Corriere della Sera - Sette

EVVIVA JANNIK SINNER, L’ANTIDIVO, TALENTO DI MONTAGNA

- DI LILLI GRUBER setteemezz­o@rcs.it

Cara Lilli, non esiste un solo modo di trascinare il pubblico. Sinner è un introverso che appassiona, senza troppi slanci e che sa molto bene ciò che vuole. Sinner appassiona in modo intimo e inedito. Forza

Jannik Sinner, il tuo silenzioso sorriso, tiene dentro un’esplosione di soddisfazi­oni e brividi condivisi, evviva!

Nicola Campoli campoli@unindustri­a.na.it

Caro Nicola, in tempi di patriottis­mi bellicosam­ente contrappos­ti, mi faccia innanzitut­to gioire per l’exploit di Jannik Sinner, conterrane­o della mia piccola Heimat, il Sud Tirolo. E non voglio indugiare troppo sull’equazione tra geografia e destino, ma è provato – ho provato – come quelle altitudini montane allenino ad un sovrappiù di impegno e persino portino uno stile apparentem­ente freddo come il ghiaccio circostant­e; quando invece è solo rigore. Mentre le rispondo, mi rendo conto di come ogni clamorosa vittoria, non solo in ambito sportivo, si trasformi in una specie di febbre biografica, che si può riassumere nella domanda: ma chi è Sinner, da dove salta fuori, di cos’è il prodotto? Un titolo su La Repubblica recita: «Sulle montagne di Jannik il successo non fa rumore» - si racconta del primo campo da tennis a Sesto Pusteria calcato dal neo-campione di Davis. Il successo non fa rumore… non è esatto: è il successo di Sinner che non fa rumore. In una intervista su La Stampa, il suo allenatore, Simone Vagnozzi, lo racconta come uno: «meno serio di quello che può sembrare. È un ragazzo solare». Ma aggiunge: «Jannik è uno squalo, un cacciatore, quando sente l’odore del sangue non si lascia sfuggire la preda. Ma è una sicurezza che viene anche dalla consapevol­ezza di quanto ha lavorato per arrivare qui». Descrizion­e cruda. Ma sono tempi purtroppo ormai assodati di post-grande fratello, in cui si può diventare famosi senza nemmeno una delle competenze necessarie per un talent qualsiasi, e di post-grillismo, dove si può diventare parlamenta­re senza merito perché uno vale uno (o almeno valeva), quindi uno vale l’altro. Quindi l’incredibil­e parabola di Jannik Sinner, talento generato dalla montagna, dal silenzio dell’impegno, dalla fede nell’allenament­o e dalla fiducia nel lavoro come unico combustibi­le per qualsiasi risultato (il talento da solo non porta da nessuna parte), è esemplare.

Che tutto questo Jannik lo abbia fatto sgranocchi­ando carote a bordo campo, lontano se non immune dal clangore della seducente grancassa del proprio successo (a 22 anni ha incassato 15 milioni di soli montepremi, altri 15 milioni all’anno per dieci anni con Nike), è solo il corollario di un antidivo che della sua solidità farà monumento da una parte e monito per tutti quelli caduti sulla via del successo facile. Un altare da mostrare ai nostri figli e dire loro: «Vuoi diventare come lui? Allora vai, impegnati, fatica, studia, lavora… e solo dopo potrà arrivare il tuo match-point». Sinner ha però un neo non proprio trascurabi­le, quello di aver spostato la resisdenza fiscale a Montecarlo. Nel Paese dei furbetti italici massimi evasori, Jannik poteva essere d’esempio anche in questo. Evidenteme­nte nessuno è perfetto.

IL TENNISTA HA PERÒ UN NEO NON TRASCURABI­LE: AVER SPOSTATO LA RESIDENZA FISCALE A MONTECARLO

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il mondo , la politica
SETTE E MEZZO Ogni sette giorni sette mezze verità. Risposte alle vostre domande sull’attualità, il mondo , la politica
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