COLLIO, DAL TOCAI AL FRIULIANO RICORDANDO MARIO
Schiopetto, la rivoluzione bianchista che continua
«Grazie a Dio esistono vignaioli come Mario Schiopetto, che hanno studiato e aiutano il vino senza fargli violenza». Tabarro d’altri tempi, Luigi Veronelli nel maggio del 1980 portò le telecamere Rai del Viaggio sentimentale nell’Italia dei vini, irripetibile reportage ancora visibile grazie a RaiPlay, nelle vigne di Capriva del Friuli (Gorizia). Per un elogio a Mario, che assieme alla passione «usa la tecnica» in un Paese con vini «troppe volte eccelsi da contadini che ne ignorano il perché , vini che non si ripetono». Mario iniziò negli Anni 60 a imbottigliare il
Tocai, innovando e modernizzando la cura del vigneto e il lavoro in cantina. Diventò l’apripista dei bianchi moderni del Nord Est. Dopo di lui si sono dati da fare i figli Maria Angela, Carlo e Giorgio. Fino al 2014, quando l’azienda è stata ceduta a Emilio Rotolo, che con il figlio Alessandro (insieme nell’illustrazione qui sopra) ha dato continuità alla rivoluzione enoica avviata da Schiopetto. Obiettivo centrato: il loro M del 2021, un Friulano (nuovo nome del Tocai) ha ottenuto un punteggio straordinario, 97/100, nella guida I
100 migliori vini e vignaioli d’Italia in edicola con il Corriere della Sera. M compare nella lista stilata dal critico americano James Suckling, coautore della guida. Un vino, scrive Suckling, che «delizia con note di pesca essiccata, mango e pera, completate da accenni di melone e selce. Di corpo pieno, rivela un nucleo concentrato che fonde armoniosamente densità ed energia». Ricordando Mario, il vignaiolo che durante la vendemmia dormiva due ore a notte, per aiutare l’uva a diventare vino.