Corriere della Sera - Sette

BETTIE PAGE

SEXY-TRASGRESSI­VA, FU LEI LA PRIMA PIN UP LA SUA FRANGETTA BRUNA SFIDAVA MARILYN

- DI MARIA LUISA AGNESE magnese@rcs.it

l miracolo lo ha fatto una frangetta nera, corta, tagliata a metà fronte. E la ragazza di Nashville si trasformò nel sogno americano: la pin up di profession­e che ha saputo dare al genere sapore iconico e assoluto, poco inquinato dall’ immagine cinematogr­afica. I capelli di Bettie Page, sogno americano degli anni Cinquanta, prima della frangia, erano per sua stessa ammissione lunghi e selvaggi, capelli neri divisi a metà dalla riga. Poi un poliziotto afromerica­no con la passione per la fotografia, Jerry Tibbs, incontrato per caso sulla spiaggia di Coney Island, ha trasformat­o la sua vita con un’intuizione tricologic­a. «Mi ha detto: Bettie tu hai una fronte davvero troppo alta e spaziosa. Fai un frangetta per coprirla. L’ho fatto e non l’ho più tolta. Dicono che è il mio marchio».

Per Bettie quella frangetta è stata ciò che per Marilyn aveva significat­o il passaggio al biondo platino. Quasi coetanee, entrambe con un’infanzia maltrattat­a e dannata alle spalle («Io e i miei 5 fratelli eravamo così poveri che se a Natale trovavamo un’arancia sotto l’albero era gran festa» ricordava Bettie), entrambe esplose negli anni Cinquanta: una diventa attrice planetaria e entra nel mito con la sua morte misteriosa, l’altra popola in modo diverso i sogni maschili del periodo. Con una carriera moderna, tutta all’interno della collaboraz­ione con fotografi amici e solidali. Dopo il dilettante Jerry Tibbs sono venuti Irving Klaw talent scout di pin up (fenomeno nato alla fine della Prima Guerra mondiale, sponsor il presidente Usa Woodrow Wilson, per sollevare il morale dei soldati) e produttore di B movie Usa, diventato poi, in team con Bettie, sua star di elezione, pioniere del burlesque e del bondage. In seguito per Bettie arriva una fotografa donna, Bunny Yaeger, che

Irealizza il servizio Bettie nella giungla, con animali e bikini animalier, quasi una seconda pelle che sapienteme­nte Bettie studiava e si cuciva da sola.

Non alta, ma di proporzion­i quasi auree (91-61-94), con quel corpo sontuoso e ginnastica­to, e grazie alla sua capacità di usarlo in modo flessuoso e sensuale, Bettie si era presto guadagnata il titolo di Regina delle Pin Up (dicitura che appare anche sulla sua tomba a Los Angeles) e da donna indipenden­te e spregiudic­ata ha rappresent­ato nel riflusso degli anni Cinquanta, un invito non canonico alla trasgressi­one. Anche se non è stata capita da tutti, per esempio fu

scartata dalla nascente agenzia di Eileen Ford, che si preparava a dettare all’America un modello di donna più sottile con occhi azzurri e capelli biondi, che non l’aveva voluta nella sua squadra perché «piccola e con il bacino troppo largo». Aveva invece conquistat­o, prevedibil­mente, il fondatore di Playboy Hugh Hefner che si era inchinato alla «donna straordina­ria, figura emblematic­a della cultura pop che aveva influenzat­o la sessualità, i costumi, la moda e che aveva avuto un enorme impatto sulla società». E tutto questo in soli 7 anni di carriera. Sette anni scintillan­ti in cui Bettie aveva accumulato più cover di settimanal­i e mensili della stessa Marilyn.

Pragmatica e determinat­a, credeva nella sua carriera che l’aveva sottratta a un destino di segretaria e questo le bastava. E riusciva a piacere a uomini e donne, anche se da persona accorta e conscia delle pruderie del periodo, non sbandierav­a i successi, per esempio le attenzioni che una diva assoluta come Katherine Hepburn, le riservava: una notte fu quasi rapita e portata in una casa hollywoodi­ana che si rivelò essere quella dell’attrice.

Bettie rappresent­ava una specie di antidoto alla cupezza perbenista del tempo, una proposta di sesso gioioso e ironico: «Sembrava mettere tutta sé stessa, non solo fisicament­e, in ogni singolo scatto. Ed era pura gioia e sensualità. Che grande dono! E poi naturalmen­te c’era il contrasto con la profonda tristezza del suo sorriso, la curva discendent­e dei suoi occhi blu, la smorfia della sua bocca», così parlava di lei, in una intervista a Vanity Fair America, l’attrice Gretchen Mol, che aveva interpreta­to al cinema Bettie nel biopic The Notorious Bettie Page del 2005.

Poi, come Greta Garbo, Bettie sparì da tutti gli schermi, all’apice della notorietà: le sue foto si fermano al 1958, ibernata in quell’immagine sorridente e allegra che in fondo non la rappresent­ava del tutto. Sarà stato perché era inciampata nella censura del periodo, sarà stato a causa di una crisi quasi mistica, sarà stato per una deriva bipolare che afflisse la seconda parte della sua vita, Bettie si dileguò. Di lei era rimasta solo la voce. E con quella a volte si faceva sentire (ma mai vedere) nelle trasmissio­ni tv, quando Bettie la trasgressi­va fu riscoperta negli anni Ottanta. È morta di nuovo quasi famosa, l’11 dicembre 2008, mentre alle sue curve naturali si stavano sostituend­o quelle siliconate della new wave kardashian­a.

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