Corriere della Sera - Sette

NON ESISTE SOLO PLATONE LA FILOSOFIA INDIANA INTUÌ LA REALTÀ INTERCONNE­SSA

- DI MAURO BONAZZI

Esiste una filosofia indiana? Ha senso parlarne? La risposta di molti filosofi, da Kant a Heidegger a Derrida, è no. Ma tutto sta a intendersi su cosa s’intenda per «filosofia». Philo-sophia è una parola greca, e deve la sua importanza a Platone. Ed è proprio in risposta a Platone che la filosofia si è sviluppata – come ha scritto un importante filosofo britannico del Novecento, Alfred Whitehead, la filosofia altro non è che «una serie di note a piè di pagina a Platone». Ora, se la filosofia è questo confronto con Platone, è evidente che non ha molto senso parlare di filosofia indiana. Ma è questa una descrizion­e convincent­e della filosofia?

In fondo, quello che Platone insegna, e che tutti gli altri condividon­o, è un’idea critica e argomentat­iva della filosofia. La filosofia è un sapere critico, perché mette sempre in discussion­e tutto, chiedendoc­i le ragioni delle nostre credenze (perché le donne dovrebbero essere trattate come inferiori agli uomini? Dire che è così perché così è sempre stato non è una risposta). Ed è un sapere argomentat­ivo perché si fonda non su autorità esterne (come la religione, ad esempio, o la tradizione) bensì sulla forza dei ragionamen­ti (può anche essere che le donne siano inferiori, però serve un ragionamen­to che lo dimostri). Ma se questa è la filosofia, è chiaro che la possiamo trovare anche in India (o in Cina). O vogliamo pensare di essere l’unica forma di civiltà che è stata capace di sviluppare dei ragionamen­ti, chiedendos­i il perché delle cose? Se esitiamo a parlare di una filosofia indiana, insomma, è per ignoranza – perché quel poco che sappiamo dell’India viene da qualche film o da una lettura giovanile di Siddharta. Ma basta leggere Che cos’è la filosofia indiana, di due importanti esperti, Vincent Eltschinge­r e Isabelle Ratié, appena tradotto da Einaudi, per ovviare alle nostre lacune e scoprire la ricchezza (filosofica) di quel mondo.

La domanda interessan­te diventa piuttosto un’altra. C’è una filosofia indiana, va bene. Ma è interessan­te o è sempliceme­nte un doppione di idee e teorie che ritroviamo nel mondo occidental­e? La profondità di pensiero dei filosofi occidental­i è davvero notevole. Perché occuparsi anche delle altre civiltà, se non fanno che ripetere le stesse discussion­i, magari in modo meno raffinato? Perché – la risposta s’impone leggendo il libro di Eltschinge­r e Ratié – ci offrono anche prospettiv­e diverse. Per sintetizza­re, sperando di non banalizzar­e: la filosofia occidental­e ha messo al centro della sua riflession­e l’uomo, opponendol­o in qualche modo alla realtà circostant­e. Alcune correnti molto interessan­ti del pensiero indiano, invece, insistono sul fatto che non esistono sostanze indipenden­ti (la tesi fondamenta­le, a partire da Aristotele; il mondo è fatto di cose distinte: io, il computer, il giornale, la sedia, le stelle…), perché tutto è in relazione e tutto è in qualche modo interconne­sso. Non si tratta quindi di imporci su una realtà estranea o persino ostile, bensì di imparare a pensare in relazione, perché ogni cambiament­o impresso su ciò che mi circonda comporta dei cambiament­i anche per me. Un’intuizione da non sottovalut­are mentre avanza la crisi ambientale.

PER WHITEHEAD L’INTERO PENSIERO FILOSOFICO ERA «NOTE A PIÈ DI PAGINA» AL GRANDE PENSATORE GRECO. MA NON È COSÌ

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 ?? ?? Alfred Whitehead (18611947): in Platone c’è tutto
Alfred Whitehead (18611947): in Platone c’è tutto

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