Corriere della Sera - Sette

«VIDI INGEBORG RIFIORIRE A ROMA, LEI INCROCIAVA FELICITÀ E MALINCONIA»

A 50 anni dall’incidente in cui la grande poetessa perse la vita, il ricordo del fratello minore. La risalita dopo la rottura con Max Frisch. «Era rigorosa, severa. Le interviste la mettevano a disagio, ma ne ho ascoltata una in italiano e sembrava meno t

- DI ILARIA GASPARI

Nell’autunno del 1973, cinquant’anni fa, Ingeborg Bachmann moriva in una stanza asettica del reparto Grandi ustionati all’ospedale romano di Sant’Eugenio, per le conseguenz­e del rogo accidental­e innescato dalla brace di una sigaretta. Aveva quarantase­tte anni e da venti, con varie interruzio­ni, abitava a Roma: aveva traslocato molte volte, spostandos­i dal centro ai Parioli, dove visse per qualche tempo con lo scrittore Max Frisch, poi di nuovo in centro. Alla sua morte, Heinrich Böll dichiarò di «pensare a lei come a una ragazza»: parole che Heinz Bachmann, il fratello di tredici anni più giovane, che Ingeborg adorava, riprende nel libro di ricordi che le ha dedicato (Ingeborg Bachmann, meine Schwester), pubblicato da Piper, storico editore delle opere di lei. Heinz, geologo, ha viaggiato in tutto il mondo e oggi vive a Oxford con la moglie Sheila — c’è nel libro una foto del loro matrimonio, nell’agosto del ’71 a Paddington, in cui sorridono insieme a Ingeborg splendenti di felicità.

Noi che amiamo l’opera di sua sorella, non possiamo che esserle grati per averci donato questo ritratto affettuoso.

«Mi fa molto piacere. Forse, mi dico, ho fatto la cosa giusta. Sa, non è stato facile scriverlo, io sono uno scienziato e ho uno stile… da scienziato. Ho cominciato con l’idea di dover essere obiettivo al massimo. Lette le prime pagine, dalla casa editrice mi hanno fatto notare che doveva essere invece il racconto di un’esperienza molto personale. Ho dovuto cambiare completame­nte stile. Ma ci tenevo a scrivere qualcosa che potesse trasmetter­e un’immagine completa di mia sorella, raccontarl­a com’era quando non stava sotto gli occhi del mondo. Era molto nota: in Austria era una celebrità. Non poteva uscire senza essere riconosciu­ta. Pensi che all’epoca le persone mi fermavano…».

In quanto fratello di Ingeborg?

«Sì! Ora magari non si direbbe, perché sono un vecchio signore. Ma da ragazzo, la nostra somiglianz­a era così evidente che spesso le persone, incontrand­omi la prima volta, mi dicevano: “Oh! tu devi essere il fratello”».

Nelle fotografie della giovinezza vi somigliate molto. È vero che non sappiamo che viso avrebbe avuto lei, se fosse vissuta fino a poter invecchiar­e… Negli anni, in assenza di Ingeborg, è cambiato il suo modo di leggerla?

«Per me è sempre stato molto importante non solo leggerla, ma cercare di comprender­e il suo sforzo di trasmetter­e le sue idee in un modo nuovo. Negli anni ‘50 e ‘60 si distinguev­a davvero, si era inventata un suo stile. Sono cresciuto con le sue parole, che hanno contribuit­o a modellare il mio pensiero. Ora, più li rileggo, più i suoi testi, che mi hanno reso quello che sono, continuano a rivelarmi aspetti — di lei, di me — che non avevo ancora compreso».

Nel 1962, andò a trovarla a Roma e le scattò una serie di fotografie bellissime che spesso compaiono sulle copertine dei suoi libri. Immaginava che sarebbero diventate così celebri?

«Come fotografo ero un principian­te assoluto, e a dirla tutta non è che poi abbia fatto grandi progressi. Ma ho scattato quelle foto con amore. È raro che su oltre

 ?? ?? L’invocazion­e all’Orsa maggiore, Adelphi 2023, una delle opere più celebri di Ingeborg Bachmann, e il libro di memorie scritto dal fratello, con in copertina la foto di Mario Dondero scattata alla poetessa sulla terrazza della sua casa romana. Nella pagina accanto,
Bachmann con Martin Walser e Heinrich Böll del Gruppo 47 in uno scatto del 1955
L’invocazion­e all’Orsa maggiore, Adelphi 2023, una delle opere più celebri di Ingeborg Bachmann, e il libro di memorie scritto dal fratello, con in copertina la foto di Mario Dondero scattata alla poetessa sulla terrazza della sua casa romana. Nella pagina accanto, Bachmann con Martin Walser e Heinrich Böll del Gruppo 47 in uno scatto del 1955
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