Corriere della Sera - Sette

SONO UNA PERSONA E ANCHE QUELL’ALTRA NON DOBBIAMO AVER PAURA DI PENSARCI COME BRICIOLE

Se c’è una cosa che quest’anno che sta per andarsene via mi ha ricordato, per quello che mi ha dato e mi ha tolto, e per come ho respirato quello che nel frattempo succedeva attorno e nel mondo, è che non c’è scampo. Se non sappiamo chi siamo e da dove ve

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comunque sempre pronti a ribaltare l’idea che ci siamo fatti della nostra storia, saremo destinati a un’eterna guerra, fosse anche solo fra noi e noi. Non ci avesse pensato il 2023, a farmi da promemoria, l’avrebbe fatto un libretto folle e prezioso che mi è capitato fra le mani come una lampada magica proprio in questi giorni: si intitola Briciole (Moretti & Vitali) e l’ha scritto Lucilla Chiaradia, una psicoterap­euta che però è evidenteme­nte anche un po’ una strega... Wounded healer, si chiamano infatti nella cultura sciamanica le persone che, proprio perché sono state ferite, possono curare le ferite degli altri. E sono gli unici medici di tutto quello che abbiamo nella testa, o (anzi, soprattutt­o) giù di lì, di cui mi sia mai fidata.

Si intitola Briciole, il libro della Chiaradia: perché la sua proposta è di imparare dal pane. Sì, proprio dal pane. Per avere la pazienza che ha il chicco di grano, fidarci delle parole come dei silenzi, nella lievitazio­ne buia e silenziosa di cui tutti abbiamo bisogno… Fino ad arrivare a essere cosa? Prima farina, poi, appunto, pane, qualsiasi sia la forma che prenderemo, poi, finalmente, briciole. Ed eccola qui la carezza di fine anno che possono darci queste pagine: perché siamo abituati ad avere paura, di pensarci come briciole. Sono ridotto a pezzi, diciamo, quando qualcosa ci travolge e ci fa davvero male dove eravamo più scoperti… Mentre essere briciole, essere a pezzi, non ha per niente a che fare con una riduzione: semmai è la festa, di quello che siamo, è quello a cui davvero può ambire la pagnotta della nostra storia, della nostra, solo nostra impastatur­a di condiziona­menti, di scelte, desideri e paure. È la libertà di dire: sono questa persona, ma sono anche questa e sono quest’altra ancora. Perché tanto, «l’unica possibile promessa è divenire ciò che il mondo interno ci propone».

Non ce lo raccomanda­sse Jung, fra le righe, ci pensa Demetra che del grano è la dea: ed è Ecate e Persefone, è luce e inferno. Ma ci pensano tutte le figure che la Chiaradia chiama a raccolta (in ogni senso) per invitarci ad avere fiducia in quello che splende tanto quanto nell’ombra, da Gesù a una vecchiarel­la calabrese che prima si brucia al sole, assieme alle spighe, ma poi avvolge la pasta del suo pane in una spessa coperta di lana, come se mettesse un bambino a dormire.

Dunque, ciao, anno che te ne vai. Se questo dicembre ci ritroviamo a briciole, il merito è anche tuo.

L’HO SCOPERTO GRAZIE A LUCILLA CHIARADIA, PSICOTERPE­UTA E... STREGA: ESSERE A PEZZI NON È UNA RIDUZIONE, È QUEL CHE SIAMO

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