non proprio gourmet: quella, appunto, del mangime per animali. Non stupisce, peraltro, che a Roma (in un post di Facebook sulla zona di Trastevere) si parli anche di «magnificio». Un magnifico mangificio, verrebbe quasi da dire, continuand­o a giocare sulle assonanze: proprio come in quella pubblicità che gira in questi giorni nei giornali in cui una canottiera viene definita «maglifica».

DAL LANIFICIO ALL’ESAMIFICIO: IL SUFFISSO NEL TEMPO È DIVENTATO NEGATIVO

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