Corriere della Sera - Sette

L’ESIBIZIONE DEGLI ALFIERI DEL BENE NEI SALOTTI TV SU GIULIA CORONA, SCRITERIAT­O, MEGLIO DI LORO

Cercata per sette giorni, Giulia Cecchettin è stata ritrovata morta. Durante la settimana prima del ritrovamen­to nei programmi tv si parla del caso, gli opinionist­i avanzano ipotesi, discutono. Cosa che fanno anche dopo il ritrovamen­to del corpo di Giulia

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sempre nei salotti tv, in presenza o in remoto coi visi ingigantit­i sullo schermo. Qualcuno sottolinea che l’assassino non si è ucciso, «non si è ucciso insieme a lei, magari al suo fianco, che sarebbe stato pure un gesto romantico». Qualcun altro: «Poteva portare il cadavere giù dal dirupo e deporlo, invece di gettarlo, in questo modo l’ha uccisa due volte».

Il dubbio è che questa riproduzio­ne del salotto di casa, questa discussion­e animata sui casi di cronaca nera, seduti in poltrona a indignarsi e arrabbiars­i abbia poco senso, se non quello di creare una divisione netta tra mondo del bene e mondo del male dove il salotto, nelle intenzioni, è la dimensione del bene.

Da qui la presa di distanza di conduttori e opinionist­i: se fossi stato io il padre, la madre.

Unita a domande come: dove sono finiti i genitori? Identifica­ndosi coi genitori delle vittime e degli assassini. Proiettand­o sé stessi in una scena simile, cosa avrei fatto io al suo posto, esibendosi nel ruolo del bene.

Con il sollievo malcelato di non essere loro al posto dei genitori – il male è lontano.

La criminolog­a che, giorni prima del ritrovamen­to di Giulia, dichiara: «Io non la vedo bene. Stiamo cercando un corpo» cede alla vanità, ovvero fa prevalere sulla compassion­e lo sfoggio di competenza – ancora un fatto di rappresent­azione.

E dunque un enorme messa in scena di gente che misura la propria etica, e si esercita nella parte dei buoni.

In questo scenario Fabrizio Corona appare un illuminato – non nel senso che intende lui. Corona che dalla finestra entra nella casa della mamma di Sarah Scazzi col mondo che lo addita come il folle, ebbene Fabrizio Corona porta a compimento un gesto iniziato da altri. Tutti lì, in stato di assedio, in uno studio televisivo o sul luogo del delitto. Tutti a forzare i confini per ottenere una dichiarazi­one in più. La brama di arrivare prima degli altri e vincere.

Irrompendo nella casa della vittima, Fabrizio Corona, seppur in modo scriteriat­o e non consapevol­e, mostra il sistema: giornalist­i, opinionist­i, programmi (eccetto Chi l’ha visto?, unico modello virtuoso di equilibro e rispetto) che superano il limite giustifica­ndosi: «Sto solo facendo il mio lavoro».

Quel lavoro che è lo stesso di Corona – tranne l’atto finale dell’effrazione.

Per il resto medesima invadenza, sfrontatez­za, violenza, impunità.

LUI CHE ENTRA DALLA FINESTRA IN CASA DELLA MADRE DI SARAH SCAZZI È SFRONTATO E IMPUNITO NON PIÙ DI CERTI OPINIONIST­I E CRIMINOLOG­I

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