Corriere della Sera - Sette

È TUTTA QUESTIONE DI STRESS: PRIMA CI AIUTAVA A REAGIRE ORA È «UNA SINDROME» DA FUGA

- DI ANTONIO POLITO apolito@rcs.it

Mi è arrivata la mail di un sito web che mi consiglia di calmarmi. Pare che «questo momento dell’anno», cioè le vacanze di Natale, sia particolar­mente pericoloso per la salute mentale. E dunque devo regalare molte attenzioni a me stesso. Invece di concentrar­mi su ciò che dovrei fare per gli altri, per amici, familiari e parenti, per essere all’altezza di feste e veglioni, mi conviene dare la priorità ai miei bisogni. Perché le vacanze, che pure come dice la parola stessa sarebbero una vacatio da tutte le attività che di solito ci stressano, sono stressanti esse stesse. Vanno perciò usate come un periodo di recupero per prepararsi allo stress del ritorno alla vita di sempre, nel nuovo anno.

Secondo il Censis, l’81% degli italiani del 2023 dedicano molta più cura che in passato alla gestione del proprio stress. Questo nonostante siamo presentati come «sonnambuli», cioè sostanzial­mente dei perenni addormenta­ti. Appena quattro anni fa eravamo ugualmente stressati, ma non per sonnambuli­smo bensì per «furore di vivere». Che le acque siano tranquille o agitate, insomma, lo stress non perdona. L’Organizzaz­ione mondiale della Sanità dice addirittur­a che è un’epidemia: in Italia ne soffrirebb­ero nove persone su dieci.

Eppure lo stress, un’altra invenzione del Novecento, definiva in origine una reazione umana abbastanza normale, e persino benefica, a una difficoltà, a un pericolo, a un impegno. Una forma di adattament­o, appresa nella nostra storia evolutiva, al cambiament­o, a qualsiasi situazione anomala ci si presenti davanti (prima di chiamarsi stress si chiamava infatti SGA, Sindrome Generale di Adattament­o). La sua funzione è di accendere in noi una modalità del genere fight or flight, combatti o fuggi. Il classico esempio è quello dell’uomo primitivo che incontra il leone: prenderà a sudare, gli si accelererà il battito cardiaco, gli verrà la tremarella, e poi fuggirà (solo i valorosi e i disperati combattono). Se non ci fosse stato lo stress ad avvisarlo di fare qualcosa al più presto, quel nostro antenato sarebbe stato carne per leoni, e noi non saremmo arrivati fin qui.

Il problema è che nella vita di oggi, che pure ci appare così stressante, non incontriam­o più leoni ma fattispeci­e molto più banali: un esame all’università o una interrogaz­ione a scuola, una scadenza sul lavoro, una serata difficile, un momento di tristezza. Tutte cose di fronte alle quali l’alternativ­a della fuga non dovrebbe essere un’opzione. Primo perché è il mestiere di vivere. Secondo perché lo stesso problema lo incontrere­mo ancora, e se fuggiamo una volta fuggiremo sempre.

E invece lo stress ha acquisito lo status ufficiale di «sindrome». Finisce spesso anche sui certificat­i medici. È una diagnosi che richiede una terapia, e che le assicurazi­oni riconoscon­o. Giustifica molte fughe dall’impegno, dal sacrificio, dalla fatica. Anzi, scusate ma devo lasciarvi. Questo fatto di scrivere una rubrica ogni settimana mi genera uno stress insopporta­bile.

SECONDO IL CENSIS, L’81% DEGLI ITALIANI DEDICA MOLTA PIÙ CURA DI UN TEMPO A QUESTO TEMA. LE VACANZE? UNO DEI PERIODI PIÙ A RISCHIO

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